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Bonus paritarie 1.500 euro: chi lo prende e cosa cambia nel 2026

- di: Vittorio Massi
 
Bonus paritarie 1.500 euro: chi lo prende e cosa cambia nel 2026
Bonus paritarie 1.500 euro: chi lo prende e cosa cambia nel 2026

Un “buono scuola” che promette ossigeno a qualche famiglia e accende l’ennesima miccia: aiuto mirato o scorciatoia ideologica? 

Un voucher fino a 1.500 euro per chi sceglie le scuole paritarie entra nel rush finale della manovra 2026. La proposta circola in forma di emendamento: risorse previste 20 milioni di euro per il 2026, gestione affidata al Ministero dell’Istruzione e del Merito, con importo modulato in base all’ISEE. Traduzione: chi ha meno, prenderebbe di più.

Ma appena la misura affiora, parte lo scontro: opposizioni e sindacati parlano di priorità rovesciate, mentre i promotori rivendicano una scelta di equità e libertà educativa.

Che cos’è il bonus e perché torna proprio adesso

L’idea è semplice: aiutare le famiglie con redditi medio-bassi che, per motivi economici o di offerta formativa sul territorio, scelgono una scuola paritaria. Non è la prima volta che un “buono scuola” entra nella discussione di bilancio: negli ultimi mesi, diversi attori della maggioranza hanno ripreso il tema e lo hanno agganciato al pacchetto di misure “famiglie”.

Secondo ricostruzioni stampa, l’emendamento è stato presentato nell’area di maggioranza e associato in particolare a Mariastella Gelmini (Noi Moderati); in altre versioni circolate nelle settimane precedenti risultano anche firme di Claudio Lotito (Forza Italia) e altri esponenti. La dote finanziaria indicata resta quella: 20 milioni.

Chi ne avrebbe diritto

Il perimetro, almeno nelle formulazioni riportate finora, è piuttosto definito:

  • ISEE del nucleo familiare non superiore a 30.000 euro.
  • Studenti iscritti a scuole paritarie della secondaria di primo grado (le “medie).
  • Oppure studenti del primo biennio della secondaria di secondo grado (primi due anni delle superiori), sempre in paritaria.
  • Importo fino a 1.500 euro per studente, con scala inversa: più l’ISEE è basso, più il contributo sale.

Questo dettaglio della “scala inversamente proporzionale” è decisivo: l’emendamento non disegna (almeno pubblicamente) una cifra uguale per tutti, ma una griglia che premia le fasce più fragili.

Come funzionerebbe davvero: cosa sappiamo e cosa manca

Qui si entra nel territorio del “finché non è legge, è un’ipotesi”. Le informazioni disponibili indicano il MIM come soggetto incaricato dell’erogazione. Tuttavia, i passaggi pratici non risultano ancora descritti nei dettagli in modo pubblico e univoco.

In concreto, per rendere il bonus operativo servirebbero almeno:

  • una definizione puntuale di domande, documenti e scadenze;
  • la modalità di pagamento (rimborso? voucher digitale? accredito?) e i controlli su iscrizione e frequenza;
  • la griglia ufficiale degli importi collegata alle fasce ISEE;
  • le regole su eventuali cumuli con misure regionali o fiscali.

Il punto chiave: ad oggi la misura viene descritta come inserita nelle riformulazioni degli emendamenti, quindi nel perimetro delle trattative di manovra. La fotografia può cambiare fino all’ultimo miglio parlamentare.

Il fronte delle critiche: “un premio alle private mentre la statale dimagrisce”

La contestazione è politica, ma anche simbolica. La senatrice Barbara Floridia (M5S) ha attaccato duramente la proposta, sostenendo che, mentre si discute di un voucher per chi sceglie le paritarie, la manovra prevederebbe un taglio complessivo vicino a 869 milioni nel triennio per la scuola e l’edilizia scolastica, cioè “poco meno di 300 milioni l’anno”.

Sulla stessa linea, organizzazioni sindacali come FLC CGIL hanno criticato l’intervento definendolo una sottrazione di risorse (o comunque una scelta di priorità) rispetto all’istruzione statale, specie in una fase in cui scuole e territori denunciano carenze di organico, accorpamenti e necessità strutturali.

La replica dei promotori: “equità, pluralismo, libertà educativa”

Dall’altra parte, i sostenitori del voucher lo presentano come un correttivo “sociale”: non un regalo generalizzato, ma un intervento selettivo per ISEE bassi e per segmenti scolastici specifici. In questo racconto, il bonus diventerebbe una leva per allargare l’accesso a un’offerta formativa che, in molte città, ha rette difficili da sostenere senza aiuti.

In dichiarazioni riportate dalle agenzie e dalla stampa economica, la proposta viene rivendicata come “buono scuola” e incardinata nell’idea che il sistema nazionale comprenda anche le paritarie, già riconosciute e regolamentate.

Il contesto che spesso si dimentica: detrazioni fiscali e fondi già esistenti

Nel dibattito, il rischio è fare finta che oggi non esista nulla. In realtà, le famiglie hanno già alcune leve (anche se limitate):

Detrazioni per spese scolastiche: non solo statale

Sul fronte fiscale, le spese di istruzione non universitarie sono detraibili al 19% entro un tetto annuo per studente. Inoltre, per le spese sostenute nel 2025 è stato indicato l’innalzamento del limite a 1.000 euro (da 800) per la detrazione, quindi un beneficio massimo potenziale più alto in dichiarazione.

Contributi pubblici alle paritarie

Le scuole paritarie, come segmento della “scuola non statale”, possono accedere a contributi e criteri di riparto definiti dal Ministero e dagli Uffici scolastici regionali. In parallelo, diverse Regioni gestiscono misure proprie (spesso chiamate “dote scuola” o simili), con regole territoriali e platee variabili.

Il possibile voucher nazionale da 1.500 euro, quindi, si inserirebbe in un mosaico già composto da detrazioni, contributi e misure regionali, ma con una differenza: sarebbe un aiuto diretto, selettivo, e potenzialmente più “visibile” nell’anno scolastico.

Quanto peserebbe: 20 milioni, ma la platea non è infinita

Lo stanziamento indicato è 20 milioni per il 2026. Se tutti prendessero il massimo (1.500 euro), coprirebbe teoricamente circa 13.300 studenti; se la media fosse più bassa per effetto della scala ISEE, la platea potrebbe allargarsi.

È uno dei motivi per cui la misura viene letta in due modi opposti: per alcuni è un intervento “piccolo ma mirato”, per altri è un segnale politico che pesa più dei numeri.

Quando partirebbe e cosa fare (davvero) se sei interessato

L’impianto descritto punta al 2026. Ma finché il testo non è approvato e finché non vengono pubblicate istruzioni operative, l’unica mossa sensata è questa:

  • tenere pronto un ISEE aggiornato (se rientri nella soglia);
  • verificare se la tua Regione ha già una misura locale per rette e libri;
  • monitorare gli atti ufficiali del Parlamento e del Ministero quando verranno chiariti domande e modalità. 
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