Al CEO uscente di Campari bonus da 30 milioni, mentre le Ong chiedono di tassare di più i ricchi

- di: Redazione
 
La notizia che il Consiglio d'amministrazione di Campari ha voluto gratificare il CEO, Robert Kunze-Concewitz, facendo si che il suo bonus di uscita dalla società fosse di trenta milioni di euro, cioè il massimo possibile, confessiamo, ci ha tolto dall'imbarazzo di dovere organizzare una raccolta fondi o, più prosaicamente, una colletta per racimolare qualcosa che renda il domani del dirigente meno gravato di preoccupazioni economiche. 
Perché, con trenta milioni da parte, Kunze-Concewitz potrà dedicarsi, senza pensieri su come arrivare a fine mese,  ai suoi hobby, che non crediamo contemplino quello di andare davanti ai cantieri a guardare chi lavora, come un pensionato qualsiasi.

A Kunze-Concewitz bonus da 30 milioni, mentre le Ong chiedono di tassare di più i ricchi

Cercando di tornare ad essere seri, la notizia del bonus è vera - lo certifica un comunicato della società -, come lo sono anche i risultati che l'ex CEO di Campari ha raccolto nei diciassette anni passati al timore (triplicate vendite nette e redditività; 27 acquisizioni dal 2007, per un investimento complessivo di tre miliardi di euro; la capitalizzazione di mercato aumentata di sei volte). 

Ma le voci positive messe nel bilancio da Kunze-Concewitz non cancellano la sensazione di straniamento nel vedere che la sua opera, al netto degli emolumenti mensili e dei vari riconoscimenti di obiettivo, viene ricompensata con una montagna di denaro, davanti alla quale restiamo divisi tra la sorpresa e lo sbigottimento. Perché il momento che viviamo non è dei migliori e le dinamiche del lavoro imporrebbero una maggiore attenzione nelle politiche economiche delle aziende che, se devono premiare il merito, devono fare riverberare questo meccanismo anche alla base della piramide.

Ovverosia, chi, dipendente, lavora per consentire al vertici di toccare il traguardi prefissati. 

Quindi, se si premia chi sta in cima alla catena produttiva, l'auspicio è che la stessa attenzione sia riservata a tutti coloro che, con diversi gradi di responsabilità, come le api operaie, lavorano per la regina. Tacendo, per carità di patria, del fatto che, come precisato dal puntiglioso comunicato del Consiglio d'amministrazione di Campari, Robert Kunze-Concewitz detiene oltre mezzo milione di azioni della società, che qualcosina devono pure valere. La vicenda - che comunque è una replica di avvenimenti della stessa natura, con bonus o come li si voglia chiamare che premiano oltre logica qualcuno per il lavoro che ha fatto - richiama una tematica che, da tempo ormai, anima il dibattito non solo in Italia, ma in molte delle economie industrializzate. 
 
E' la questione, irrisolta, di come i ricchi - quelli con moltissimi zeri a seguire un numero primo nel conto in banca - siano favoriti da legislazioni fiscali che sono aggressive, quasi spietate, verso chi ha poco o non ha molto, guardando invece con benevola considerazione chi ha tanto, ma veramente tanto.

Negli Stati Uniti, che certo non possono essere considerati un Paese socialisteggiante, ma con un forte sentimento civile, un gruppo di superricchi ha chiesto di essere tassato di più di quello che sono ora, rendendosi conto delle distorsioni di un sistema che insegue chi non ha modo di evadere il fisco (l'Irs americano non guarda in faccia a nessuno, applicando alla lettera norme e sanzioni), ma non applica aliquote alte a chi ha una ricchezza personale elevata.

In Italia cose del genere, al di là di qualche presa di posizione di facciata da parte di qualche milionario in cerca di facile pubblicità, non ce ne sono. Ma non è che altrove vada meglio perché tassare gli ultraricchi sembra essere impossibile. Come hanno affermato ieri, manifestando davanti al parlamento europeo, decine di attivisti e ong. Secondo Oxfam, la potente organizzazione non governativa britannica, i governi perdono ogni anno 286,5 miliardi di euro di entrate, pari a 33 milioni di euro all'ora, a causa di quella che ha definito ''l'incapacità di tassare equamente i più ricchi'' in Europa. E questo accade mentre il divario tra coloro che hanno di più e quelli che hanno di meno si allarga a dismisura, soprattutto negli ultimi anni, quando l'inflazione ha aggredito i salari.
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