Lacrime da copione e lacrime da nonno
- di: Barbara Leone
Un uomo deve saper piangere, diceva Pertini. E ci vengono i brividi ad accostare l’immagine di un grande, forse il più grande, Presidente della Repubblica con quella di un piccolo, metaforicamente e non, ministro dei giorni nostri. Pensiamo a Pichetto Fratin ma potrebbe essere benissimo chiunque altro, e d’ogni altro colore. Perché se c’è qualcosa che manca maledettamente a quest’epoca misera e buia è proprio il genio. L’intelletto puro, l’acume, il guizzo fulgido e sagace. Manca la cultura, quella con la C maiuscola, e manca in ogni ambito. Ma questo vuoto pesa ancor più nella politica. Non a caso non ci appassiona quasi più, e alla fine la si butta sempre in caciara. Anzi, proprio in barzelletta, anche quando non c’è un bel niente da ridere. Ma solo da piangere, appunto. Come ha fatto il buon nonnino Gilberto. Le cui lacrime, però, non ci hanno commosso manco per niente. Anzi, ci hanno sobbalzar dalla sedia nel ricordo, neanche troppo lontano, di quel moto di pianto, finto come una banconota da tre euro, che colse d’improvviso Elsa Fornero allorquando ci fu l’approvazione della sua trucida legge di riforma delle pensioni. E non ci hanno commosso neanche le lacrime, fintissime come la banconota di cui sopra, della fanciulla sul palco che con voce tremula ha chiesto al ministro: “lei non ha paura?”. Quasi quasi tra il nonno e la “nipote” ci ha fatto più tenerezza lui, che ci è cascato con tutte le scarpe. Perché lei, aspirante attrice che di nome fa pure Giorgia (e non a caso perché evidentemente al Giffoni l’avevano scelta apposta), più che la sua ecoansia ha mostrato al pubblico e a mezza Italia, ma pure tutta, la sua scadente interpretazione.
Pichetto Fratin piange al Giffoni Film Festival
E dire che ha pure un diploma di recitazione e doppiaggio alle spalle. Sicuramente ce la ritroveremo al prossimo Grande fratello: aperte le scommesse! E lui, il povero Pichetto come poteva rimanere insensibile? Lui, che è ministro di un ambiente massacrato dalla mala gestione della res pubblica, poteva mai non commuoversi pensando alle catastrofi climatiche cui assisteranno sicuramente, perché non è in discussione il se ma solo il quando, i suoi adorati nipoti? Ovvio che no, e difatti s’è sciolto come un ghiacciolo ad agosto. Anzi a maggio, perché di qui a breve i 40 gradi ce li dovremo sciroppare anche in primavera. E non c’è nulla di male nel suo pianto spontaneo e sincero. Proprio perché, come diceva Pertini, un uomo deve saper piangere. E però… c’è un però. Sarebbe tutto commuovente e tenero se a cotante lacrime seguissero i fatti. In coscienza e coerenza. Perché, caro ministro, se veramente quelle lacrime erano sincere ha solo una cosa da fare: si alzi e protesti contro certa destra negazionista di cui fa parte. Protesti contro quei media amici del governo che perculano chi lotta il cambiamento climatico. Glielo dica a certi giornalisti amici che c’è poco da scherzare, ma solo da piangere e correre ai ripari. Ieri, manco oggi perché è pure tardi. Dica una volta per tutte da che parte sta, e che ha ragione quegli scienziati, che poi sono la maggioranza, che dicono che non si può più parlare di maltempo ma di emergenza climatica. E lo dica anche ai tanti che vi hanno votato e pendono dalle vostre labbra, affinchè anch’essi, tutti, capiscano che non c’è proprio niente da ridere ma solo tanto da piangere. Perché sono ancora troppi quelli che pensano ad un bluff, ad un ennesimo al lupo al lupo. E poi sappiamo tutti come la favola è andata a finire. E lo dica ai suoi colleghi ministri, quando tagliano fondi per l’ambiente e pensano a costruire ponti e trivellare il mare. Solo così potrà essere credibile ai nostri occhi, e soprattutto a quelli di Madre Terra. Lo faccia, signor ministro. Per rispetto non alle lacrime della ragazza, che erano da copione. Ma per rispetto alle sue, che erano da nonno. E vere.