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La Cina di Xi sfida Weber con le armi di Confucio

- di: Marta Giannoni
 
La Cina di Xi sfida Weber con le armi di Confucio
Come spiega il prof. Hamaui (foto) su lavoce.info, l’etica confuciana è oggi un pilastro della strategia industriale e geopolitica di Pechino.
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Il pensiero di Confucio, accusato da Max Weber d’essere un freno allo sviluppo, è oggi uno degli strumenti più potenti della Cina di Xi Jinping per affermarsi come potenza economica e morale. Lo spiega con acume il prof. Rony Hamaui su lavoce.info, importante network economico, in un’analisi brillante che capovolge l’assunto classico weberiano e ne mostra l’attualità in chiave cinese.
Come afferma il prof. Hamaui su lavoce.info, Weber vedeva nel confucianesimo la radice dell’arretratezza asiatica: un’etica statica, gerarchica, anticapitalista, ostile al profitto e impermeabile al cambiamento. Secondo il sociologo tedesco, la Cina aveva sacrificato l’innovazione sull’altare della stabilità, e questo spiegherebbe la “grande divergenza” tra Oriente e Occidente.
Ma la storia ha preso un’altra piega. Il report su lavoce.info puntualizza che lo sviluppo travolgente della Cina nell’ultimo quarto di secolo, così come la modernizzazione di Giappone, Corea e Taiwan, smentiscono l’assunto weberiano. Il confucianesimo, sottolinea Hamaui, non è un blocco monolitico, ma una matrice culturale fluida, capace di adattarsi ai contesti istituzionali e persino di diventare un motore di trasformazione.
È ciò che sta accadendo oggi nella Cina di Xi Jinping, dove – evidenzia il report su lavoce.info – la dottrina di Confucio è stata riabilitata come fondamento della “rinascita nazionale”. I valori tradizionali come l’armonia sociale, il rispetto gerarchico, la devozione alla famiglia e la meritocrazia vengono reinterpretati come virtù fondative del patriottismo cinese e funzionali al rafforzamento del Partito-Stato.
Il prof. Hamaui osserva come questi riferimenti culturali trovino un’espressione plastica nel programma “Made in China 2025”, un piano strategico con cui Pechino punta al dominio tecnologico in dieci settori chiave, dall’aerospazio alla robotica. “Solo rileggendo quel progetto con la lente confuciana – spiega Hamaui su lavoce.info – se ne capiscono a fondo le ambizioni e le contraddizioni”. Il culto dello studio, l’ossessione per la meritocrazia e la diffidenza verso l’Occidente sono infatti tratti compatibili, se non proprio figli, della visione confuciana.
E ancora, mette in rilievo il prof. Hamaui, il confucianesimo aiuta a interpretare anche alcuni limiti strutturali del sistema cinese: la debolezza della domanda interna, dovuta a una cultura improntata al risparmio; la sovrapproduzione industriale causata da un dirigismo invasivo; la diffidenza sistemica verso l’individualismo occidentale, visto come una minaccia al “clan”.
Eppure, come sottolinea l’autore su lavoce.info, il confucianesimo non è solo strumento di governo: è anche soft power, narrazione globale. Gli Istituti Confucio sparsi nel mondo non promuovono solo la lingua, ma una visione della Cina come civiltà antica, giusta, razionale. Il pensiero del maestro orientale, un tempo rimosso come zavorra feudale, è oggi brandito come alternativa morale all’Occidente individualista.
Il prof. Hamaui chiude la sua riflessione tornando proprio a Max Weber e alla sua ultima pagina dedicata al “carattere pacifista del confucianesimo”. Il sociologo tedesco citava l’imperatore Ch’ien Lung: “Solo chi si sforza di non spargere sangue umano può tenere unito l’impero”. Una speranza – chiosa Hamaui su lavoce.info – che oggi acquista un nuovo peso alla luce delle tensioni con Taiwan e dell’assertività globale cinese.
Se Confucio può davvero temperare Xi Jinping, sarà la storia – e non i saggi – a dirlo.

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