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Fiumi di dubbi in chiave di sol

- di: Barbara Leone
 
Ventisei no. Già solo per la tenacia, ai Jalisse bisognerebbe dargli la partecipazione onoraria al Festival di Sanremo. Non per una una questione di merito o talento, quanto di principio. Al Festival, anzi, dovrebbero proprio mettere una regola fissa: oltre tot canzoni bocciate, passi per sfinimento. Almeno ci eviteremmo ogni anno questo strazio dei perenni esclusi. Che poi, gira che ti rigira, sono sempre loro. Da ventisei anni, appunto. E cioè da quando, edizione 1997, vinsero coi loro “Fiumi di parole” destabilizzando un po’ tutti. Perché non li conosceva nessuno, e perché la canzone non era esattamente un capolavoro. Oggi la cosa non farebbe scalpore, visto che ormai big e non big stanno tutti insieme appassionatamente nello stesso minestrone. E di capolavori non se ne odono da quel dì. All’epoca, però, la divisione tra campioni e nuove proposte, seppur traballante, reggeva ancora. E così, giusto per dire, in quell’edizione tra i big c’erano personaggi come Al Bano, Loredana Bertè, Massimo Ranieri, Patty Pravo e altri ancora. Loro, i Jalisse, finirono nella categoria campioni grazie ad un ripescaggio dall’edizione precedente in cui avevano gareggiato tra le nuove proposte. Insomma, una roba all’italiana con poche idee e pure confuse. Mistero del televoto, vinsero pure. Anche se la canzone se la ricordano solo gli amici e parenti (quelli più stretti, però).

I Jalisse esclusi da Sanremo per il 26esimo anno

Le vendite del singolo furono infatti praticamente nulle, al contrario della Patty nazionale che sbancò con la meravigliosa “E dimmi che non vuoi morire” scritta da Vasco. Idem per Nek, la cui “Laura non c’è” divenne addirittura un tormentone. In quell’edizione, insomma, c’era decisamente di meglio: da Carmen Consoli “Confusa e felice”, alle “Storie” di Anna Oxa. Finanche il “Papa nero” degli esordienti “Pitura Freska era meglio della canzone dei geni incompresi Jalisse. Che, però, proprio in virtù di quella miracolosa vittoria ci sfracassano da anni le balls perché non li prendono più. E dire che da allora ne sono passati dall’Ariston di “dittatori artistici”, per dirla con Baglioni. Quindi, evidentemente, non c’è nulla di personale. Anche perché poi, Festival a parte, non è che abbiano partorito canzoni memorabili in questi ventisei anni. Per carità, è vero che negli ultimi tempi quel palco l’hanno calcato i personaggi più improbabili, e molto spesso senz’arte né parte. Ma dopo il primo, il secondo, il terzo, decimo e ventesimo no… magari uno si fa una domanda e si dà pure la risposta. Quella più onesta possibile. O, molto più semplicemente, lascia stare. Perdendo Sanremo. Ma vincendo in dignità ed eleganza. Che poi i Jalisse non ci hanno mai detto: ma in questi ventisei anni hanno presentato sempre la stessa canzone? Mistero nel mistero. Se invece sono ventisei canzoni diverse, basterebbe pubblicare un disco con tutti i pezzi bocciati per vedere se il pubblico sovrano ne decreta il successo. Infondo non è poi così difficile, mica esiste solo Sanremo che rema contro. Ce ne sono pure altri di santi in paradiso. Loro, però, dicono che no: non ci pensano proprio ad arrendersi e continueranno a provare. Lamentatio su lamentatio prima o poi la sfangheranno. O magari è solo una tattica per arrivare al record delle trenta esclusioni. Fiumi di dubbi in chiave di sol ci attanagliano in ogni dove. Ama oh Deus, pensaci tu. Fallì cantà, e non se ne parli più!
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