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Il 2026 delle Borse: meno Usa, più Europa ed emergenti

- di: Matteo Borrelli
 
Il 2026 delle Borse: meno Usa, più Europa ed emergenti
Il 2026 delle Borse: meno Usa, più Europa ed emergenti
Mercati sui massimi, dollaro debole e nuove rotte per gli investitori.

(Foto: operatori a Wall Street).

Il 2026 si apre con un messaggio chiaro per gli investitori globali: diversificare, ridurre il peso degli Stati Uniti e tornare a guardare con interesse all’Europa e ai mercati emergenti. Dopo anni di dominio di Wall Street, i segnali che arrivano dagli analisti indicano un cambio di passo, favorito da valutazioni elevate, incertezze geopolitiche e politiche monetarie ormai a fine corsa.

Wall Street cara, il resto del mondo torna competitivo

Secondo le analisi di Giacomo Chiorino, responsabile dell’analisi di mercato di Banca Patrimoni Sella & C, i listini statunitensi arrivano al 2026 “fra i più cari su scala mondiale”, sia in termini assoluti sia rispetto alle medie storiche. Una condizione che rende prudente un alleggerimento dell’esposizione verso gli Stati Uniti.

Al contrario, Europa, Asia e America Latina mostrano valutazioni più interessanti e un potenziale di crescita sostenuto anche da flussi di capitale estero in aumento. In particolare, l’Asia emergente e alcune economie sudamericane vengono viste come beneficiarie di una rotazione degli investimenti globali.

Europa sotto osservazione: settori penalizzati pronti al rimbalzo

Sui mercati europei l’attenzione si concentra su settori rimasti indietro negli ultimi anni, penalizzati da vincoli regolatori o da fattori geopolitici. L’automotive, ad esempio, potrebbe tornare attrattivo dopo una lunga fase di sottoperformance.

Un eventuale miglioramento del quadro internazionale, in particolare sul fronte ucraino, potrebbe inoltre favorire infrastrutture, costruzioni e materiali: cementifici, società autostradali e aziende legate alla ricostruzione sarebbero tra le principali beneficiarie.

Dollaro sotto pressione e Fed prudente sui tassi

Uno dei grandi temi del 2026 sarà il dollaro. Le attese sono orientate verso un’ulteriore debolezza della valuta statunitense, complice un mix di deficit elevato, debito pubblico crescente e rating sotto osservazione.

Sul fronte dei tassi, la Federal Reserve appare vicina al capolinea del ciclo di allentamento: le stime indicano al massimo un solo taglio, con un’inflazione che fatica ad avvicinarsi stabilmente al target del 2%. A pesare sarà anche il cambio alla guida della Fed, con la scadenza del mandato di Jerome Powell prevista per maggio.

Bce ferma, spread italiano ancora con margini di discesa

Diversa la situazione in Europa. La Banca centrale europea, secondo gli analisti, avrebbe già esaurito la fase di allentamento monetario. Questo contribuisce a stabilizzare i mercati obbligazionari dell’area euro.

Per l’Italia, il quadro resta costruttivo: l’attenzione degli investitori internazionali è più concentrata sulla Francia, alle prese con difficoltà politiche e di bilancio, mentre lo spread Btp-Bund potrebbe continuare a ridursi. Dai circa 70 punti base attuali, esisterebbe ancora margine di discesa, ricordando che prima della crisi finanziaria globale il differenziale viaggiava intorno ai 30-40 punti.

Un déjà-vu storico: il parallelo con il post bolla dot-com

Il contesto attuale richiama alla mente l’inizio degli anni Duemila. Dopo lo scoppio della bolla tecnologica, le Borse Usa attraversarono un lungo periodo di movimenti laterali, mentre mercati emergenti, materie prime e alcuni Paesi europei – tra cui Italia e Spagna – registrarono performance brillanti.

Uno schema che potrebbe ripetersi, pur con tutte le cautele imposte da un contesto globale caratterizzato da incertezza elevata e sviluppi geopolitici difficilmente prevedibili. 

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