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Affitti brevi, il 2026 come spartiacque: quando la rendita diventa impresa

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Affitti brevi, il 2026 come spartiacque: quando la rendita diventa impresa
C’è una scadenza che pesa più di molte dichiarazioni politiche: il 2026. Da quell’anno, nel sistema degli affitti brevi, scatterà una distinzione netta tra gestione privata e attività d’impresa. Non un divieto né una stretta improvvisa, ma una linea di confine tracciata dal fisco che rischia di cambiare le strategie di migliaia di proprietari e l’equilibrio del mercato immobiliare.

Affitti brevi, il 2026 come spartiacque: quando la rendita diventa impresa

Il principio è semplice nella sua formulazione e complesso nei suoi effetti: oltre una determinata soglia di immobili destinati alle locazioni brevi, l’attività sarà considerata imprenditoriale. Questo significa uscire dall’area della gestione occasionale e entrare in quella del business vero e proprio, con partita IVA, adempimenti contabili e contributivi. Non è solo una questione di tasse, ma di identità economica: non più proprietari che affittano, ma operatori del mercato.

La cedolare resta, ma con confini più stretti

Formalmente la cedolare secca al 21% resta in piedi per chi rimane entro i limiti della locazione non imprenditoriale. Ma la stabilità è solo apparente. Il passaggio al regime d’impresa non dipende da una scelta, bensì da una presunzione di legge. Basta superare la soglia prevista perché cambi completamente il quadro fiscale, con un impatto che va ben oltre l’aliquota e incide sui costi complessivi di gestione.

Il peso reale del cambio di regime

Il vero spartiacque non è l’imposta sul reddito, ma il salto di perimetro. L’ingresso nel regime imprenditoriale comporta contributi, burocrazia e una struttura di costi che trasforma radicalmente la redditività dell’investimento immobiliare. È qui che la riforma mostra il suo carattere economico più incisivo: costringe a fare i conti, a ricalcolare margini, a decidere se restare piccoli o diventare strutturati.

Una risposta indiretta alla crisi abitativa

Dietro la misura c’è anche una lettura politica del mercato. Gli affitti brevi non sono più una nicchia, ma un fattore che incide sui prezzi e sulla disponibilità di case nelle città. Rendere meno conveniente l’accumulo di immobili destinati esclusivamente al turismo significa tentare di riequilibrare l’offerta, spingendo una parte delle abitazioni verso il mercato residenziale. Non una soluzione definitiva, ma un segnale chiaro di indirizzo economico.

Il mercato davanti a una scelta

Dal 2026 il settore dovrà decidere da che parte stare. Restare sotto soglia e continuare a operare come locazione privata oppure accettare il salto e assumere il profilo dell’impresa, con tutte le conseguenze del caso. In mezzo ci sono le città, i loro equilibri sociali, i prezzi degli affitti e la trasformazione dei centri urbani.

Quando il mattone diventa economia reale


Questa riforma non fa rumore, ma lavora in profondità. Tocca uno dei pilastri dell’economia italiana, il mattone, e lo sposta definitivamente dal terreno della rendita passiva a quello dell’attività economica regolata. È il segnale di un cambio di stagione: la casa resta un bene, ma quando diventa mercato, lo Stato chiede che sia trattata come tale.
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