Francia: il Paese ha paura e si interroga, ma vuole ripartire

- di: Francesco Di Stefano
 
Nemmeno Roubaix é rimasta immune dalla follia, fatta di violenze e devastazioni, che ha attraversato, da nord a sud, dall'est all'ovest, la Francia negli ultimi giorni  Sul portone della scuola elementare Quinet-Bert c'è affisso un foglio, strappato da uno dei quadernoni che usano gli alunni delle ultime classi.  La grafia è incerta, ma il messaggio è chiaro, quasi commovente e si rivolge a chi è sceso in strada per protestare, scegliendo di farlo con la violenza: ''Non bruciate le scuole per favore . Grazie''. Sotto una faccina, disegnata, che piange.  E' questa la Francia di oggi, è questo il Paese che non ha saputo capire e quindi anticipare l'esplosione delle proteste che hanno solo colto un'occasione (la morte del giovane, francese di origini maghrebine) che la Polizia gli ha porto su un piatto d'argento. E' ancora presto per fare una stima dei danni materiali (alla fine saranno per decine e decine di milioni di euro), ma quelli dello Stato saranno difficili da quantificare, così come sarà arduo prevedere la durata delle ripercussioni.

I tanti analisti improvvisati - soprattutto non francesi - hanno dato dell'accaduto spiegazioni pseudo-sociologiche, mettendo alla base delle proteste l'immigrazione e l'incapacità dello Stato di favorire l'integrazione. Una spiegazione valida solo a metà perché la quasi totalità di chi protesta è composta da francesi a tutti gli effetti, dal momento che provengono da famiglie di immigrati di seconda o terza generazione. Questo, però, non cancella le diseguaglianze della società francese, che appare refrattaria ad una integrazione degna di tale nome; una società che solo a pochi ''nuovi'' francesi consente di farsi scalare.  Oggi Le Monde in un editoriale scrive che ''la Francia non è alle prese con rivolte razziali o una guerra di civiltà, come vorrebbe far credere l'estrema destra, che sa tutto quello che ha da guadagnare gettando benzina sul fuoco. Gli abitanti delle periferie delle nostre città sono francesi di tutte le origini e stranieri che non hanno scelto di essere concentrati lì, ma lo sono stati in decenni di politica fondiaria, urbanistica e abitativa''. Il quotidiano ha un punto di vista chiaro: ''la 'politica cittadina' condotta per più di trent'anni ha cercato di unire tutti gli attori e le forze vive dei rioni e ha portato avanti un'intensa campagna di demolizione di sbarre e torri obsolete, sostituite da piccoli edifici. Anche se ha vissuto situazioni di stallo e soffre di scarso sostegno politico, ha trasformato il paesaggio di molte città e ne ha limitato il declino. Ma non è riuscita né a invertire la tendenza a relegare gli abitanti più poveri né a dotare i quartieri cosiddetti 'prioritari' di servizi pubblici equivalenti al resto delle città''. 

Quindi, alla base delle proteste c'è un risentimento giustificato vedendo che lo Stato ha fatto, comunque i misura minore rispetto a tutto quello che avrebbe dovuto. Uno Stato che forse avrebbe dovuto osare di più nel cammino intrapreso per integrare e togliere dall'emarginazione.  Le Monde si pone quindi degli interrogativi che è difficile non condividere: ''Come far aderire al discorso sull'uguaglianza repubblicana dei giovani che vivono come un'ingiustizia e un'umiliazione ogni loro contatto con i poliziotti? Come rendere credibile la promessa di inclusione sociale agli adolescenti presi di mira sia dalla segregazione urbana che da pratiche discriminatorie?''. E sul comportamento violento della Polizia - un fattore che sta diventando determinante nella rabbia dei ragazzi della banlieu - il quotidiano dice che ''il proliferare di comportamenti incivili e la proliferante economia del narcotraffico rendono certamente sempre più stressante e arduo il compito delle forze dell'ordine. Ma, dopo il dramma di Nanterre, la spirale di violenza non può arrestarsi definitivamente senza annunci forti su un nuovo codice di condotta per i controlli di polizia, chiaro e noto a tutti, e sul potenziamento della formazione dei dipendenti pubblici. Senza l'attuazione, inoltre, di politiche sostenibili volte a soddisfare le reali esigenze di sicurezza degli abitanti dei quartieri popolari''.
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