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L’Europa si spacca sul clima: vertice Ue a rischio prima della COP30

- di: Marta Giannoni
 
L’Europa si spacca sul clima: vertice Ue a rischio prima della COP30
L’Europa si spacca sul clima: vertice Ue a rischio prima della COP30
Il vertice di Bruxelles sul tavolo: tra industria, auto e ambizioni verdi.

(Foto: una riunione della commissione Ue).

L’Unione Europea arriva al vertice del 23 ottobre con una frattura evidente sulla rotta climatica. In agenda c’è la traiettoria verso il taglio delle emissioni al 2040, passaggio cruciale per la neutralità al 2050. Ma il confronto tra Stati membri è ostico: da una parte chi difende l’asticella alta, dall’altra chi invoca maggiore flessibilità per proteggere competitività e lavoro.

Obiettivi in discussione

Si punta a definire linee guida politiche che i ministri dell’Ambiente tradurranno in target numerici nelle prossime settimane. La traiettoria di medio periodo prevede per il 2035-2040 una fascia di riduzione già discussa, mentre sul 2040 l’asticella di un taglio vicino al 90% resta il punto più sensibile. Senza numeri chiari, la capacità dell’Europa di guidare la transizione rischia di indebolirsi.

Industria e filiere strategiche

L’urgenza è accompagnare la transizione nei settori a maggiore impatto: automotive, acciaio, metalli, chimica, aerospazio, cantieristica. Qui si gioca la compatibilità tra obiettivi climatici e base produttiva. I governi chiedono incentivi mirati, certezza regolatoria, accesso al capitale e tempistiche realistiche per gli adeguamenti tecnologici.

Il nodo auto e la neutralità tecnologica

Il capitolo più politico resta lo stop ai motori a combustione dal 2035. Alcuni esecutivi spingono per la cosiddetta neutralità tecnologica, aprendo a carburanti sintetici e bio come soluzione ponte, insieme all’elettrico. La scelta dell’Ue sul perimetro e sulla tempistica di questa neutralità avrà effetti diretti su investimenti, occupazione e catene del valore.

Crediti di carbonio e integrità degli obiettivi

Nel pacchetto compare la possibilità per gli Stati di utilizzare una quota limitata di crediti di carbonio extra-Ue. I sostenitori la considerano una valvola di flessibilità; i critici temono che diluisca l’integrità degli obiettivi e sposti fuori dall’Europa parte dello sforzo di decarbonizzazione. La questione è delicata: serve evitare effetti di rimbalzo e garantire trasparenza nella contabilità climatica.

Tempistica e mandato verso la Cop30

La Cop30 in Brasile impone una scadenza stringente: l’Europa deve presentarsi con un mandato chiaro. Se il vertice non produrrà un’intesa forte, i ministri saranno chiamati a colmare rapidamente i vuoti per evitare di arrivare spaccati al tavolo globale. In gioco non c’è solo la reputazione: ci sono capitali e tecnologie che si muovono dove trovano regole stabili.

Impatto per l’Italia

Per l’Italia la sfida è conciliare ambizione climatica e tutela della competitività. La filiera auto, l’acciaio e la componentistica chiedono una roadmap praticabile, con strumenti per la riconversione e politiche attive del lavoro. Le imprese hanno già avviato investimenti su elettrico, biocarburanti e efficienza: ciò che serve è visibilità di lungo periodo e coerenza degli incentivi.

Gli scenari possibili

  • Target alto e credibile: un obiettivo vicino al −90% al 2040 darebbe un segnale forte ai mercati e orienterebbe capitali e innovazione verso l’Europa.
  • Compromesso minimo: definire solo una fascia per il 2035-2040 rischia di rimandare scelte decisive e di ridurre l’appeal europeo nella corsa globale alle tecnologie pulite.
  • Flessibilità eccessiva: un ricorso ampio a crediti esterni eroderebbe la credibilità della transizione e lascerebbe indietro la modernizzazione degli impianti in Europa.

La posta in gioco

La partita non è ideologica: è industriale e geopolitica. Senza obiettivi solidi e strumenti efficaci, l’Europa rischia di subire le scelte altrui su batterie, idrogeno, materiali critici e intelligenza artificiale applicata all’energia. Con un mandato forte, può invece guidare standard e filiere, difendendo l’occupazione e la sicurezza energetica.

“Servono decisioni chiare e attuabili: la credibilità dell’Europa si misura adesso”, è il refrain che rimbalza tra le capitali: non più annunci, ma esecuzione.

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