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WhatsApp al centro dello scontro sull’IA: l’Antitrust ferma Meta

- di: Marta Giannoni
 
WhatsApp al centro dello scontro sull’IA: l’Antitrust ferma Meta
WhatsApp, l’Antitrust ferma il “filtro” su Meta AI

WhatsApp, l’Antitrust ferma il “filtro” su Meta AI. Clausole congelate, concorrenti “salvati” e un messaggio chiarissimo: la porta dell’AI non si chiude a chiave.

La scena è questa: apri WhatsApp e trovi un invito sempre più invadente a dialogare con l’assistente di casa Meta. Fin qui, ordinaria spinta di prodotto. Il punto è il “dietro le quinte” della distribuzione: secondo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), alcune nuove regole di accesso a WhatsApp Business avrebbero finito per tagliare fuori i chatbot AI rivali, trasformando la piattaforma in un corridoio a senso unico.

Risultato: l’AGCM ha imposto a Meta la sospensione immediata delle condizioni contrattuali contestate, in modo da preservare l’accesso di operatori concorrenti a WhatsApp mentre l’istruttoria prosegue. Meta ha replicato definendo la misura ingiustificata e ha annunciato ricorso.

Che cosa ha deciso l’AGCM e perché è una mossa “pesante”

Il provvedimento è una misura cautelare: non è la sentenza finale, ma un “congelamento” della situazione per evitare effetti irreversibili sul mercato. Al centro c’è il sospetto di abuso di posizione dominante (articolo 102 TFUE) legato a due leve: l’integrazione di Meta AI in WhatsApp e le regole che governano l’uso delle WhatsApp Business Solution Terms.

La novità che ha fatto scattare l’allarme è legata a clausole introdotte a partire dal 15 ottobre 2025 e destinate, per chi era già operativo sulla piattaforma, a produrre pienamente i loro effetti dal 15 gennaio 2026. Secondo l’Autorità, quelle condizioni avrebbero potuto escludere “di fatto” le AI generaliste concorrenti di Meta AI dall’ecosistema WhatsApp, colpendo un canale che per molti servizi è il punto di contatto più naturale con gli utenti.

La timeline: da “Chiedi a Meta AI” allo stop dell’Antitrust

  • Marzo 2025: in Italia Meta AI viene integrata in WhatsApp, con visibilità privilegiata nella schermata principale e nella ricerca.
  • 22 luglio 2025: l’AGCM avvia un’istruttoria per verificare un possibile abuso legato al “legame” tra WhatsApp e Meta AI.
  • 15 ottobre 2025: entrano in campo nuove condizioni per l’uso della piattaforma business che incidono sugli operatori AI.
  • 25 novembre 2025: l’AGCM amplia l’indagine alle nuove clausole e attiva il procedimento cautelare.
  • 22 dicembre 2025: l’AGCM adotta la misura cautelare, imponendo la sospensione delle condizioni contestate.
  • 15 gennaio 2026: è la data in cui, senza stop, per molti operatori già presenti sarebbe scattata l’esclusione piena.

Il cuore del caso: WhatsApp è un “canale” o un “cancello”?

Meta sostiene che la questione sia soprattutto tecnica e organizzativa: la crescita dei chatbot AI sulle API business avrebbe messo sotto pressione sistemi non progettati per quel tipo di utilizzo. In questa lettura, WhatsApp non sarebbe un “app store mascherato”, e i canali naturali per i fornitori di AI resterebbero app store, siti web e partnership. In sostanza: non state “buttando fuori” i rivali, state solo proteggendo l’infrastruttura.

L’AGCM, però, guarda all’effetto economico: se un soggetto dominante nella messaggistica rende WhatsApp il passaggio più efficiente (o inevitabile) per parlare con milioni di persone, allora imporre condizioni che colpiscono proprio gli AI provider concorrenti può diventare una strategia di chiusura del mercato. E l’Autorità teme che il danno, una volta consumato, sia difficile da riparare: utenti abituati a un assistente “di default” raramente tornano indietro.

Le voci dei concorrenti: “Qui si decide la distribuzione, non un dettaglio tecnico”

Nel fascicolo entrano anche interventi e audizioni di operatori del settore. OpenAI, ad esempio, ha descritto WhatsApp come uno snodo chiave: “WhatsApp è un canale fondamentale per raggiungere gli utenti dei servizi AI”. E ha portato numeri e dinamiche di utilizzo per dimostrare che la presenza in chat non è un capriccio, ma un vettore di adozione.

Sempre secondo quanto riportato negli atti dell’AGCM, OpenAI evidenzia che dal lancio a fine 2024 ChatGPT su WhatsApp avrebbe raggiunto decine di milioni di utenti globali, con una quota importante di attività in UE e in Italia, e che una parte rilevante di questi utenti userebbe il servizio solo dentro WhatsApp. In altre parole: togliere quel canale significa tagliare via persone che non si sposteranno automaticamente su app o web.

C’è poi un precedente raccontato da Luzia (Elcano): un tentativo di “trasloco” degli utenti da WhatsApp a un’app proprietaria, nel 2024, avrebbe provocato un calo del 50–60% degli utenti medi mensili. Traduzione brutale: quando sposti la conversazione fuori dall’app dove la gente vive già, una parte enorme resta indietro.

Il fronte consumatori: scelta, concorrenza e anche privacy

Il provvedimento è stato accolto con favore dal Codacons, che rivendica di aver acceso la miccia con un esposto presentato nei mesi precedenti. L’associazione insiste su due piani: concorrenza (il rischio “monocanale” su WhatsApp) e tutela degli utenti, con l’attenzione puntata anche su profili di privacy e consenso, considerato il ruolo pervasivo che un assistente integrato può assumere nell’esperienza quotidiana.

Il fattore europeo: stessa partita, tavoli diversi

La storia non resta confinata in Italia. La Commissione europea ha aperto una propria indagine antitrust sulla politica di Meta relativa all’accesso dei fornitori AI a WhatsApp, e i due binari risultano coordinati. Questo significa una cosa sola: il caso è considerato un test cruciale su come si governa la competizione nell’AI quando la distribuzione passa dalle piattaforme di messaggistica.

Cosa succede adesso: tre scenari concreti

Da qui in avanti la partita si gioca su tempi e rimedi. In modo molto concreto, gli scenari sono tre:

  1. Stop confermato e regole riscritte: l’istruttoria porta a obblighi stabili, con condizioni trasparenti e non discriminatorie per i chatbot rivali.
  2. Compromesso tecnico: Meta introduce limiti, quote, costi di infrastruttura o requisiti di sicurezza uguali per tutti, per rispondere al tema “stress dei sistemi” senza trasformarlo in un’esclusione selettiva.
  3. Vittoria in giudizio di Meta: se il ricorso smonta l’impianto cautelare, le clausole potrebbero rientrare in vigore (con inevitabile effetto domino sul mercato e sulle strategie dei competitor).

Una cosa, però, è già chiarissima: l’AI non si gioca soltanto su chi ha il modello migliore, ma su chi controlla i percorsi di accesso agli utenti. E quando quel percorso è un’app che milioni di italiani aprono più volte al giorno, l’Antitrust non intende restare a guardare.

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