La politica non può prevalere sulla morale

- di: Bianca Balvani
 
Quanto sta accadendo, dalle parti del Palazzo di Giustizia di Milano, intorno alla vicenda di una violenza sessuale (denunciata e sulla quale si indaga per verificarne la fondatezza) e ancora non confermata, sta dando una immagine chiarificatrice di come davanti alla convenienza - personale o di parte - tutto può essere manipolato o addirittura cancellato.
Nel rispetto del difficile (visto il clima che si è determinato attorno alle indagini, che vedono al centro uno dei figli di Ignazio La Russa, presidente del Senato e seconda carica dello Stato) lavoro che sta portando avanti la procura di Milano, è difficile non vedere che mediaticamente la vicenda in sé stessa sta perdendo importanza, sacrificata sull'altare della convenienza politica.

La politica non può prevalere sulla morale

E si sa che, in Italia, come in ogni altra parte del mondo, davanti all'interesse particolare tutto può essere sacrificato, a cominciare dal diritto alla riservatezza. Un concetto che si può tradurre nel fatto che chi viene accusato di qualcosa non può essere gettato in pasto all'opinione pubblica che, come da tradizione, emette sentenze e condanne sulla base di un'onda emozionale, non conoscendo leggi e articoli, e relative applicazioni.
Quante volte abbiamo detto e ripetuto che il segno è stato superato e che il Paese, tutto il Paese, dovrebbe avere, tra le sue regole fondanti, quella di rispettare il lavoro dei suoi organismi?
Ed invece, con la scusa di intervenire o informare, si cerca di dare interpretazioni a quelle che sono realtà fattuali e che si cerca di stiracchiare, modificare, non per amore di verità, ma solo per uno scopo che nessuno degli aspiranti manipolatori ammetterà mai.

La storia di Lorenzo Apache La Russa (guardando al nome che gli è stato dato, dovrebbe meritare comprensione e simpatia, anche se fosse lo strangolatore di Boston) ci sta dando l'ennesima conferma - non che ne avessimo bisogno - di come tutto si può buttare in politica, anche quando la considerazione per la vittima (vera o presunta che sia, spetta alla magistratura chiarirlo) imporrebbe quanto meno cautela nei giudizi e, soprattutto, nelle ricostruzioni, che per definizione non sempre sono completamente aderenti alla realtà, appunto per renderle interessanti.
Invece tutto può essere plasmato a seconda di chi racconta o, come assistiamo anche oggi, se c'è chi cerca di insinuare versioni alternative, che soprattutto mettono in cattiva luce qualcuno dei protagonisti.
Qui, però, non c'è solo una vittima, perché tutti i protagonisti stanno pagando pegno, anche per colpe che magari non hanno. ''Colpe'', sempre che lo siano veramente, che qualcuno gli contesta perché ha un interesse a sposare tesi colpevoliste o salvifiche, a seconda della convenienza.

Questa situazione, ammettiamolo, è sfuggita di mano un po' a tutti e i manifesti affissi a poca distanza dell'abitazione del senatore La Russa e i flash mob organizzati da associazioni femministe ne sono il segnale. Non perché le accuse mosse al rampollo e al padre (crediamo per le parole dette nell'immediatezza dell'uscita delle notizia) siano fondate o no, ma perché ancora la verità è lontana dall'essere ufficializzata. Prendere per certa quella che è, sino ad oggi, una ipotesi su cui la procura di Milano sta lavorando, porta ad eccessi la cui evoluzione, purtroppo, è chiara.
Perché, anche se dovesse uscire indenne da questa storia, sarà perseguitato da un'aura di ''bad boy'' che nemmeno anni di frequentazione del catechismo o dei centri di accoglienza riusciranno a cancellare.
Allo stesso modo della ragazza che ha denunciato - vedrete che prima o poi il nome salterà fuori - e che sarà sempre la ''drogata'', quella che, per dirla come Filippo Facci, si può facilmente ''fare''.
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