USA: Biden ora dovrà convincere i 70 milioni di elettori orfani di Trump

- di: Diego Minuti
 
L'America, dopo il voto (contrastato, osteggiato, contestato) per l'elezione del suo 46/mo presidente, si sta risvegliando da quella fase del sonno che passa dal sogno all'incubo e ritorna sui suoi passi, nel giro di pochissimo tempo. Sullo sfondo si staglia sempre la figura di Donald Trump che, dicendo di no a tutto, somiglia sempre di più a Macbeth, agitandosi in una atmosfera surreale e rifiutandosi di accettare una sconfitta che ormai tutti, ad eccezione dell'ex presidente e dei suoi più accaniti sostenitori, danno per ufficiale.

Ma la sconfitta di Trump sta determinando una situazione che mai, sino ad oggi, l'America aveva vissuto, quella di 70 milioni di persone/votanti che si ritrovano, improvvisamente, orfane non tanto del loro conducator, quanto del pensiero dominante in una classe sociale trasversale e quindi priva di confini che nel tycoon si era riconosciuta.
Nella prima campagna elettorale Trump, per spiegare quali fossero gli obiettivi della sua presidenza, scelse due frasi cardine: "Make America Great Again" ("Rendiamo l’America grande, di nuovo") - e sin qui ci siamo, considerando le vicende economiche del Paese degli ultimi venti anni - e forse soprattutto "Drain the swamp" (bonifichiamo la palude della corruzione) che, più della prima, ha colto lo spirito di rivalsa di milioni di persone nei confronti di un sistema politico considerato distante dalla gente, rapace e quindi corrotto.

Agli americani, nel 206 Trump si è presentato come il paladino contro la corruzione e la gente - la maggioranza - gli ha creduto, nonostante le voci che intorno alla sua spregiudicata carriera da immobiliarista d'assalto c'erano prima e sono cresciute anche sotto la sua presidenza. Già, perché Trump ha saputo alzare delle fitte nebbie intorno al suo essere rimasto un imprenditore nonostante la sua elezione. E non lo dicono solo i suoi avversari, ma i giornalisti investigativi di mezzo mondo che hanno scoperto come Trump in fondo sia rimasto saldamente alla guida del suo (malandato, da un punto di vista dei debiti) impero, seppure se ne occupassero ufficialmente altri.

Ma la gente ha creduto in lui. Ha creduto che avrebbe spazzato la corruzione che, nella vulgata generale (in America e nel resto del mondo), aleggia sempre intorno ai politici. Ed ha continuato a credere in lui anche quando, come Urano, ha fatto piazza pulita, intorno a lui, dei suoi figli politici, quando ha cominciato a temere che lo tradissero.
Il dato dei settanta milioni di voti che ha raccolto non può essere sottovalutato o sottaciuto nell'euforia che sta seguendo all'elezione di Biden, perché è un dato di fatto con cui il prossimo presidente dovrà fare i conti. Poco conta il discorso, piatto e scontato, come d'altra parte Biden è sempre stato (e che è forse il suo dato caratterizzante e rassicurante) , con cui il futuro ''comandante in capo'' ha detto di volere essere il presidente di tutti. Una affermazione che tutti coloro che vengono eletti pronunciano, nella speranza di evitare di acuire le tensioni.

"Joe Biden sarà il presidente di tutti gli americani" gridano i suoi sostenitori, forse coscienti che non sarà così, che non potrà essere così perché quattro anni di amministrazione Trump hanno creato un baratro tra le due anime dell'America. Ed oggi all'euforia di chi ha vinto si contrappone lo scoramento di chi ha perso, ma non intende prenderne atto.
Asserragliato nella Casa Bianca - anche se il suo primo week end da presidente uscente lo ha trascorso sui campi da golf. Per essere precisi, su uno dei suoi club di golf, sparsi in tutto il mondo - Trump non intende abbassare i toni e, assecondato da consiglieri che ne hanno sposato le tesi complottistiche (Rudolph Giuliani in testa), minaccia di portare gli Stati Uniti in un pantano di cause, istanze, mozioni, ricorsi che avrebbero il solo risultato di indebolire non la presidenza, ma la democrazia americana.

Il passare del giorni con il continuo ricorso alla violenza verbale da parte di Trump si potrebbe dimostrare il terreno ideale per azioni delle frange più estremistiche del suo elettorato. Di un elettorato che crede ancora in lui e che, anche oggi, sta dando vita a decine di manifestazioni in tutto il Paese. La speranza di tutti è che quelle dita che accarezzano il grilletto dei mitra d'assalto branditi dai miliziani vicini a Trump non si contraggano mai.
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