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Consenso, si rompe il patto Meloni-Schlein. Bongiorno frena: “Serve una norma più precisa”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Consenso, si rompe il patto Meloni-Schlein. Bongiorno frena: “Serve una norma più precisa”

Nel giorno che avrebbe dovuto segnare una svolta di unità politica - quello dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne - il Parlamento consegna una fotografia sdoppiata. Alla Camera passa all’unanimità il nuovo reato di femminicidio, con l’introduzione dell’articolo 577-bis e la pena dell’ergastolo. Ma al Senato si inceppa il provvedimento considerato il cuore della riforma: il disegno di legge che stabilisce che “senza consenso è stupro”.

Consenso, si rompe il patto Meloni-Schlein. Bongiorno frena

Quello che doveva essere il punto più avanzato del pacchetto normativo diventa terreno di scontro. Il patto tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein, costruito con fatica nelle ultime settimane, si rompe all’improvviso.

Il nodo del consenso: cosa prevede e perché è centrale
Il principio del consenso esplicito - introdotto in diversi ordinamenti europei, dalla Spagna alla Germania, passando per la Svezia pioniera del modello - sposta l’asse della definizione di violenza sessuale.
Oggi in Italia lo stupro si configura solo se viene provata la costrizione, la minaccia, la violenza fisica, o l’abuso di condizioni di inferiorità. La nuova norma punta invece ad allineare l’Italia agli standard internazionali: non serve dimostrare la resistenza, basta che manchi il consenso libero, informato, inequivocabile.

È una rivoluzione culturale e giuridica insieme. Perché elimina il vecchio paradigma del “non ha detto no” e lo sostituisce con “ha detto sì?”.
Ecco perché le associazioni, i centri antiviolenza, i giuristi più progressisti, ma anche una parte del mondo cattolico, chiedono da anni una riscrittura: il punto non è solo punire, ma riconoscere il diritto all’autodeterminazione delle donne.

Un testo potente ma delicato, che per la prima volta avrebbe introdotto nel codice penale una clausola chiara: la volontà della vittima viene prima di tutto.

La frenata di Bongiorno: l’arringa della giurista
Su quel punto, però, Giulia Bongiorno frena. Non una frenata tattica -assicura - ma “tecnica”. Nell’arringa pronunciata in aula, rivendica la sua competenza di avvocata penalista: «La norma sul consenso è sacrosanta, ma così com’è rischia di creare incertezze» spiega. «Serve una definizione giuridica precisa, non slogan politici. E non si può approvare una riforma di questo peso solo perché la data del 25 novembre lo richiede».

Per Bongiorno, il rischio è duplice:
- introdurre una formula troppo generale, che potrebbe portare a interpretazioni divergenti nei tribunali;
- creare la falsa aspettativa che basti un’assenza di resistenza per fondare una condanna, quando invece il diritto penale pretende una ricostruzione rigorosa dei fatti.

Un intervento che spiazza l’opposizione, irrita il Pd, lascia perplessi persino alcuni senatori di maggioranza. Ma che riflette la linea della Lega: nessuna accelerazione “simbolica”, prima la tecnica.

Le opposizioni lasciano l’aula: “Patto stracciato”
L’effetto politico è immediato: Pd, M5S, Avs, Azione e +Europa abbandonano i lavori. Una scelta che segna la rottura pubblica dell’intesa Meloni-Schlein. “Il patto è stato stracciato”, attaccano i dem.

È a quel punto che Elly Schlein chiama direttamente Giorgia Meloni. La conversazione è secca: «Rispetti gli accordi. Sarebbe grave se sulla pelle delle donne si consumassero rese dei conti post-elettorali».
La premier ascolta, nega manovre sotterranee, ribadisce che il testo non è affossato. Ma non basta a ricucire.

Il femminicidio diventa legge: quando il Parlamento sa unirsi
Mentre il Senato si avvita nella polemica, alla Camera arriva l’approvazione unanime del ddl sul femminicidio. Un voto che riunisce destra e sinistra e restituisce un’immagine rara di compattezza.

È la scena che richiama alla memoria una frase di Nilde Iotti alla vigilia del referendum sulla 194: «Le donne lo sanno».
Sapeva – e oggi lo si rivede – che ci sono battaglie femminili capaci di unire oltre le appartenenze. E che proprio quei temi, se trattati con chiarezza e senza strumentalizzazioni, possono ricostruire ponti anche nei momenti più tesi.

Due binari che non si incontrano
Così, il 25 novembre consegna due immagini opposte: un Parlamento che approva una legge attesa da anni; un Senato che si divide sul principio decisivo per la tutela della libertà sessuale.

Il testo sullo stupro ora slitta. Tornerà in commissione, rivisto, riscritto. Bongiorno promette che non verrà affossato; il centrosinistra replica che il patto politico è “irrecuperabile”.

E mentre la politica si divide sul cuore del consenso, resta l’amara consapevolezza che proprio la norma che avrebbe dovuto segnare il salto di civiltà più importante sarà, ancora una volta, la più difficile da portare a casa.

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