Euro-scandalo: perseguire i corrotti, ma non cadere nell'ipocrisia

- di: Redazione
 
Lo stanno chiamando ''euro-scandalo'' oppure ''Qatar-gate'', ma sarebbe molto più giusto ed anche intellettualmente corretto dire che quanto sta accadendo, nelle paludate atmosfere del Parlamento europeo, conferma quello che si sapeva da tempo. Cioè che il Qatar (ma non è il solo), da anni, porta avanti una aggressiva politica, fatta di intrecci, di relazioni, di contiguità ambigue, per accreditarsi come soggetto politico affidabile negli ambienti internazionali. E non è che questo accade o è accaduto soltanto dopo la sorprendente attribuzione al Qatar dei mondiali di calcio, perché già prima l'emirato si è reso protagonista di azioni politiche che, soprattutto grazie alla leva economica, gli hanno reso possibile creare relazioni con molti Paesi, soprattutto con quelli per i quali i suoi ''petrodollari'' erano vitali per l'avvio di lavori legati a importanti infrastrutture.

Euro-scandalo: perseguire i corrotti, ma non cadere nell'ipocrisia

Un'opera di penetrazione sociale ed economica - comunque lecita, perché attuata sotto la forma di prestiti, a tassi agevolati, ma pur sempre prestiti, non certo regalie - che, soprattutto in Nord Africa, ha anche coinciso con quella religiosa, con il Qatar (sunnita con una forte connotazione wahabita) che ha mandato predicatori in giro per Marocco, Tunisia, Algeria a fare proselitismo soprattutto tra le classi meno abbienti, diventate un incubatore per il radicalismo musulmano. Che oggi ci si accorga che il Qatar potrebbe - il condizionale è d'obbligo, visto che le indagini sono ancora all'inizio - avere oliato alcuni meccanismi decisionali dell'europarlamento per accreditarsi significa sostanzialmente negare un'evidenza, cioè che quella che la maggiore istituzione assembleare europea è pericolosamente esposta a condizionamenti finalizzati all'ottenimento di influenza.

Il pericolo principale, in casi del genere, è quello di generalizzare, come purtroppo sta accadendo in queste ore, nelle quali il racconto comune a Bruxelles è quello di una ''Italian connection'' che ruotava intorno ad una sorta di stigma incollato al nostro Paese, ovvero quello di approfittare delle cariche pubbliche per ottenere dei benefici personali.
Che Antonio Panzeri sia stato un parlamentare europeo eletto in Italia è un dato di fatto; che nel suo comportamento possano essere emerse delle irregolarità è, agli occhi dei magistrati belgi, un'altra evidenza.
Ma che questo induca a pensare all'esistenza di un disegno che abbia come caratteristica fondante l'essere italiani è una cosa che offende non soltanto il nostro Paese, ma la stessa comunità europea, dando la stura a considerazioni generali che non possono adattarsi all'interezza di un popolo solo perché un suo appartenente potrebbe avere tenuto comportamenti illegali, prolungati nel tempo e che hanno coinvolto anche altri soggetti.

Se c'è un corrotto c'è anche un corruttore; se c'è chi ''vende'' la sua attività politica ad un Paese esterno è una colpa personale e non può essere certo ricondotta ad uno schema che si fondi sull'appartenenza ad una Nazione. Se le indagini confermeranno il ruolo di Panzeri in questa vicenda è giusto che egli affronti di un giudizio e abbia modo di difendersi. Certo, la scoperta di una enorme quantità (in casa sua, come in quella dell'ormai ex vicepresidente dell'Europarlamento Eva Kaili, anche lei in stato d'arresto) di euro di dubbia provenienza legale è un elemento che sembrerebbe inchiodare a responsabilità certe. Ma anche al sospetto che il denaro fosse ''parcheggiato'' in attesa di essere consegnato ad altri, perché appare semplicistico pensare che - sempre che siano confermate le tesi dell'accusa - il Qatar abbia pensato di condizionare il Parlamento europeo ''comprando'' solo un paio di deputati, seppure con incarichi di prestigio.

Forse sarebbe il caso di farsi una domanda: non è che lo stesso Europarlamento e le altre strutture comunitarie si prestino troppo a ''tentazioni'', mancando degli anticorpi necessari per respingerle?
Perché è notorio che all'interno delle strutture europee ci sia chi esercita la funzione di lobbing e che da essa essa tragga ovviamente benefici. Quello che è difficile definire è dove sia il confine tra un esercizio lecito della funzione di ''sensibilizzatore'' e la corruzione pura e semplice. Panzeri, se abbiamo capito bene, ha convinto alcuni europarlamentari a prendere le difese del Qatar. Secondo l'accusa, usando mezzi poco o affatto leciti. Ma una difesa degna di tale nome, potrebbe dire che le frasi (oggettivamente sconcertanti) pronunciate in Assemblea da Kaili e da un altro parlamentare, il belga Mark Tarabella (non indagato) in difesa del Qatar, definito alla stregua della culla dei diritti dei lavoratori, sono state frutto di un libero convincimento e non invece di un ''do ut des'' a base di borsoni pieni di euro. Se un aspetto positivo c'è in questa vicenda - oltre alla scoperta degli illeciti - è che l'Europa comunitaria non potrà più fare finta di nulla e cominciare a mettere in chiaro che Bruxelles e Strasburgo rappresentano l'Europa onesta e non un terreno come la mala pianta delle tentazioni attecchisce con troppa facilità.
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