Animali, Ferrari (LAV): "Attenzione ai maltrattamenti invisibili, segnalare sempre"

- di: Barbara Bizzarri
 

Aaron, Leone, Grey: le storie brutali di tre animali torturati e uccisi, tutti assurti a simbolo dell’ondata di violenza che recentemente si è abbattuta sulle creature più indifese, vittime come sempre della crudeltà degli uomini, impongono una riflessione su quanto è accaduto e, soprattutto, la ricerca di un nuovo modo di vivere improntato al rispetto e alla conoscenza di queste anime pure grazie a cui la nostra vita è senz’altro più felice. E se non si riesce ad amarli, fondamentale resta comunque rispettarli. È ora di un cambiamento di rotta, che si può e si deve: parliamo di questo e molto altro con Alessandra Ferrari, Responsabile Area Animali Familiari di LAV.

Perché, a suo parere, questo atteggiamento ostile nei confronti degli animali, e come spiegare certi recenti episodi di violenza?

È qualcosa che c’è sempre stato, ma possiamo identificare due filoni: da una parte i maltrattamenti che fanno parte di pratiche e modalità di gestione degli animali che vanno a inserirsi in un concetto di animale come strumento, come animale che serve a qualcosa. Quindi in questo caso abbiamo il maltrattamento, per esempio, dei cani da caccia, dei cani da pastore, dei cani da guardia. Chi detiene un animale per uno scopo e non convive con esso (sono due modalità di relazione molto diverse) è molto più facile che ne abusi, o che lo maltratti, o che non rispetti i suoi diritti. Dopodiché esiste tutto un filone di episodi più appannaggio della visibilità e quindi dei social network: l’obiettivo di far parlare di sé attraverso un’azione che, in totale assenza di empatia, viene reputata divertente, e quindi atti che vengono fatti spesso da minorenni, da ragazzini, solo con lo scopo di avere un momento di gloria, come la ragazza che ha diffuso il video della gattina Grey, che è stata buttata con un calcio nella fontana dove è annegata, e commenta proprio così, “ecco i tuoi due momenti di gloria” riferendosi a chi aveva compiuto il gesto. Indubbiamente i social networks hanno peggiorato la situazione, perché rendono virali determinati video con in più il rischio dell’emulazione, e poi perché sulla base di una concezione dell’animale completamente sbagliata, vanno a farsi notare con gesti su chi non può difendersi. Bisogna anche considerare l’educazione di base delle persone che fanno gesti del genere, educazione alla convivenza e al rispetto dell’animale, che non esiste, altrimenti non si arriverebbe a questi estremi.

È una questione di retaggi culturali difficili da sradicare?

 Si tratta appunto di retaggi. Se vogliamo parlare di animale da utilità nell'ambito dell'animale familiare, dell'animale domestico, prendiamo il cane: se serve a qualcosa, non è inteso come un compagno di vita. Per il cacciatore, ad esempio, è alla stregua del fucile, per chi lo usa come cane da guardia è alla stregua di un antifurto o di una recinzione. Se sei uno strumento, automaticamente il punto di partenza è sbagliato per poter considerare che tu abbia dei diritti e delle emozioni. Non si ha, culturalmente, la visione dell'animale come compagno di vita perché, se sei un compagno di vita, devo garantirti anche un certo benessere e il benessere deriva dalla conoscenza dei tuoi bisogni, altrimenti difficilmente potrò garantirteli.  Quindi, conoscenza della specie, del cane, del gatto: tutta questa parte viene a mancare. Finché il cane mi serve per far qualcosa, o il gatto per scacciare i topi, o ancora quando si è abituati a vedere per strada gli animali, il ragionamento è “ci sono sempre stati e quindi se ne investono uno, ce ne sono tanti altri”. Questo però non significa che laddove, per esempio, non ci siano fenomeni marcati di randagismo, dove cani e gatti sono animali presenti nelle case e non in terreni o giardini cortili, non esista il maltrattamento.

Che tipo di maltrattamento?

Parlerei di una tipologia diversa di maltrattamento, di mala gestione. I dati che abbiamo dipendono anche dalle denunce, non tutto viene denunciato e quindi non è registrato. Abbiamo poco il punto della situazione, dove non arrivano le forze dell’ordine, oppure al grande pubblico attraverso la diffusione di video sui social network. Noi stiamo parlando di maltrattamenti estremi come nel caso di Aaron o di Grey, però esistono tante situazioni di quello che è il cosiddetto maltrattamento invisibile: abbiamo casi di cani reclusi tutta la vita in giardini o cortili senza mai poter uscire, senza avere contatti, oppure tenuti sui balconi, come a volte capita ai gatti. Anche queste sono situazioni meritevoli di attenzione perché non è soltanto il caso estremo che finisce su social network a denotare un maltrattamento. Queste situazioni sono ancora più difficili da gestire anche perché, se le pene sono irrisorie per atti di crudeltà estrema, figuriamoci per questo e perciò parlo di maltrattamento invisibile, perché spesso è ignorato dalla legge stessa, ma sono comunque casi meritevoli di attenzione, e da segnalare.

Cosa si può fare, all’atto pratico?

Come Associazione, quello che cerchiamo di fare da tempo e adesso siamo arrivati alla stretta finale, quindi ci aspettiamo di riuscire a vedere un risultato, è che venga esaminata e poi approvata la proposta di legge che va a inasprire e rendere più efficaci le pene per chi commette reati a danno degli animali e che fornisce più strumenti per magistratura e forze dell'ordine per agire in questi casi. Prevede anche pene accessorie, non nel senso di minore importanza, come ad esempio quello che abbiamo chiesto al sindaco di Palermo, ovvero un'ordinanza che vieti la possibilità a chi viene condannato per reati a danno degli animali, oppure a una persona indagata, come in questo caso, perché chi ha bruciato Aaron non è ancora stato condannato, di avere animali, per sé e per i familiari, nella maniera più assoluta. Questo è ciò che veramente si può fare in concreto, perché finché la legge non prevede delle pene che possono fare da deterrente la situazione resta inaccettabile. Critichiamo aspramente anche la famosa messa alla prova, praticamente i lavori socialmente utili con i quali chi è accusato di reati contro gli animali può espiare la pena mantenendo la fedina penale senza alcuna traccia di ciò che ha fatto. È accaduto per un altro gravissimo caso di maltrattamento a Siracusa: un cane con il corpo quasi tagliato in due dalle catene con cui era stato legato. I due imputati, per questo reato, hanno fatto richiesta di messa alla prova, il giudice ha acconsentito e quindi se la cavano con 4 mesi di lavori socialmente utili e 250 euro a testa di multa per un essere vivente che porterà cicatrici fisiche ed emotive per tutta la vita. È una presa in giro, e questo escamotage per aggirare la pena nel caso di reati contro gli animali non deve esistere. Le multe possono arrivare a poche migliaia di euro e sono irrisorie rispetto ai reati di cui stiamo parlando, denotati da crudeltà, dolo, premeditazione. Non possiamo assolutamente continuare ad accettare che ci siano dei lavori socialmente utili per risolvere tutto. Inoltre, è riconosciuto da più di uno studio che chi compie reati del genere a danno degli animali ha un potenziale di pericolosità sociale molto elevato, quindi non sono soltanto gli animali ad essere in pericolo ma anche i bambini, gli anziani, i fragili, e ciò non può essere arginato con qualche mese di lavori socialmente utili.

Cosa possono fare i cittadini?

Per fare ulteriormente pressione sulla Commissione Giustizia, che deve esaminare e poi licenziare il testo del Parlamento della proposta di legge, abbiamo anche lanciato una petizione. Ci è stato promesso la scorsa settimana dal presidente della Commissione, Ciro Maschio, che venisse messo all'ordine del giorno, quindi adesso dobbiamo vedere se è stato fatto ma, nel frattempo, prevediamo anche di utilizzare queste firme per far sentire anche la volontà popolare. Al netto della petizione, sicuramente è importante segnalare tutto ciò che può sembrare un maltrattamento, in modo che sia attenzionato dalle forze dell'ordine.

Dove si possono segnalare i maltrattamenti?

Abbiamo Sportelli contro i maltrattamenti in alcune città, ne sono appena stati inaugurati altri due e sono un ottimo strumento anche di valutazione, nel momento in cui si pensi a un maltrattamento. Lo Sportello, raccogliendo gli elementi, fa valutazioni in modo da passare alle forze dell'ordine solo quello che effettivamente si può configurare come reato.

Dove si trovano gli Sportelli Lav?

Al momento sono attivi a Verona, Trento, Bari, Bologna e Lucca. Prevediamo di aprirne altri, è un lavoro molto impegnativo che richiede una certa preparazione, però l'obiettivo ovviamente è averne ancora di più. Chi vuole segnalare da una città in cui ancora non vi sia uno Sportello Lav deve avere come primo riferimento le forze dell’ordine, poi ovviamente la Lav è a disposizione per una consulenza, per sapere cosa è più utile e giusto fare in presenza di maltrattamenti, che siano foto, video, o consigli su come gestire determinate situazioni. Anche in assenza di uno Sportello, se nella città c’è una sede Lav può essere utile come riferimento, così come anche l'autorità locale. Noi cerchiamo sempre di supportare chi vuole segnalare, perché senza segnalazioni le situazioni non vengono vengono gestite e spesso peggiorano, c’è tanto sommerso purtroppo.

Oltre alle segnalazioni, cosa altro si può fare?

Quando è possibile, farsi anche in prima persona portatori di una cultura corretta della convivenza con l'animale familiare. Magari a volte è anche utile provare a ragionare con chi sta tenendo male il proprio cane o il proprio il gatto, dando delle informazioni riguardo alla sofferenza che quell'animale sta provando, sottolineando il fatto che dal punto di vista etologico un animale non possa essere tenuto così perché non vengono rispettate le sue esigenze e i suoi bisogni. È bene percorrere anche la via del dialogo che però richiede in primis che ci si informi e che si sappia cosa dire. Essere portatori comunque di sensibilizzazione e di cultura: formare l’altro, educare l’altro è in ogni caso una strada da percorrere.

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