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Predappio, una pagliacciata che puzza di marcio, più che di marcia

- di: Barbara Leone
 
Nostalgia, nostalgia canaglia. E pure un bel po’ di apologia canaglia, quella andata in scena ieri a Predappio per commemorare, all’incontrario, il centenario della Marcia su Roma. Una patetica e vergognosa sfilata di camice nere con tanto di braccio alzato al suon di “camerata Benito Mussolini presente”. Che a dire il vero a tratti fa finanche ridere. Perché è surreale, anacronistico e ridicolo. Se non fosse che quei tre o quattromila sciroccati ci credono davvero alle panzane che vanno dicendo. E a quegli improbabili travestimenti in perfetto stile Halloween, ma decisamente più inquietanti. Così come sono inquietanti i ringraziamenti arrivati direttamente dalla pronipote del Duce. “Se dopo 100 anni siamo ancora qui - ha detto Orsola Mussolini - è per rendere omaggio a colui che questo Stato volle e al quale non faremo mai mancare la nostra ammirazione”.

Camicie nere sfilano a Predappio, anche bambini

Sì, ha detto proprio ammirazione. E ancora: “Siete uno spettacolo. Il desiderio mio e di mia sorella Vittoria è portarvi un caloroso ringraziamento per aver organizzato e portato a termine questa manifestazione così sentita. Manifestazione servita a ricordare la marcia di 100 anni fa che portò il re a conferire al nostro bisnonno l’incarico di fare il presidente del Consiglio. Da lì lui e i suoi collaboratori partirono per fare uno Stato nuovo, più efficiente e più efficace, teso a risolvere i problemi”. Peccato che qualche problemino, ma proprio ino ino, Mussolini l’abbia creato all’Italia. Tipo le leggi razziali e la guerra al fianco di Htiler. Bazzecole. E però, come si dice, ogni scarrafone è bello a mamma soja. Che ad omaggiare il Duce siano i suoi eredi ci perplime, ma non ci indigna più di tanto. Ci indigna, invece, che nell’Anno Domini 2022 sopravviva ancora quest’orgoglio delle tenebre. E che sia concesso a quattromila esaltati, e siamo stati gentili, di rendere omaggio alla tomba di chi, con camicia nera e braccio alzato, alla tomba ci ha portato migliaia e migliaia di italiani. Entrando in guerra, ma non solo. Perché non è che gli squadristi portassero i cioccolatini agli oppositori del regime. Parolina chiave: regime. Dittatura, tirannia, dispotismo, totalitarismo.

Chiamatelo come vi pare. Ma questo è. E che qualcuno, ad oggi, lo metta ancora in dubbio va venire i brividi. Così come fanno venire i brividi quei bambini presenti che in camicia nera e fez in testa seguivano il corteo dei genitori. E poi i negozi che vendono i più disparati gadget. Nove euro per una felpa con la scritta “Boia chi molla”, venti per quella della Marcia su Roma. Una carnevalata, dirà bonariamente qualcuno. Magari sì. E però andatevele a leggere le boiate, per restare in tema, che scrive la gente sui social. La prova provata, e numerica, che i nostalgici del Duce non sono poi uno sparuto manipolo di deficienti. Pardon, deficienti sì. Ma non così pochi. E comunque sempre troppi. Forse sarebbe anche il caso di ricordare a questi mononeuroni ignoranti (nel senso letterale del termine perché evidentemente ignorano la storia) che mentre in Italia si combatteva contro i nazisti il loro adorato camerata fuggiva travestito da tedesco. Alla faccia del popolo italiano e del senso di patriottismo. E forse sarebbe altresì il caso di mettere una volta per tutte la parola fine a questa pagliacciata che puzza di marcio, più che di marcia, e soprattutto di reato. Quello di apologia del fascismo: articolo 4 della legge Scelba attuativa della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione. Pare così brutto ricordarlo?
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