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Ue, slitta la revisione auto 2035: biocarburanti in pole

- di: Jole Rosati
 
Ue, slitta la revisione auto 2035: biocarburanti in pole
Ue, slitta la revisione auto 2035: biocarburanti in pole
Bruxelles prende tempo sul pacchetto auto: lo stop ai motori termici dal 2035 resta, ma sul tavolo entrano biocarburanti avanzati, ibridi e carburanti sintetici. Italia e Germania spingono, ambientalisti sul chi va là.

La norma sul 2035: cosa prevede davvero

Dal 2035, in base al regolamento europeo sulle emissioni di CO₂ per auto e furgoni, tutti i nuovi veicoli immatricolati dovranno essere a emissioni zero allo scarico. Non è scritto da nessuna parte che dovranno essere per forza elettrici a batteria, ma a conti fatti oggi è l’unica tecnologia matura e scalabile.

Il quadro attuale prevede tappe intermedie precise: riduzione del 15% delle emissioni medie già a metà decennio, poi un salto più marcato tra il 2030 e il 2034, quando i costruttori dovranno tagliare oltre la metà della CO₂ rispetto al 2021. La vera cesura, però, resta il 1° gennaio 2035, quando il target diventa il 100% di riduzione.

In origine, il regolamento fissava una revisione per il 2026 per verificare l’andamento del mercato, il ruolo delle ibride plug-in e l’eventuale spazio per carburanti sintetici. Ora quella verifica è stata di fatto anticipata: la partita politica si gioca prima, perché la scadenza del 2035 ha smesso di essere un totem intoccabile.

Perché Bruxelles ha deciso di prendersi qualche settimana

Il pacchetto sull’automotive che doveva essere presentato a dicembre viene spinto in avanti di alcune settimane. Non si parla di un rinvio epocale, ma di tempo aggiuntivo per chiudere un dossier esplosivo: revisione degli standard di CO₂, misure di semplificazione per il settore auto, sostegno alla filiera delle batterie e nuove regole per le flotte aziendali.

Il commissario responsabile, Apostolos Tzitzikostas, ha chiarito che l’obiettivo è arrivare con un pacchetto “davvero completo”, capace di tenere insieme clima, industria e occupazione. Tradotto: niente annuncio affrettato, ma un testo che cerchi di disinnescare il fronte del no senza far saltare gli obiettivi climatici.

La Commissione ha ancora sul tavolo i contributi dei governi e delle parti interessate: case automobilistiche, fornitori, ong ambientaliste, sindacati. Solo dopo questo round di confronto, l’esecutivo Ue metterà nero su bianco la proposta legislativa che poi passerà al Parlamento europeo e ai 27 governi.

Un pacchetto auto che vale anche per batterie e burocrazia

La revisione degli standard di CO₂ non viaggia da sola. Fa parte di un più ampio Piano d’azione industriale per l’automotive con cui Bruxelles cerca di rispondere alla doppia pressione di Cina e Stati Uniti e di tenere insieme transizione verde e competitività.

Il cuore economico del pacchetto è il cosiddetto “Battery Booster”: fino a 1,8 miliardi di euro dal Fondo per l’innovazione per rafforzare la filiera europea delle batterie tra 2025 e 2027, a cui si aggiunge circa 1 miliardo tramite Horizon Europe per ricerca e sviluppo su veicoli connessi, autonomi e tecnologie avanzate. Cifre importanti sulla carta, ma giudicate modeste da una parte dell’industria rispetto agli investimenti miliardari messi sul piatto da Stati Uniti e Cina.

Accanto agli incentivi industriali, nel pacchetto compaiono misure di semplificazione regolatoria: procedure più rapide per le autorizzazioni dei progetti strategici, regole più chiare per la rete di ricarica, un quadro comune per la guida autonoma, e un’attenzione crescente alle flotte aziendali, che potrebbero diventare un acceleratore obbligato della transizione, con obiettivi minimi di elettrificazione fissati a livello nazionale.

Italia, biocarburanti e neutralità tecnologica

L’Italia vede in questa revisione un’occasione per rimettere in partita i biocarburanti avanzati, soprattutto l’HVO prodotto da materie prime di scarto, su cui puntano pesantemente Eni e altri operatori nazionali. Il governo rivendica da mesi il principio della “neutralità tecnologica”: non solo auto elettriche, ma qualunque soluzione che azzeri o quasi la CO₂ lungo l’intero ciclo di vita.

La pressione italiana, iniziata già durante i primi negoziati sullo stop al 2035, si è intensificata nel 2025, con Roma in prima fila nei Consigli europei e nelle alleanze internazionali sui biocarburanti. L’obiettivo dichiarato è chiaro: ottenere una deroga esplicita per i carburanti avanzati che consenta di continuare a produrre e vendere veicoli con motore a combustione interna, purché alimentati da combustibili con impronta di CO₂ molto ridotta.

Per l’Italia la partita non è solo ambientale ma industriale: tutela delle raffinerie riconvertite, salvaguardia di posti di lavoro nella filiera dei componenti per motori termici, protezione di marchi storici che temono uno shock troppo brusco verso il full electric.

Germania, lettera a Bruxelles per salvare gli ibridi

Se Roma spinge sui combustibili, Berlino difende anche l’hardware. La cancelliera Friedrich Merz ha inviato una lettera alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, per chiedere che anche dopo il 2035 possano essere immatricolate auto ibride con un doppio sistema di propulsione: motore elettrico e motore a combustione.

L’idea tedesca è netta: permettere il proseguimento sul mercato di vetture che combinano batterie e motori ultra efficienti, a condizione che le emissioni residue vengano compensate lungo la filiera dei carburanti e dei trasporti. In pratica, un sistema di “bilancio” delle emissioni che salva una finestra per i motori termici più moderni e per gli ibridi plug-in.

Dietro la presa di posizione c’è il peso di un settore che rappresenta centinaia di migliaia di posti di lavoro tra costruttori e fornitori. Volkswagen, BMW, Mercedes e l’intero indotto temono che un passaggio troppo rapido all’elettrico puro apra un’autostrada ai costruttori cinesi, già molto aggressivi sui prezzi e sulla capacità produttiva di batterie e veicoli.

Il fronte tedesco, oggi, non è isolato: diversi Paesi dell’Est Europa, che ospitano grandi stabilimenti di assemblaggio, guardano con favore a qualunque soluzione che diluisca l’impatto della tagliola del 2035 su fabbriche e occupazione.

Ong e scienziati: il rischio di un grande alibi fossile

Mentre i governi litigano sulle tecnologie, le organizzazioni ambientaliste accusano Bruxelles di cedere alle lobby dei combustibili e dell’auto. Sul banco degli imputati ci sono soprattutto i biocarburanti usati per le auto.

Gli esperti ricordano che la disponibilità di biomassa sostenibile è limitata e che gli usi prioritari dovrebbero essere aviazione e navigazione, dove le alternative all’elettrico sono poche. Estendere massicciamente i biocarburanti anche alle auto rischierebbe di richiedere quantità di terreni coltivati e scarti agricoli semplicemente irrealistiche.

Alcune analisi parlano di fabbisogni di materie prime tali da rendere necessaria una vera e propria corsa alle superfici agricole, con effetti a catena sui prezzi del cibo, sulle foreste e sulla biodiversità. Il timore di fondo è chiaro: trasformare biocarburanti ed e-fuel in un alibi per prolungare la vita commerciale del motore a combustione, ritardando investimenti e innovazione sull’elettrico.

Anche sugli ibridi plug-in gli ambientalisti non fanno sconti: i dati reali d’uso mostrano spesso consumi ed emissioni ben superiori a quelli dichiarati, soprattutto nelle flotte aziendali, quando il motore elettrico viene usato poco o nulla. Da qui la richiesta di non allentare troppo le maglie su un segmento che negli anni scorsi ha beneficiato di ampi incentivi.

Cosa cambia per automobilisti e industria

Per chi guida, nulla si muove dall’oggi al domani: il 2035 resta una data lontana sulla carta, ma il mercato si sta già adattando. Le vendite di elettriche e ibride plug-in sono in crescita, anche se con forti differenze tra Paesi, e intanto i costruttori rivedono piani industriali e gamma modello per non trovarsi fuori dai giochi.

Per l’industria, invece, ogni sfumatura nelle norme fa la differenza. Una revisione che apra davvero a biocarburanti avanzati, e-fuel e ibridi plug-in oltre il 2035 darebbe ossigeno a chi ha ancora molto capitale immobilizzato nel termico e ha bisogno di più tempo per ammortizzare impianti, competenze, catene di fornitura.

Dall’altro lato, una deroga troppo ampia rischia di generare incertezza, allungare i tempi della transizione e scoraggiare investimenti in gigafactory, ricerca sulle batterie, infrastrutture di ricarica. La scelta della Commissione sarà quindi un segnale potentissimo su dove l’Europa vuole davvero andare nei prossimi quindici anni.

I prossimi passi: calendario e scenari

Sul piano procedurale, la sequenza è chiara: la Commissione presenta il nuovo pacchetto auto, con la revisione del regolamento sulle emissioni e le altre misure industriali; poi la palla passa a Parlamento e Consiglio, dove governi e gruppi politici potranno emendare il testo. Il negoziato finale potrebbe durare mesi.

Lo scenario più probabile oggi è una conferma della data del 2035 con una serie di aperture: considerazione formale di biocarburanti avanzati ed e-fuel, finestra regolata per ibridi plug-in e range extender, e strumenti finanziari e regolatori più robusti per sostenere batterie, colonnine e riconversione industriale.

Se questa linea passerà, l’Unione potrà dire di aver difeso gli obiettivi climatici concedendo al tempo stesso un margine di manovra all’industria. Se invece prevarrà la spinta a rinviare o annacquare il 2035, si aprirà un fronte politico e reputazionale complicato proprio mentre Stati Uniti e Cina corrono nella nuova geografia della mobilità elettrica.

Una cosa è certa: la revisione non è un dossier tecnico, ma il vero stress test del Green Deal nei motori. E ogni parola inserita o tolta nelle prossime settimane si tradurrà, tra qualche anno, in fabbriche aperte o chiuse, colonnine montate o mai installate, nuove tecnologie sviluppate in Europa o importate dall’altra parte del mondo.

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