Il mare in cartolina. Santanchè: assegnare ai privati le spiagge libere piene di tossici e rifiuti

- di: Barbara Leone
 
Giusto quest’estate Legambiente aveva lanciato l’allarme: in Italia è sempre più difficile trovare una spiaggia libera dove prendere il sole. A pesare, riferiva il Rapporto di Legambiente “Spiagge 2022”, un mix di fattori: la crescita in questi anni delle concessioni balneari che toccano quota 12.166, l’aumento dell’erosione costiera che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose, con i tratti di litorale soggetti ad erosione triplicati dal 1970, e il problema dell’inquinamento delle acque che riguarda il 7,2% della costa sabbiosa interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento. Un vero e proprio Sos, che l’associazione aveva anche tradotto in una serie di proposte volte a  garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge. Che, ricordiamolo, dovrebbero essere patrimonio di tutti. L’allarme di Legambiente è evidentemente sfuggito a Daniela Santanchè, che anzi rincara la dose. Nel corso del suo intervento all’Assemblea di Confesercenti, la ministra del Turismo ha testualmente detto: “Sarebbe bene assegnare quelle spiagge che ora non sono assolutamente servite: ci sono tossicodipendenti, rifiuti. Nessuno pensa a tenerle in ordine: forse si potrebbe cominciare da lì”. Tradotto: privatizziamo anche quelle poche spiagge libere esistenti perché sono piene di tossici e rifiuti. Ovviamente senza consegnarle alle multinazionali perché, dice, “ci toglierebbe le nostre peculiarità, come un certo tipo di cibo, un certo tipo di accoglienza. Mi fa sentire male l’idea: pensate se non potessimo più mangiare i nostri spaghetti alle vongole o la nostra parmigiana di melanzane, cose che fanno parte della nostra identità”. Il problema della Santanchè, insomma, sono gli spaghetti alle vongole. Non l’ipotesi di mettere in mano ai privati un bene che dovrebbe essere pubblico.

Santanché: tossicodipendenti e rifiuti rovinano le spiagge libere

E che, si sa, pubblico non è. A rimetterci, ovviamente, è sempre la povera gente. Quella che già sta alla canna del gas, e che in capa a lei dovrebbe sborsare quaranta, cinquanta o sessanta euro per una giornata al mare. Magari a Coccia de morto. Ma poi: che spiagge frequenta la signora ministro? Perché è vero che in giro c’è tanta monnezza e degrado, ma in quanto a droga ne gira molto più in certi locali alla moda. Così, giusto per dire. Per quanto riguarda poi la pulizia, sarebbe di competenza dei Comuni. Se non bastano le risorse si facciano pagare di più le concessioni a chi ne trae profitto, magari tenendo anche conto che vi sono differenze tra concessioni iper-redditizie e realtà in zone più popolari. Quella della Santanché è una visione da lobby, propria di chi di pensa di poter continuare a cementificare, recintare, oscurare la vista mare per migliaia di chilometri di costa grazie alla complicità di una politica che non ha il coraggio di difendere gli interessi collettivi e i beni comuni con una seria pianificazione e programmazione. Avanti così, signora ministro. La prossima estate ci sarà ancora più gente che il mare lo vedrà in cartolina. O se ne andrà all’estero dove, per la cronaca, il mare è di tutti. Basti pensare, per esempio, che Francia la durata delle concessioni per le spiagge non supera i 12 anni (mentre da noi sono eterne), e soprattutto l'80% della lunghezza e l’80% della superficie dei lidi devono essere liberi da costruzioni per sei mesi l’anno. Ovverosia, gli stabilimenti vanno rigorosamente montati e poi smontati. La Croazia, tra i vari interventi che ha messo in atto in tema di spiagge, ha previsto anche il divieto di costruire qualsiasi opera (dai chioschi ai ristoranti) per una distanza minima di 1 km stabilendo una continua ed unica “Area protetta costiera” di alto valore naturale, culturale e storico. Non sarà un mare bello come il nostro quello che c’è all’estero. Ma è molto più democratico. Qui si fa come i gamberi, giusto per restare in tema. Un passo avanti, e tre indietro. Per fortuna che oggi piove e l’estate è lontana. 
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