Due italiani nella Top 100 dei Comunicatori Aziendali più influenti al mondo: Lorenza Pigozzi (Fincantieri) e Claudio Monteverde (Gucci)

- di: Barbara Bizzarri
 
La comunicazione aziendale in un’epoca complessa, segnata da profonde trasformazioni geopolitiche, economiche, sociali e ambientali, rappresenta una priorità per le imprese, indipendentemente dalla loro dimensione: di conseguenza, i comunicatori aziendali sono figure fondamentali per una ditta che voglia sostenere con successo le sfide del futuro. I migliori sono riuniti nella classifica, stilata come ogni anno con il suo report The Influence 100, dalla media company PRovoke Media e, quest’anno, la top 100 vede tra i comunicatori aziendali più influenti al mondo due italiani: la conferma Lorenza Pigozzi, Strategic Communication Director ed Executive Vice President di Fincantieri, per la quinta volta in classifica, e Claudio Monteverde, Global Director of Corporate & Internal Communications di Gucci, che fa il suo ingresso per la prima volta. Tra l'altro, Fincantieri e Gucci rappresentano gli unici corporate brand italiani della classifica.

Due italiani nella Top 100 dei Comunicatori Aziendali più influenti al mondo

“L’industria delle comunicazioni ha dovuto affrontare e affronta ancora ora, sfide come la diffidenza, la disinformazione e la pandemia da Covid-19 - commenta Lorenza Pigozzi -. Le aziende dovrebbero dare priorità alla trasparenza, all’accountability e alle soluzioni innovative per costruire fiducia, contrastare le informazioni false e adattare le strategie di comunicazione in contesti che mutano continuamente. D’altra parte, la trasformazione digitale, nuovi strumenti come l’IA, la comunicazione orientata a un preciso obiettivo, le collaborazioni e i contenuti creativi offrono opportunità per creare coinvolgimento e riconoscimento del marchio. Nonostante le sfide, l’industria delle comunicazioni può sfruttare nuove opportunità e affrontare l’anno a venire con resilienza, sfruttando l’innovazione, la tecnologia e le pratiche etiche. L’industria delle comunicazioni è da tempo riconosciuta per il suo ruolo cruciale nel plasmare l’opinione pubblica, costruire fiducia e coinvolgere i consumatori. Dalla gestione delle crisi alla creazione di contenuti, dai social media all’analisi dei dati, l’industria si evolve costantemente per soddisfare le tattiche e le strategie in continua evoluzione, richieste dai propri clienti. Tuttavia, non è priva di sfide e alcuni elementi sono stati oggetto di critiche nel corso degli anni per le loro pratiche potenzialmente discutibili. Una delle più significative riguarda il problema della disinformazione, in cui l’industria è stata accusata di manipolazione o distorsione intenzionale della verità per ingannare il pubblico e i media per propri fini. Tali pratiche non etiche possono perpetuare la diffidenza e lo scetticismo verso i metodi dell’industria.

Un’altra preoccupazione è la mancanza di diversità, equità e inclusione nell’industria. Mentre la forza lavoro globale sta diventando più diversificata, l’industria delle comunicazioni rimane in gran parte omogenea. È fondamentale che l’industria riconosca questo e adotti misure proattive per coinvolgere popolazioni sottorappresentate e diventare più diversa. Inoltre, il mondo della comunicazione può trovarsi in una posizione eticamente complessa quando lavora con clienti che hanno interessi contrastanti. Tale conflitto può sorgere, ad esempio, con i media o le comunità attiviste, in cui l’industria della comunicazione intende promuovere i messaggi del proprio cliente a scapito della rappresentazione accurata degli interessi pubblici”.

Dal report emerge anche come le donne siano più numerose rispetto agli uomini per il quarto anno consecutivo: 61 contro 39. La presenza femminile è attestata in continuo aumento nel corso del tempo, dalle 47 del 2019 alle 57 del 2022. A livello geografico, il 50% dei migliori Direttori della Comunicazione lavora negli Usa, seguiti dall'Europa (22%), dall'Asia (13%), dal Medioriente e dall'Africa (10%), e dall'America Latina (3%).  

Per quanto concerne il background e le esperienze professionali, il 98% dei nomi in lista ha almeno una laurea, con il 27% che ne possiede anche una specialistica. Stabile la percentuale dei non laureati (il 2%; era il 3% nel 2022). Per quanto riguarda il percorso formativo, i corsi da cui provengono i 100 sono, per lo più, Comunicazione, Scienze Politiche, Letteratura Inglese, Giurisprudenza e Marketing. In media, i 100 comunicatori in classifica lavorano nella loro attuale azienda da 8,1 anni, con alcune personalità che hanno superato addirittura i 30 anni di servizio nella stessa società: alcuni esempi sono il recordman Masayoshi Shirayanagi, in Toyota da 39 anni, Conny Braams, in Unilever da 32 anni, Jan Runau, in Adidas da 31 anni, Joseph Evangelisti, in JP Morgan Chase da 33 anni e Bea Perez, in Coca-Cola da 29 anni.

Il settore più rappresentato è quello della tecnologia/telecomunicazioni/elettronica (19%), seguito da finanza e i servizi (14%), beni di largo consumo (14%), food e drink (10%) e healthcare (9%). Per la consistenza di budget gestiti, i top 100 hanno speso per le attività di pubbliche relazioni 3,7 miliardi di dollari, in contrazione rispetto ai 4,8 miliardi del 2022. A proposito di budget di altissimo livello, il 17% ha avuto a disposizione risorse che superano i $100 milioni, mentre il 10% una cifra compresa tra i $75 e i $100 milioni. La reputazione è al centro della spesa e, per il 68%, sarà proprio questa la priorità per il 2024.

Inoltre, nonostante rappresenti ancora uno dei temi più rilevanti per tutti i settori, la corporate and social responsibility/ESG perde tante posizioni e, se nel 2022 rappresentava un focus fondamentale per il 59% dei professionisti, ora è prioritario per il 32%. Sale vertiginosamente l’interesse per il posizionamento e la thought leadership passata dal 28% al 59%, con un balzo fino al secondo posto della classifica. Al terzo posto, l’engagement dei dipendenti e la gestione del cambiamento (53%), seguiti dallo sviluppo di contenuti anche per il marketing (50%). Ma quanto sono grandi i team? Oltre un terzo dei professionisti (41%) gestisce team da oltre 100 persone. Infine, 74 degli influencers su 100 riportano direttamente ai CEO delle rispettive aziende.

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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