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Trasparenza salariale Ue, la rivoluzione che cambia assunzioni, buste paga e strategie HR

- di: Alberto Vicini
 
Trasparenza salariale Ue, la rivoluzione che cambia assunzioni, buste paga e strategie HR

La nuova Direttiva europea sulla trasparenza retributiva, la 2023/970, introduce un salto culturale prima ancora che normativo. Entro il 7 giugno 2026 tutti gli Stati membri – Italia inclusa – dovranno recepire un impianto che punta a rendere effettivo il principio, già sancito dai Trattati, della parità di retribuzione per lavori di pari valore. La logica non è più correttiva, ma preventiva: agire sulla struttura dei processi aziendali affinché il divario salariale non si generi, non si nasconda e non si tramandi.

Trasparenza salariale Ue, la rivoluzione che cambia assunzioni, buste paga e strategie HR

L’ambito di applicazione è amplissimo: la Direttiva riguarda tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, con obblighi che variano a seconda delle dimensioni aziendali. E proprio la natura “trasversale” dell’intervento ne rivela l’ambizione: non una normativa settoriale, ma l’avvio di un nuovo standard europeo sulla gestione del capitale umano.

Trasparenza già in fase di selezione
La prima novità riguarda la fase iniziale del rapporto: la ricerca del personale. Le aziende saranno tenute a indicare la retribuzione prevista o il range salariale all’interno degli annunci di lavoro. È vietato invece chiedere ai candidati la retribuzione percepita nei precedenti impieghi, considerata fonte di possibili distorsioni, soprattutto per le donne che partono da salari mediamente più bassi.

Si tratta di un intervento con effetti economici rilevanti. Il mercato del lavoro, sempre più competitivo nei profili qualificati, dovrà misurarsi con una maggiore trasparenza che potrebbe portare a un riallineamento dei salari di ingresso, riducendo discrezionalità e logiche di opportunità.

Per le imprese questa fase diventerà così un banco di prova: comunicare il valore economico delle posizioni, rendere coerenti i sistemi retributivi interni, evitare disparità che potrebbero emergere a posteriori.

La trasparenza dentro l’azienda
La Direttiva interviene anche sui rapporti in essere. I dipendenti avranno il diritto di accedere alle informazioni sulle retribuzioni medie, disaggregate per genere, di chi svolge lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Le aziende, dal canto loro, dovranno definire in modo chiaro e oggettivo i criteri utilizzati per determinare retribuzione, bonus, avanzamenti.

È un punto che apre una questione strategica per le funzioni HR: come conciliare la necessità di trasparenza con i margini di discrezionalità legati al merito individuale? La Direttiva concettualmente spinge verso sistemi salariali più formalizzati; il rischio è che alcuni meccanismi premianti legati a performance qualitative possano essere appiattiti in nome della tracciabilità.

Per le aziende più strutturate ciò richiederà un lavoro di mappatura delle posizioni e dei fattori valutativi, con impatti sui processi di valutazione annuale, sugli inquadramenti e sul disegno delle politiche di retention.

Reporting obbligatorio e valutazioni congiunte
Gli obblighi crescono per le imprese oltre determinate soglie di dipendenti. Saranno tenute a produrre report periodici sui divari salariali, e qualora emerga una differenza di almeno il 5% non giustificabile, scatterà l’obbligo di una valutazione congiunta con i rappresentanti dei lavoratori. È un meccanismo che amplifica il ruolo delle relazioni industriali, portando temi retributivi nel cuore del confronto sindacale.

L’impatto economico potenziale è elevato: un divario non spiegato potrebbe costringere le imprese a riallineare le retribuzioni, con effetti significativi su budget e pianificazione.

Nuove tutele processuali e onere della prova
Il sistema di tutela viene rafforzato. In caso di contenzioso, opera l’inversione dell’onere della prova: sarà il datore a dover dimostrare l’assenza di discriminazione una volta che il lavoratore abbia fornito indizi ragionevoli. Il diritto del dipendente di accedere a documenti e prove aziendali amplia ulteriormente la cassetta degli attrezzi nelle controversie retributive.

Il divieto di ritorsione – esteso a chi supporta un collega – si inserisce in un quadro che richiama le logiche del whistleblowing, favorendo l’emersione delle irregolarità.

La sfida della compliance sostenibile
Il recepimento imporrà alle imprese un salto di qualità organizzativo. Non basterà un adattamento formale: servirà integrare sistemi di valutazione, gestione dati, privacy, governance interna. La Direttiva obbligherà molte realtà a ripensare le politiche retributive in chiave più strutturata, trasformando un vincolo normativo in un tema strategico di competitività.

Il risultato finale sarà un mercato del lavoro più trasparente, ma anche più esigente: per i lavoratori, che avranno strumenti inediti per far valere i propri diritti; per le aziende, chiamate a ridefinire un equilibrio tra meritocrazia, equità e sostenibilità operativa.

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