Cristina Calabrese, AD di Key2People, spiega il successo dell'azienda

- di: Redazione
 
Il Premio è stato assegnato a Cristina Calabrese per aver contributo in maniera determinante all’affermazione di Key2People, forte dell’esperienza accumulata in tredici anni in Olivetti ed Omnitel, che le ha permesso una preziosa immersione in una concezione integrata delle Risorse Umane. Oggi Key2People è la più grande azienda italiana del settore dell’Executive Search e dell’HR Advisory, ovvero della consulenza organizzativa e di HR Services verso aziende, imprenditori e istituzioni.

Cristina Calabrese, AD di Key2People, spiega il successo dell'azienda

Le soluzioni di Key2People s’incardinano su tre pilastri: Executive Search, Advisory e Board Services. Dottoressa Calabrese, può entrare nel dettaglio, anche sulle relative soluzioni K2P?
Key2People è la più grande azienda italiana del settore dell’Executive Search e dell’HR Advisory, ovvero della consulenza organizzativa e di HR Services verso aziende, imprenditori e istituzioni. Abbiamo articolato l’offerta su questi tre pilastri: il primo è l’Executive Search, cioè la ricerca di management secondo principi di ricerca del talento, del merito e quindi di favorire il ricambio della classe manageriale del Paese, il secondo è quello dell’Advisory e cioè la consulenza organizzativa e di tutta la strumentazione a supporto delle imprese nel cambiamento di cultura manageriale coerente con i modelli di business, supportando le imprese nei processi di trasformazione che stiamo vivendo, quali la trasformazione digitale, l’internazionalizzazione, l’avvento di nuove tecnologie, la transizione ecologica, la sostenibilità; tutto ciò rende necessario cambiare modelli organizzativi e cultura, e questo è esattamente il nostro campo di gioco. L’ultimo pilastro è quello dei Board Services, vale a dire la consulenza sui tematiche di Corporate Governance, negli ultimi anni anche a supporto del Ministero Economia e Finanza per la gestione delle sue aziende partecipate.

La sfida della trasformazione digitale interessa ogni azienda: nei suoi tratti essenziali, la digital transformation cosa rappresenta per la metodologia di gestione dell’impresa e, più, in generale, per la cultura aziendale?
La più grande trasformazione degli ultimi anni che tutte le imprese hanno attraversato, qualunque modello di business gestiscano e qualunque dimensione interpretino, è quella della trasformazione digitale, che porta cambiamenti molto importanti sul tema delle competenze e la necessità di alfabetizzazione a tutti i livelli. Pensiamo ai temi della cybersecurity, della multicanalità, della capacità di interpretare i numeri: sono driver di competenza che hanno interessato tutte le aziende. Questo fenomeno ha impattato sul piano del modello culturale e della gestione organizzativa delle aziende, imponendo quello che possiamo riassumere nel modello “agile”, che sul piano organizzativo vuol dire far lavorare le persone in modo multidisciplinare, interdisciplinare, con un processo di degerarchizzazione e un modello gestionale molto più flessibile: l’ambizione è di orientare il gruppo al risultato mettendo insieme la forza di tutti, attraverso nuove abilità quali ad esempio il pensiero laterale, il multitasking o ancora la capacità di ragionare in termini quantitativi e sapere distillare dal quantitativo le informazioni essenziali per la presa di decisioni.

Sembra che si stia assistendo a una sorta di contro-esodo dei cervelli italiani in fuga all’estero. Quali sono i fattori che hanno aumentato il numero di coloro che decidono di rimpatriare?
Si tratta di un fenomeno che abbiamo notato perché le ricerche di personale che facciamo sono anche a livello internazionale: quando riusciamo ad intercettare un talento che può tornare in Italia, lo facciamo con grande determinazione. Oltretutto, la fuga dei cervelli rappresenta un costo enorme per il Paese. È un trend che si sta consolidando al quale, dal nostro punto di vista, contribuiscono più fattori: uno “pragmatico”, ovvero l’introduzione della norma per la defiscalizzazione, ancorché in questo momento oggetto di discussione; in secondo luogo, paradossalmente, anche la pandemia, e l’introduzione del lavoro da remoto per cui alcune persone possono lavorare nel nostro Paese in remote working, anche con le multinazionali, usufruendo di una situazione operativa più confortevole, perché naturalmente l’Italia rappresenta ancora un Paese che attrae per la qualità della vita. Altri aspetti che abbiamo evidenziato sono la volontà di lavorare in headquarter italiani che permettono di accedere a ruoli con maggiore autonomia e responsabilità, così come anche, la gestione del PNNR che permette di mobilitare progetti di grande impatto. Il principio del restituire quello che si è imparato in questo Paese ormai è diventato un driver importante.
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