KAIROS - Fugnoli: "Più crescita, ma anche inflazione"

- di: Alessandro Fugnoli, Strategist di Kairos
 
Dopo la lunga corsa iniziata in ottobre i mercati sono da alcuni giorni fermi ai box. Non si tratta solo di prendere fiato, ovvero di una fisiologica pausa per fare il pieno e cambiare le gomme. Si tratta anche di capire a che punto siamo di una corsa che sta rivelando qualche sorpresa rispetto alle attese.

La prima sorpresa, positiva, è che la crescita globale sta andando bene, forse fin troppo bene. In America la tanto anticipata flessione della domanda da parte dei consumatori è visibile solo in alcuni settori, ma nel complesso la tenuta è buona. A sostenere la domanda è la piena occupazione, come si vede da un mercato del lavoro più tirato che mai.

In Europa la recessione alla fine non c’è stata. Italia e Germania, i paesi dove si era arrivati nei mesi scorsi a temere una crisi seria, stanno attraversando l’inverno senza scosse particolari. Da una parte i sussidi pubblici attutiscono i rincari dell’energia, dall’altra gas e petrolio sono scesi in misura rilevante dai massimi.

Infine, in Asia, i timori per una nuova fiammata di Covid in Cina in seguito alla nuova politica di riapertura si sono rivelati eccessivi, mentre le misure di sostegno all’economia, e in particolar una politica monetaria espansiva, stanno iniziando a dispiegare i loro effetti positivi.

L’altra faccia della medaglia è però costituita dall’inflazione, che sembra avere interrotto il suo percorso di rapida discesa. In realtà il problema non è in sé il rimbalzo dei prezzi. Non si è del resto mai visto un processo disinflazionistico perfettamente lineare. La questione, semmai, è quella di un’inflazione nel settore dei servizi che appare avere messo radici.

Di fronte alle sorprese sulla crescita e sull’inflazione, banche centrali e mercati si trovano costretti a riconsiderare le loro strategie. Le banche centrali, che avevano cominciato a mandare segnali di ammorbidimento, devono fermarsi per aspettare nuovi dati. In particolare, se i dati sull’inflazione che verranno pubblicati a marzo confermeranno quelli di febbraio, il rialzo dei tassi di policy proseguirà.

Quanto ai mercati, per il momento è sufficiente una pausa nel rialzo. Solo ulteriori sorprese negative sul fronte dell’inflazione potranno creare le condizioni per un’inversione della tendenza positiva.

Per quanto riguarda monetario e obbligazionario, l’adeguamento al nuovo quadro è stato veloce e per ora sufficiente. I mercati hanno alzato le loro stime sul tasso terminale di mezzo punto percentuale e hanno ridimensionato le attese di tagli dei tassi nella seconda parte dell’anno.

Sul fronte azionario la correzione di tiro è stata più modesta, ma non bisogna dimenticare che per l’equity la probabilità di tassi più alti viene bilanciata dalla tenuta migliore del previsto dell’economia e dei margini di profitto. Multipli leggermente più contenuti da una parte, quindi, ma utili per azione migliori delle attese dall’altra. Il risultato dovrebbe essere un mercato laterale fino a quando inflazione e crescita non manderanno segnali più chiari in un senso o nell’altro.

Lo scenario più probabile, se proviamo a spingere lo sguardo sull’insieme del 2023, rimane quello di un processo di disinflazione un po’ più lento rispetto a quello che si era cominciato a pensare e di una crescita dell’economia globale che rallenta in misura contenuta senza produrre una recessione avvertibile.

Il prezzo da pagare per uno scenario di questo tipo, per il quale fino a pochi mesi fa si sarebbe messa la firma, è un’inflazione che fatica a scendere sotto il 3.5-4 per cento. Se questo è il prezzo da pagare per evitare una recessione e continuare a crescere è probabile che i mercati lo accettino. Lo stesso potrebbe essere vero per le banche centrali, che comunque non abbandonerebbero l’obiettivo ufficiale finale del 2 per cento.

Un’inflazione stabilizzata tra il 3 e il 4 per cento renderebbe però difficile una forte ripresa economica l’anno prossimo, perché comporterebbe inevitabilmente ulteriori tensioni sui prezzi. In pratica, il 2023 ruberebbe un po’ di crescita al 2024, rendendo più smussato l’andamento del ciclo economico.

Di fronte a queste incertezze, rimaniamo convinti che la strategia migliore sia quella di distribuire gli acquisti azionari nel corso dei prossimi mesi, approfittando in particolare di eventuali correzioni.
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