Silvia Castagna: "Non ci si fida dei brand che non comunicano"

- di: Redazione
 

Comunicare, per una azienda, quale essa sia, o per un gruppo d’interesse, è come respirare. Ce lo assicura Silvia Castagna, esperta in comunicazione, innovazione e intelligenza artificiale, responsabile delle relazioni istituzionali e dei grandi clienti di BVA Doxa, membro della Commissione Intelligenza Artificiale del Dipartimento Informazione ed Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e indicata da StartupItalia! continuativamente dal 2018 tra le 100 donne più innovative d’Italia. Dopo aver spiegato che le relazioni istituzionali consistono nel difendere in modo trasparente i legittimi interessi dinanzi a Governo, Parlamento, sindacati e altri protagonisti istituzionali di vario livello, mette in guardia, perché sono arrivati altri ‘protagonisti’. Uno, in particolare: l’intelligenza artificiale generativa. Questa è un game-changer di portata storica, che porta a un superamento delle professionalità a cui eravamo abituati.

Silvia Castagna: "Non ci si fida dei brand che non comunicano"

Dottoressa Castagna, quali possono essere le caratteristiche principali della comunicazione istituzionale tali da renderla efficace?

Una comunicazione istituzionale efficace è fondamentale per creare un posizionamento reputazionale solido, che resista ad eventuali incidenti di percorso in cui si può facilmente incappare in questo periodo di transizione e di policrisi: ambiente, digitale con l’intelligenza artificiale e a breve il quantum computing, demografia, guerre, sono solo alcuni dei fronti aperti. Le principali caratteristiche di una comunicazione efficace sono la continuità, lo stile e la chiarezza. Vanno evitate ambiguità di qualsiasi genere. Va inoltre creato un clima empatico, di rispetto e inclusione di tutti gli stakeholders. E’ fondamentale conoscere molto bene i dati dei propri target di riferimento, siano essi general population, istituzionali, sindacali. Per questo la comunicazione istituzionale utilizza cosiddetti dati duri e dati soft, analisi sociali e media, che consentono di conoscere il contesto di partenza oltre agli effetti durante e dopo le attività pianificate.

Quali sono le differenze fra la comunicazione corporate, le relazioni esterne e le relazioni istituzionali? Come si approccia al ‘mestiere’ delle relazioni istituzionali?

La comunicazione in tutte le sue forme è un asset strategico dell’azienda. Vale per le grandi come per le piccole e medie imprese. È vitale anche per le start-up che vogliano superare il primo biennio di vita. La comunicazione è alla base di ogni relazione umana, non ci si fida di chi non comunica. Un mio vecchio maestro mi ripeteva “solo i morti non parlano”. Chi comunica ha un forte vantaggio competitivo, si posiziona nella testa degli interlocutori sui lobi frontali, quelle aree del cervello che scelgono a cosa prestare attenzione e che determinano quello che ricorderemo. Dobbiamo puntare ad essere “top of mind”, in cima ai pensieri dei nostri interlocutori. Non si tratta solo di quanto si investe, ma come. Occorre comunicare bene, con stile, con il giusto tone-of-voice e la giusta intensità. “Intensità x frequenza” è la formula magica. La distinzione tra comunicazione corporate, relazioni esterne e istituzionali sta quindi nel declinare al meglio la capacità dell’azienda di intessere dialoghi con gli stakeholders chiave. In alcuni casi la sovrapposizione tra le diverse branche della comunicazione, corporate, relazioni esterne e istituzionali, è molto alta. Si tende a fondere in un unico team le competenze e a ottimizzare sforzi e budget. Le relazioni istituzionali sono un mondo appassionante e consiste nel difendere i legittimi interessi (aziendali, di gruppi) dinanzi a Governo, parlamento, sindacati e altri protagonisti istituzionali di vario livello. Ovviamente in modo trasparente e professionale.

Crossmedialità, comunicazione integrata, sinergie fra marketing e comunicazione corporate. L’innovazione in questo campo è anche un’opportunità per arricchire la comunicazione istituzionale?

Siamo in una fase di grande mobilità e i vecchi steccati sono rapidamente caduti. L’intelligenza artificiale generativa è un game-changer di portata storica.  Le professionalità a cui eravamo abituati sono superate, così come le verticalizzazioni. Si salveranno i grandi professionisti, persone di grandi relazioni fiduciarie, ma saranno minacciati i livelli professionali più alti impegnati nelle attività più tradizionali e ripetitive, e chi resiste all’innovazione. La comunicazione istituzionale rientra nel comparto delle relazioni fiduciarie e sarà meno impattata dalle sinergie con altre specializzazioni.

Lei è esperta anche di ‘consensus building’, un mondo che è profondamente cambiato nell’ultimo decennio con l’avvento dei social. Quali caratteristiche deve avere una campagna efficace di costruzione del consenso?

Il consensus building richiede preparazione e molta fantasia. Ad un piano di lavoro metodico e razionale si affiancano occasioni di puro “situazionismo”, che stupiscano gli interlocutori. Da un lato, si deve irrobustire la notorietà del soggetto di cui si sta costruendo la reputazione e l’immagine, e dall’altro, si deve riempire di contenuto tecnico ma anche umano il profilo in questione. In questo quadro le analisi di mercato sono molto utili per capire quali caratteristiche del profilo (persona o brand) valorizzare e quali silenziare. Importantissimo inoltre il panorama competitivo in cui ci si muove, occorre conoscere tutto dei propri competitor. Sui canali di comunicazione, i social possono fare molto ma non tutto. Quello che conta è il contenuto e il timing.

Quali sono i rischi delle ‘centrali di disinformazione’? O le opportunità dell’Intelligenza artificiale? Come districarsi in questo mare di informazioni, non sempre vere o verificate?

L’intelligenza artificiale incide in un panorama informativo già molto cambiato rispetto al passato. Io identifico tre livelli di disinformazione presenti ad oggi: la disinformazione classica, le fake news e ora i deep fake. La disinformazione c’è sempre stata, è la propaganda, e si gestisce attraverso tecniche di comunicazione tradizionale. Ad esempio, avendo cura di comunicare sempre in modo chiaro la propria posizione sui diversi temi. C’è una regola in fisica che vale per la comunicazione: i vuoti si riempiono. Quindi, per non subire la disinformazione altrui, occorre comunicare concetti e dati utili ai nostri sostenitori.

Per le fake news il discorso è diverso. Tutta la popolazione ha sviluppato un certo grado di sensibilità alla attendibilità della fonte. Durante il lock-down abbiamo imparato a riconoscere le notizie e le fonti, era questione di vita o di morte. L’intelligenza artificiale, in questo caso, può essere utilizzata bene o male: sia per creare che per ripulire il web dalle fake news. Infine, i deep fake saranno il prossimo scalino. Mentre i video sono ancora rudimentali e riconoscibili, gli audio hanno raggiunto un livello di sofisticatezza impressionante. Bisognerà però capire se la gente crederà a qualsiasi contenuto circolante. A questo proposito la Commissione AI del Dipartimento Informazione ed Editoria della Presidenza del Consiglio, di cui faccio parte, ha proposto di introdurre la filigranatura con tecnologia blockchain degli articoli, per consentire alle persone di riconoscere le notizie scritte dai giornalisti e verificate, rispetto alle notizie scritte dalla intelligenza artificiale e non verificate. È uno degli elementi dei guard-rail per tutelare l’uomo rispetto allo strapotere potenziale del software generativo.

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