Per poter trattare della città futura nella regione europea e, soprattutto in Italia, la città che sarà interetnica e pluriculturale in conseguenza dei processi migratori benchè si dica che oggi sono stati bloccati, è necessario definire il carattere della città di oggi e il ruolo che in avvenire avranno l’urbanistica e l’architettura. Un processo di trasformazione che investa una città priva di precisa struttura sociale e fisionomia formale può generare un prodotto ibrido e capace di produrre solamente disagio. La città potrà essere modificata, ma non dovrà perdere il suo originario carattere. Ogni città è un unicum nella quale un lungo processo di sedimentazione storica ha prodotto un ambiente fortemente caratterizzato e riconoscibile che ha modellato la natura della gente. Un cittadino napoletano, un cittadino milanese sono riconoscibili perché plasmati dall’ambiente della propria città.
E’ stato più volte evidenziato come la dottrina e la tecnica architettonica e urbanistica siano assenti dal dibattito disciplinare. La natura della città del 2° millennio, città che pur definita nei caratteri formali è soggetta a profonde trasformazioni. Cessata la fase della crescita additiva ed ormai definita nel proprio aspetto, la città è soggetta nel suo interno a radicali e dinamici mutamenti. Le nuove legislazioni urbanistiche che per anni sono state impegnate nel contrastare azioni speculative che dopo gli anni cinquanta hanno profondamente distrutto, ed in modo irreversibile le nostre città, generando informi periferie, ora riscoprono l’obbligo della salvaguardia ambientale e dell’attenta utilizzazione delle potenzialità insediative, ignorano la più profonda esigenza della città del nostro tempo: salvaguardare il proprio carattere e la propria immagine e di storia.
Salvare la città del nostro tempo per poterla trasmettere quale immagine di civiltà alle generazioni future vuol dire creare un giusto equilibrio fra le varie componenti sociali e culturali che coesistono nelle nostre città. Per far si che tale equilibrio sia garantito è necessario che i fenomeni immigratori non determinino effetti traumatici, ma vengano integrati nel tessuto originario.
Solo una città equilibrata nelle varie componenti può accettare la sfida del nostro tempo. Coloro che giungono nelle nostre città portano un componente culturale che potrà arricchire il contesto sociale presente, ma non dovrà cancellarlo.
I figli degli immigrati frequentando le nostre scuole apprendono la nostra lingua e conoscono le nostre istituzioni e la nostra storia.
Si vengono creando, in tal modo, dei nuovi cittadini italiani che hanno presente nella loro formazione i caratteri di una doppia cultura, sicuramente una cultura più ricca. Valga ad esempio quanto avviene negli Stati Uniti, il giorno 19 settembre, data della liquefazione del sangue di San Gennaro. In tal giorno gli abitanti di Little Italy celebrano con grande partecipazione la festa del loro patrono con un ideale collegamento fra la loro nazionalità statunitense ed il loro paese di origine. Lontani dalla propria terra di origine gli immigrati conservano il primitivo carattere ed il primitivo status culturale.
La cultura islamica è ben diversa da quella dei centro-americani e dalla confusione culturale degli abitanti dell’ex regime sovietico.
La città interetnica dovrà essere pensata e costruita in quanto città di uomini liberi. I fondanti valori cristiani della vita devono essere esaltati nelle nostre città che solo così potranno essere sede di dialogo con altri modi di intendere il vivere civile.
Pensare alla città del futuro non può prescindere dal pensare alla città del passato. La città è rappresentazione tangibile della nostra civiltà. E solo se riconoscessimo di soffrire di un arrestabile calo di identità potremo giustificare interventi esterni.
Forse il nostro è un esasperato patriottismo urbano, ma non dimentichiamo che nel dopoguerra i paesi coinvolti dalle distruzioni ricostruirono le loro città per ricostruire la loro civiltà.
La città, come ha scritto il Cardinal Marini, “…deve essere una città da benedire e non un luogo di conflitti. E l’obbligo della pace sta dalla nostra parte. In un tempo di pensiero debole (vedi il mondo politico) deve essere ricercata la forza degli ideali e della storia”.
E dalla storia è necessario partire per costruire la città che usa in modo intelligente l’innovazione tecnologica o cablata. Infatti, benché sia oramai netto il significato del termine città cablata e lo studio che su tale modello di organizzazione urbana si sia venuto formando in concomitanza con la crisi della città in espansione, ancora non è stata proposta, in modo sistematico, una nuova tecnologia operativa capace di raccordare le potenzialità di uso presenti nelle attuali strutture edilizie ed urbanistiche con le possibilità innovative.
Per gli architetti, urbanisti, pianificatori costruire una città che usa l’innovazione tecnologica vuol dire percorrere un procedimento di lavoro che sconvolge il tradizionale iter del fare architettura o urbanistica. Il procedere del progetto architettonico è noto e consolidato: esso muove da un’idea, da un’intuizione, da una sintesi di ricerca e, concretizzandosi, via via in parole giunge, come atto finale, alla costruzione di un oggetto. L’edificio, la città sono il momento ultimo di una lunga fatica. Nel progetto della città cablata, che sarà anche interetnica, il manufatto urbano è una pre-esistenza definita e immutabile: una memoria del passato o un prodotto di tempi recenti. Il progetto è la concretizzazione di un’azione che senza alterare la consistenza materia dell’oggetto tende a dare al manufatto urbano un significato nuovo ed una nuova possibilità di uso e di fruizione a tutti indistintamente dalla razza , cultura o religione.
Costruire la città interetnica e cablata significa, in sintesi segnare con nuove forme di vita associativa la città che esiste; significa dare una nuova intelligenza agli spazi, agli oggetti del quotidiano affinché siano rispondenti alle esigenze della comunità del nostro tempo. Recupero del passato. Applicazione di tecnologia avanzate, integrazione degli immigrati sono elementi concomitanti ed essenziale per costruire la città interetnica e cablata.