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Coca-Cola alla canna? Dietro la svolta di Trump lobby e propaganda

- di: Jole Rosati
 
Coca-Cola alla canna? Dietro la svolta di Trump lobby e propaganda

Dalla Florida all’Iowa, la guerra tra mais e zucchero divide l’America. Ma il vero obiettivo del presidente è politico, non salutista.

(Foto: fotomontaggio con Trump che beve la Coca Cola).

“Ho parlato con Coca Cola perché usi VERO zucchero di canna nella bibita prodotta per gli Stati Uniti. E hanno detto sì”. Con questo annuncio su Truth Social Donald Trump ha lanciato una svolta destinata a far discutere. I media conservatori l’hanno celebrata come un trionfo della “nuova America trumpiana”, ma dietro la promessa di una Coca-Cola “più naturale” si muovono dinamiche ben più complesse.

La stessa azienda, infatti, non ha confermato nulla. Ha preferito restare vaga: “Ci saranno nuove offerte innovative per i nostri consumatori”, ha dichiarato un portavoce, senza mai parlare esplicitamente di una riformulazione nazionale. Il punto è che l’uscita di Trump ha ben poco a che vedere con la salute pubblica.

Dietro lo zucchero c’è la politica agricola

Per capire questa mossa, occorre guardare alla geografia del voto e all’economia alimentare americana. La Coca-Cola venduta negli Stati Uniti è dolcificata con sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio (HFCS), più economico grazie ai sussidi agricoli e alla forza della lobby del mais, radicata nel Midwest e in particolare in Iowa.

Proprio l’Iowa, stato fedele a Trump e cruciale nelle primarie, rischia ora di essere colpito dalla nuova “ricetta presidenziale”. La Corn Refiners Association ha avvertito che la sostituzione con zucchero di canna potrebbe danneggiare migliaia di agricoltori. “Tutto questo senza alcun reale beneficio per la salute pubblica”, ha dichiarato il CEO John Bode.

Chi invece ne trarrebbe vantaggio è la Florida, terra di canna da zucchero e roccaforte repubblicana. Secondo rivelazioni del 17 luglio, dietro l’annuncio ci sarebbe la mano del miliardario José Fanjul, finanziatore di Trump e titano dell’industria zuccheriera, che avrebbe spinto per una Coca-Cola “nazionalista”.

Un dolcificante per l’elettorato

La mossa arriva in un momento delicato per Trump. Mentre esplode lo scandalo Epstein, il presidente cerca temi di distrazione di massa. Coca-Cola è perfetta: iconica, popolare, divisiva. Il New York Magazine parla di una “operazione di distrazione consapevole”.

Il rapporto con l’azienda di Atlanta è da sempre contraddittorio. Nel 2021 Coca-Cola si oppose alle restrizioni repubblicane sul voto in Georgia. Trump, già nel 2012, dichiarava su Twitter: “La Diet Coke fa ingrassare”, salvo continuare a berla, definendola “quella spazzatura”.

Il gelo si è sciolto nel 2025, quando l’azienda ha donato a Trump una bottiglia commemorativa. Oggi la Diet Coke ha perfino un pulsante dedicato sul suo Resolute Desk. Chiaramente, la scelta non è motivata da un rigurgito salutista.

Make America healthy again? Non proprio

A dare una patina di coerenza è l’iniziativa del ministro della Salute Robert F. Kennedy Jr., che promette guerra allo sciroppo di mais con lo slogan Make America Healthy Again. Ma la scienza è prudente: le differenze metaboliche tra i due zuccheri sono minime. Conta la quantità, non la tipologia.

Inoltre, passare al zucchero di canna alzerebbe i costi: nuovi impianti, nuove forniture, prezzi più alti. A guadagnarci sarebbero forse i produttori brasiliani, oggi penalizzati dai dazi imposti dallo stesso Trump. Un cortocircuito perfetto nella sua politica commerciale.

Mercato e simboli: la battaglia è culturale

Negli USA la cosiddetta “Mexican Coke”, dolcificata con zucchero di canna, esiste già. Ma è una nicchia: bottiglie di vetro, costi elevati. I nostalgici la cercano, ma per la maggioranza conta il prezzo. E cresce la domanda di bibite senza zucchero, come Coca-Cola Zero.

Il possibile cambio di ricetta è dunque una trovata politica, non una rivoluzione industriale. Ma funziona nello storytelling trumpiano: lui che impone “il vero”, lui contro le multinazionali. L’unico vero ingrediente nuovo è l’opportunismo.

Il profumo delle elezioni

La cosiddetta “Coke di canna” non è un’operazione salutista, ma un’arma elettorale. Trump si propone come leader che piega anche le icone dell’establishment. Divide lobby, stati, filiere produttive. Ma tiene la scena.

Nel frattempo, Iowa e Florida si contendono zuccheri, sussidi e influenza. E l’ex presidente – ancora una volta – appare come il regista di una narrazione che è al tempo stesso spettacolo e potere.

Nel bicchiere, per ora, resta solo una promessa vagamente dolce. E molto amara.

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