Banane e lamponi: schiena dritta e pedalare
Siamo la Repubblica delle banane. Quante volte lo abbiamo detto, o sentito dire? In Friuli questo modo di dire l’hanno preso alla lettera, dando vita ad un evento che in capa a loro è goliardico. Ma in capa a noi rappresenta il trionfo della volgarità e del medioevo morale. Si è svolto ieri a Monteprato di Nimis, un paesino che conta sì e no tremila anime. Le quali, evidentemente annoiate, ogni 2 agosto festeggiano l’uomo. Nel senso di maschio. E difatti la festa, e aiutateci a dire festa, è l’apoteosi del maschilismo allo stato più becero e puro.
Banane e lamponi: schiena dritta e pedalare
Per l’occasione, infatti, i simpatici maschietti del paese si mettono tutti in fila su di un palco con una banana in mano e la offrono, ovviamente altezza cintola per ribadire il concetto, ad un’altrettanta schiera di donzelle inginocchiate davanti a loro. Le quali, bendate e con le mani legate dietro la schiena, dovranno mangiarla a regola d’arte in un minuto per aggiudicarsi l’agognato titolo di migliore mangiatrice di banane. Il tutto tra i lazzi e i frizzi dei maschi friulani, perché a definirli uomini ci prende proprio a male, ben fieri di portare avanti una tradizione nata nel lontano 1977. A far da cornice a quest’oscena scena un tripudio di simboli fallici e battute facilmente immaginabili che culminano con l’elezione del reginetto del paese. Una roba da medioevo, insomma.
La festa, e aiutateci ancora a dire festa, era passata finora abbastanza inosservata. Ma non ai social, che quest’anno hanno dato eco alla cosa scatenando le ire non solo delle donne ma anche, vivaddio, di tanti uomini. E sottolineiamo uomini. Perché non occorre né esser donne né tantomeno femministe per capire che un simile spettacolo, fondato su di uno stereotipo preistorico che fa semplicemente inorridire nell’Anno Domini 2022, non ha proprio nulla di goliardico e rappresenta un’offesa non tanto e non solo alle donne. Ma soprattutto al buon gusto. Esattamente come tutte quelle donne, e aiutatemi anche a dire donne, che l’8 marzo festeggiano una festa peraltro senza senso e obsoleta palpeggiando lo spogliarellista di turno nei locali.
Pensano di essere anticonformiste fighe, e invece non fanno altro che perpetrare un atteggiamento di sottomissione mentale attraverso un apparente, e fasulla, libertà. Quella stessa libertà che viene invocata oggi dagli organizzatori di quest’evento sessista e grossier, che con una strafottenza senza eguali non solo prendono in giro tutte quelle donne che si sono sentite offese da una siffatta, becera iniziativa. Ma si dicono anche pronti a raccoglierne i commenti per farne un momento pubblico di umiliazione. Mettendo in atto, di fatto, l’ennesima affermazione di potere di genere. Lungi da noi l’estremismo di certe femministe che, ove possibile, sono finanche più urticanti di questi maschi con la clava. Ma la verità è che siamo lontani anni luce dalla parità dei sessi.
Sotto sotto il pensiero strisciante di molti uomini è ancora uno: le donne devono stare al loro posto. E il loro posto, metaforicamente parlando, è in ginocchio. Vero è che le nuove generazioni lasciano ben sperare, per lo meno nell’ambito domestico dove sono sempre più gli uomini che si dividono i compiti con le loro compagne. Ma in linea generale viviamo in una società modello gambero: un passo avanti, e tre indietro. E la responsabilità è soprattutto delle donne, che sono le prime nemiche di loro stesse e soprattutto delle altre donne. Altro che sorellanza, che è una balla galattica. Non c’è niente da fare: una certa subcultura maschilista è dura a morire. Radicata com’è innanzitutto nella testa delle donne che si prestano a simili siparietti e per le quali va tutto ben madama la marchesa perché faccio quello che mi pare. Ma solo in apparenza. E invece no, non va tutto bene ragazze care. Schiena dritta e pedalare. E in ginocchio da te solo se ti chiami Morandi. Siamo proprio alla frutta, banane o lamponi che siano.