Una concitata difesa dell’indifendibile
- di: Barbara Leone
Un bel tacer non fu mai scritto, disse il poeta. Sicuramente non fu mai scritto dalla Concita nazionale, che dalle pagine di Repubblica ieri s’è sperticata in una surreale difesa di Madame Liliane Murekatete compagna del deputato Aboubakar Soumahoro. Quello con gli stivali, per intenderci, finito nell’occhio del ciclone per una serie di scandali legati alla cooperativa gestita dalla suocera e familiari vari. Storie di false fatturazioni, truffe e malversazioni sulla pelle dei poveracci scappati dalla disperazione. Ma anche storie di borse costose e scatti osé che hanno per protagonista proprio lei: la Lady Gucci della Ciociaria. Bella, bellissima, su questo non ci piove. Come sanno essere bellissime le giunoniche donne africane. E non c’è offesa in questa definizione, anzi. Noi occidentali quelle forme, quelle sinuosità e quella pelle vellutata ce la sogniamo. Naomi Campbell docet. Ma il punto non è questo. Bensì il voler travisare le cose appioppando patentini fashion che in questo turpe e triste marasma c’azzeccano come i cavoli a merenda. Tutto pur di non ammettere che nell’osannato mondo dell’accoglienza spesso e volentieri c’è, purtroppo, anche del marcio.
La folle difesa della Concita: lady Soumahoro come la Ferragni
E tutto pur di portare avanti una tesi forzata, che nulla mette (anzi molto toglie) alla causa della sinistra dura e pura. La Concita, concitata più che mai, s’è così lanciata dalle colonne di Repubblica in una arringa a difesa della siura che non ha né capo né coda arrivando a paragonarla alla Ferragni. Perché, dice lei, proprio non si capisce “in in cosa divergano, a parte gli esiti, le aspirazioni di Liliane Murekatete e quelle di Chiara Ferragni, la più popolare influencer italiana al mondo, una trentina di milioni di follower su Instagram, imprenditrice di se stessa, prossima co-conduttrice del Festival di Sanremo e riferimento per milioni di giovani donne”. Divergono, per esempio, per il fatto che una fa di professione l’influencer e l’altra dovrebbe aiutare i migranti arrivati nel nostro Paese, esattamente come lei, in cerca di fortuna. Del resto, al “diritto alla moda e all’eleganza” s’era appellato pure il marito che, come ti sbagli, ha fatto il pesce in barile buttandola in caciara. Come se il problema fossero i vestiti firmati. Il problema è che quei vestiti e quelle borse di lusso, che la Boldrini in un’altra arrampicata sugli specchi ha ipotizzato esser tarocchi, stridono e non poco con le condizioni disumane in cui vivevano i lavoratori della coop nel cui consiglio di amministrazione sedeva la bella Liliane. Il problema è che la coop sfruttava i minorenni, teneva i lavoratori senza acqua né luce, non pagava gli arretrati ai dipendenti.
E tutto ciò, cara Concita, fa venir meno il diritto alla “cura del proprio corpo” che tanto rivendichi sproloquiando di diritti delle donne. Perché, se permetti, viene prima il diritto alla vita, e ad una esistenza dignitosa. Troppo facile mettersi, come dici tu, “dalla parte del buio”. A volte magari è molto meglio tacere. Si fa più bella figura. Perché voler a tutti i costi difendere l’indifendibile è urticante. E fa male ai diritti delle donne, e pure ai valori della sinistra, ove mai ne esistesse ancora una. Non è che il colore della pelle può diventare automaticamente un salvacondotto per qualsiasi comportamento. Se sei una cacchetta di persona, lo sei da bianca, da nera o da gialla. Diversamente, si scivola in quell’insopportabile razzismo alla rovescia che fa male ai migranti in primis. E pure alla sinistra. A chi ci crede ancora, nonostante proprio da sinistra facciano di tutto per farci disamorare. Avanti così, che in fondo a destra troverete il baratro. Perché sai com’è, a furia di arrampicarsi su ispidi vetri saponati alla fine si precipita giù. E chi vi riacchiappa più!