Acciaio: si rischia un ulteriore calo produttivo per Acciaierie d’Italia

 
Se per tutto il 2024 dovesse continuare a restare in funzione un solo altoforno (AFO4), si prevede un’ulteriore riduzione della produzione di Acciaierie d’Italia di circa 1,5 milioni di tonnellate di acciaio. È quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio Studi siderweb, che ha fotografato la situazione in cui versa il gruppo siderurgico, per cui è stata avviata nelle scorse ore la procedura di amministrazione straordinaria.

PRODUZIONE – Nel 2023, l’acciaio prodotto nello stabilimento di Taranto non ha superato i 3 milioni di tonnellate. 

Negli anni precedenti la media è stata di 5,1 milioni di tonnellate. La produzione è passata da 8,3 milioni di tonnellate alla fine della gestione della famiglia Riva, a 5,5 milioni dopo il sequestro della società, a 4,8 milioni durante la prima amministrazione straordinaria e a 3,7 milioni di tonnellate con il passaggio della gestione ad ArcelorMittal.

Da dicembre 2023 è attivo solo un altoforno dei 4 presenti a Taranto: AFO4, che ha una capacità produttiva di 2 milioni di tonnellate. Nelle scorse ore è stato sottoposto a una fermata per un’attività di manutenzione programmata (con tutti gli altiforni non in funzione per la prima volta nella storia dell’impianto). 
                     
«La graduale diminuzione della produzione provocata dalla progressiva obsolescenza degli impianti e dalla loro manutenzione limitata, dalla carenza di investimenti per ridurre le emissioni di carbonio e, infine, dall’aggravarsi della situazione di liquidità dell’azienda che ha reso difficile il ricorso ai finanziamenti necessari per l’acquisto di materie prime e sussidiarie, ha avuto conseguenze importati sul piano economico e sociale» ha analizzato Gianfranco Tosini dell’Ufficio Studi siderweb.

RIPOSIZIONAMENTO DEL MERCATO - Le esportazioni di prodotti siderurgici dell’ex ILVA, nel periodo 2013-2023, si sono ridotte di 11,7 miliardi di euro, con un impatto negativo del 2,6% sul totale dell’export italiano al netto dei prodotti petroliferi. Nello stesso periodo, le importazioni in Italia di prodotti piani in acciaio al carbonio (gli stessi prodotti dall’ex ILVA) sono passate da 4,2 a 8,1 miliardi di euro in valore (+94,5%) e da 7,5 a 9,9 milioni di tonnellate in quantità (+31,5%). «La differenza fra le due percentuali è dovuta alla forte crescita dei prezzi dei prodotti siderurgici negli ultimi anni» ha sottolineato Tosini. 

Il crescente approvvigionamento di prodotti piani (in particolare coils a caldo) dall’estero ha quindi aumentato la dipendenza nazionale dai Paesi extracomunitari. Le importazioni dai Paesi terzi sono passate da 2,7 a 6,3 milioni di tonnellate; quelle dai Paesi Ue si sono ridotte da 4,9 a 3,5 milioni di tonnellate. In particolare, la quota dei Paesi asiatici sulle importazioni totali di prodotti piani in acciaio al carbonio è salita dal 14,2% al 52,6%. Nel 2023, il Vietnam è diventato il primo esportatore di acciai piani in Italia con una quota del 15,2%, seguito dall’India con una quota del 13,8%.

«Per gli utilizzatori finali – ha spiegato Tosini – ciò ha comportato alcuni effetti negativi: allungamento dei tempi di approvvigionamento; maggiori costi di trasporto e logistica; aumento dei lotti minimi di acquisto, penalizzante soprattutto per i consumatori di minore dimensione; maggiore necessità di scorte e quindi più capitale circolante da finanziare».

GLI INTERVENTI – Per garantire la continuità produttiva nel medio e lungo periodo «bisogna ridefinire gli obiettivi dell’azienda, rafforzare la governance e coinvolgere tutti i portatori di interessi in un piano strategico in coerenza, con il quale programmare un consistente aumento di mezzi propri (capitale sociale)» ha analizzato Tosini. 

Questi gli interventi che sarebbe necessario programmare, secondo l’analisi: 

1. Decarbonizzazione del processo di produzione dell’acciaio secondo i tempi fissati dalla Commissione europea (abbattimento delle emissioni di CO2 del 62% nel 2030 rispetto al 2005 e il restante 38% entro il 2050), con la sostituzione di quasi tutti gli altiforni con forni elettrici e un impianto per la produzione di DRI necessario per garantire all’acciaio prodotto con il ciclo elettrico la stessa qualità del ciclo integrale. Una quota della produzione potrebbe essere prodotta ancora con altoforno e forno a ossigeno, impiegando come riducente l’idrogeno verde al posto del carbone.

2. Ammodernamento e adeguamento degli impianti per produrre acciai di qualità offerti dai principali competitor: lamierino magnetico per la produzione di autoveicoli elettrici, acciai alto-resistenziali a basso contenuto di carbonio e di elementi microlegati per aumentare la resistenza, la tenacità e ridurre il peso degli acciai.
 
3. Interventi volti a ridurre la fragilità di Acciaierie d’Italia per quanto riguarda il profilo organizzativo (contenimento dei costi e aumento della produttività) e commerciale (ampliamento dei mercati e fidelizzazione dei clienti), nonché a motivare, far crescere e mantenere il personale al proprio interno.
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Italia Informa n° 2 - Marzo/Aprile 2024
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