Bruxelles, lo stop degli eurosocialisti a Raffaele Fitto riapre le trattative della Von Der Leyen

- di: Alessandro Amati
 
Uno stop improvviso da parte di Ursula Von der Leyen all’annuncio dei 27 commissari europei. La strada sembrava in discesa, ma invece le cose sono andate diversamente, tanto da obbligare la presidente della Commissione a far slittare il tutto alla prossima settimana. Al centro della questione la sollevazione di socialisti, liberali e verdi, che non gradiscono che la vicepresidenza venga data all’esponente designato dal governo italiano, Raffaele Fitto. Fitto, com’è noto, fa riferimento al gruppo dei conservatori europei, che hanno votato contro la Von der Leyen, e sono all’opposizione all’Europarlamento. Von der Leyen, nelle settimane successive alla sua elezione, ha avuto numerosi contatti con Giorgia Meloni (oltre che con gli altri leader europei) e sembrava che fosse stata compiuta una ‘ricucitura’ dei rapporti politici fra Roma e Bruxelles. Ma è ovvio che, al dunque, scatta il gioco dei veti incrociati. Non sulla nomina di Fitto, che spetta all’Italia di diritto come Stato membro, ma sulle sue deleghe ‘pesanti’; e, su questo, la presidente non può ignorare il parere dei suoi partner di maggioranza. E dunque, i ‘mediatori’ si sono messi al lavoro, per trovare una formula di compromesso: con ogni probabilità mettendo mano al bilancino e redistribuendo i portafogli fra i vari Paesi.

Sulla nomina continua lo scontro tra maggioranza e opposizione

Sorprendentemente, Fitto pare trovare un sostegno negli esponenti italiani del Pd (che sono una consistente rappresentanza nel parlamento europeo): troppo facile l’accusa – in caso contrario – di essere contrari agli interessi dell’Italia. E inoltre, cinque anni fa, lo stesso Fitto votò a favore di Paolo Gentiloni commissario all’Economia. Certamente, la posizione del Pd rappresenta una scelta scomoda, e potrebbe rompere l’unità dei socialisti europei. Infine, le mediazioni spesso hanno dei ‘corollari’ che possono esulare dal merito del problema in esame. Che il governo italiano, su determinati argomenti (come il Mes) abbia avuto una posizione non europeista è noto. Altrettanto noto che il ministro dell’economia, Giorgetti, morda il freno sulle regole di bilancio concordate con Bruxelles (quest’estate arrivando anche a fare un paragone con i piani quinquennali di sovietica memoria). Temi che potrebbero pesare sull’esito del compromesso.
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