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L’inflazione USA frena la Fed e rafforza il dollaro

- di: Strategy Unit di Pictet Asset Management
 
L’inflazione USA frena la Fed e rafforza il dollaro

Le tendenze inflazionistiche globali iniziano a divergere leggermente, aprendo opportunità all'interno del mercato del debito sovrano; ciononostante restiamo complessivamente neutrali sulle obbligazioni. Per il momento, la nostra view sul comparto obbligazionario è influenzata dalla forza del dollaro USA.  La persistenza dell'inflazione statunitense ha infatti sostenuto il biglietto verde e potrebbe indurre la Fed a mantenere i tassi ai livelli attuali anche nella seconda metà dell'anno. Ciò, a sua volta, ci spinge a ridurre da sovrappeso a neutrale la nostra esposizione alle obbligazioni dei mercati emergenti (ME) in valuta locale. Il rendimento delle obbligazioni dei mercati emergenti in valuta locale resta interessante, pari al 6,6% rispetto alla media a 10 anni del 4,6%, sebbene la sovraperformance dell'economia statunitense stia erodendo il vantaggio di crescita dei ME.  Dall’altra parte, nonostante la persistenza dell'inflazione statunitense, vediamo valore anche nei Treasury USA, le cui valutazioni ora appaiono più interessanti con la risalita dei tassi a breve ai massimi ciclici; questo vale in particolare per i Treasury USA protetti dall'inflazione che continuiamo a sovrappesare. Il rendimento dei TIP è tornato a essere allineato al tasso di crescita del PIL reale - rispettivamente 2,2% e 2,3% - per la prima volta dalla crisi finanziaria globale (si veda la Fig.1).

Gli impatti sulle valute

A livello globale, il trend disinflazionistico appare più deciso nel Regno Unito e ci spinge a sovrappesare i gilt britannici. La politica monetaria accomodante ha invece reso costose le obbligazioni svizzere e giapponesi, motivo per cui manteniamo un sottopeso su questi mercati. Restiamo costruttivi sul credito investment grade statunitense, che beneficerebbe di uno scenario disinflazionistico di crescita inferiore al potenziale. Interessante appare anche il credito high yield a breve, sostenuto da un potenziale di sovra-rendimento rispetto alle obbligazioni, date le nostre limitate aspettative sui rendimenti da duration; anche il livello di carry rimane allettante. Pur convinti della validità dell'oro come investimento a lungo termine, abbiamo tatticamente scelto di ridurre la nostra esposizione al metallo prezioso.  Sebbene l'oro sia ben sostenuto dalla domanda di alcune banche centrali dei mercati emergenti, riteniamo che la sua valutazione sia elevata. Siamo quindi passati dal sovrappeso a una ponderazione del benchmark, in attesa di un momento migliore per rientrare nel mercato. Abbiamo inoltre declassato a sottopeso il franco svizzero. Riteniamo che sia vantaggioso avere un'esposizione a un rialzo del dollaro, poiché, per il momento, la Fed è costretta ad aspettare invece che allentare la sua politica monetaria. Potrebbe inoltre essere il momento giusto per scambiare parte della valuta svizzera con il dollaro, dato che la Banca centrale svizzera ha già iniziato il suo ciclo di allentamento.

Preoccupazioni per l'inflazione USA

L'aumento della pressione inflazionistica negli Stati Uniti ha turbato gli investitori in aprile, costringendoli a un ripensamento sulle tempistiche della Fed nel dare inizio al taglio dei tassi. Sebbene i prezzi dei beni si siano comportati meglio (grazie anche alle pressioni disinflazionistiche provenienti dalla Cina), la crescita dei salari è stata pericolosamente elevata, così come i costi dei servizi, non da ultimo a causa della forza del mercato immobiliare statunitense. Allo stesso tempo, il conflitto in Medio Oriente sta spingendo verso l'alto i prezzi del petrolio. Il cambio di direzione dell'inflazione ha depresso le azioni statunitensi, scese del 4,1% nel mese. Ha inoltre spinto verso l'alto i rendimenti dei Treasury, in particolare sulla parte corta della curva: il total return sulle obbligazioni sovrane statunitensi è sceso del 3,3% ad aprile. Allo stesso tempo, le aspettative di tassi statunitensi più elevati a lungo hanno consentito al dollaro di riguadagnare terreno nei confronti di quasi tutte le altre valute sviluppate ed emergenti.  Seguendo la linea dei Treasury USA, i titoli di Stato sono in genere rimasti indietro, con perdite per lo più comprese tra l'1% e il 3% nel mese. Nel complesso, il credito ha sofferto insieme ai mercati azionari, con l'investment grade statunitense sceso di circa il 2% su base mensile.

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