La BCE alza di nuovo i tassi a livelli mai raggiunti prima

 
La BCE ha stretto, di un altro quarto di punto, il nodo scorsoio, che, da un anno, sta strangolando l'economia del continente, seppure con il meritorio obiettivo di frenare l'inflazione. Ma, verrebbe da chiedersi, cos'è meglio: una inflazione più alta dell'obiettivo primario (il 2 per cento all'anno) o una economia che, in tutto il continente, a cominciare dalla Germania, sbuffa come un maratoneta già stanco subito dopo la partenza?
Comunque, a detta della BCE, questo dovrebbero essere l'ultimo aumento dei tassi. Insomma, se non possiamo ridere o sorridere, almeno non piangiamo.

La BCE alza di nuovo i tassi a livelli mai raggiunti prima

Forse, nelle scelte adottate dai falchi di Francoforte, c'è la consapevolezza che, dovendo scegliere tra i due mali, aumentare i tassi possa essere il minore, ma il quadro quotidiano che si vive nell'eurozona è quello di una economia che vede uno dei suoi pilastri - l'accesso al credito - minato alla base dai continui aumenti dei tassi.
Ma non parliamo di qualche aumento, ma di dieci, uno di seguito all'altro, che, se sono una cura da cavallo contro l'inflazione, hanno certamente indebolito la macchina produttiva dell'eurozona.
In previsione delle perplessità che la decisione di aumentare i tassi di riferimento di 0,25 punti percentuali avrebbe ingenerato, l'istituto di Francoforte s'è premurato di dire che ''l'inflazione continua a rallentare, ma si prevede che rimarrà troppo elevata per un periodo troppo lungo''. Come a dire ''siamo stati costretti a farlo, anche se non avremmo voluto''.

Belle parole, intanto il tasso di riferimento sui depositi viene portato al 4,0%, ad un livello mai toccato da quando, nel 1999, la moneta unica è diventata realtà. Di conseguenza, il tasso di rifinanziamento e quello di rifinanziamento marginale sono rispettivamente al 4,50% e al 4,75%.
Poco impattano, a questo punto, le nuove proiezioni macroeconomiche della BCE che prevedono un aumento dei prezzi del 5,6% nel 2023, poi del 3,2% nel 2024 e del 2,1% nel 2025, avvicinandosi all'obiettivo a medio termine del 2,0%. Si prevede che la crescita del PIL (prodotto interno lordo) raggiungerà lo 0,7% nel 2023, rispetto allo 0,9% precedente, quindi all’1,0% nel 2024 e all’1,5% nel 2025
Insomma nemmeno la previsione che l'inflazione, dopo essere stata rallentata nella sua parabola ascendente, continuerà nella sua decrescita, ha indotto la BCE ad allentare la presa.

Comunque, il consiglio direttivo della Banca ritiene che i tassi di interesse chiave ''abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, daranno un contributo sostanziale al tempestivo ritorno dell'inflazione al target".
 
Ma perché questa raffica di aumenti dei tassi?
E' la convinzione che, con l'aumento dei tassi, si rende più costoso costoso per le persone prendere in prestito denaro. Quindi, con meno denaro a disposizione, le famiglie contrarranno i loro acquisti e quindi gli aumenti dei prezzi si attenueranno.
Con un ''piccolo'' potenziale aspetto negativo: un aumento dei tassi troppo aggressivo potrebbe causare una recessione, che tecnicamente si registra quando un'economia si contrae per due trimestri consecutivi. E se si cadesse appunto in recessione, con chi ce la potremmo prendere se non con l'immanente BCE?
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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