Terzo rapporto Nomisma sul Mercato Immobiliare: peggiorano le prospettive, ma il ridimensionamento slitta al 2023

- di: Barbara Leone
 
Dopo la crescita post pandemica, peggiorano le prospettive del mercato immobiliare. Un peggioramento dovuto alla congiuntura, che fa profilare all’orizzonte una fase di arretramento conseguente all’impennata dei prezzi. Ma “la sfida è ora quella di contenere l’arretramento nella fase avversa del ciclo economico, per poi riprendere il cammino di crescita non appena il quadro si sarà fatto meno fosco”, è l’auspicio dei relatori di Nomisma intervenuti alla presentazione del Terzo Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2022 di Nomisma. All’evento sono intervenuti Lucio Poma, Chief Economist Nomisma; Luca Dondi Dall’Orologio, Amministratore Delegato Nomisma; Elena Molignoni, Responsabile Osservatorio Immobiliare Nomisma; Daniele Pastore, Direttore Generale Intesa Sanpaolo Casa; Stefano Magnolfi, Executive Director Crif Real Estate Services; Simone Roberti, Head of Research Italia Colliers; Marco Marcatili, Responsabile Sviluppo Nomisma e Leonardo Fornaciari, Presidente Ance Emilia Area Centro.

Terzo rapporto Nomisma sul Mercato Immobiliare

Il primo intervento, curato da Lucio Poma, Chief Economist Nomisma, ha preso in esame il quadro macroeconomico e il contesto di riferimento internazionale, rilevando la contraddizione di una crescita vigorosa, nella palude dei prezzi dei beni energetici e dell’inflazione. “I dati del terzo trimestre del 2022 del Pil ci consegnano un’Italia con il tasso di crescita più elevato di quello mondiale, +3,9% - ha sottolineato Poma introducendo il suo intervento -. Un dato straordinario considerando che l’Italia ha il sistema manifatturiero pesantemente danneggiato dalla tempesta energetica e dalla guerra. Tuttavia, ad inizio 2022, complice l’aumento dei costi energetici e la crescita dell’inflazione, la fiducia di famiglie e imprese ha iniziato a calare , fotografando perfettamente la forte incertezza sul futuro della nostra economia”.

Dopo un 2021 di forte crescita economica mondiale, che ha visto l’Italia registrare ben sette trimestri positivi consecutivi, la tempesta energetica perfetta del 2022 ha generato un rallentamento della ripresa e al contempo sospinto l’inflazione che ha raggiunto le due cifre nelle principali economie. “Il 2022 è l’anno dell’incertezza e delle contraddizioni, all’interno del quale si sono realizzate performance assai diversificate tra le principali economie - ha aggiunto Poma -. Stiamo assistendo a contraddizioni di tali ampiezza e profondità da farci interrogare sull’efficacia delle classiche leve macroeconomiche per contrastare una dinamica economica strutturalmente diversa ed in continua trasformazione rispetto al passato”.

La prima grande contraddizione riguarda l’andamento altalenante del prezzo del gas che, dopo il picco di agosto, ha iniziato a scendere. “Questo dipende dal fatto che, nel momento in cui la Russia ha stretto i rubinetti, i Paesi europei si sono affrettati nelle operazioni di stoccaggio, facendo impennare la domanda. Ma una volta completate le riserve, la domanda è diminuita e i prezzi del gas hanno cominciato a scendere, dal picco degli oltre 300 euro al megawattora dello scorso agosto ai circa 120 euro di questi giorni, pur restando 5-6 volte più alti rispetto a un anno e mezzo fa”.

L’altro tema che definisce il quadro descritto dall’Osservatorio è dato dall’inflazione, che in Italia ha sfiorato nel mese di ottobre il 12%. L’impennata dei prezzi ha, da una parte, ridotto le capacità di spesa e investimento di famiglie e imprese, dall’altra, scatenato una violenta risposta da parte della Banca Centrale Europea nel tentativo di spegnere una fiammata inflazionistica che a livello continentale ha una natura pressoché integralmente esogena. Da questo meccanismo dipende la seconda contraddizione, che chiama in causa la stringente politica monetaria avviata dalla Fed in piena recessione tecnica statunitense. “I primi due trimestri del 2022 sono risultati negativi, facendo cadere l’economia nella cosiddetta ‘recessione tecnica’. Il terzo trimestre è stato positivo (+0,6%), ma la stima di crescita per il 2022 è di solo 1,6%: la più bassa, assieme alla Germania, tra le economie avanzate e la metà di quella mondiale.

Contraddizione nella contraddizione: una politica monetaria restrittiva, aumentando i tassi di interesse, dovrebbe agire sul consumo e rallentarlo, in favore del risparmio”. Un’ulteriore anomalia è fornita dall’andamento dei prezzi dell’oro, del rame e della borsa in generale le cui dinamiche, in alcuni periodi, sono state contraddittorie rispetto a quanto accadeva in passato. “L’oro è il classico bene rifugio che aumenta il proprio valore quando vi è sentore di recessione economica o quando l’economia sta precipitando, ma il prezzo di questo metallo, nell’ultimo anno, è aumentato di appena il 6%; è pressoché fermo. Mentre il rame, che era crollato a metà 2022, è tornato a salire e ora è stabile, nonostante la stretta monetaria. Anche la borsa, infine, è in ripresa: +11% l’indice MIB nell’ultimo mese, a dimostrazione della fiducia degli operatori, nonostante tutto”. La quarta contraddizione riguarda il tasso di cambio euro-dollaro, “che è sceso da 1,24 a 1 in pochi mesi, nonostante l’economia UE sia al momento più forte di quella americana”. Tutto questo si riflette evidentemente sullo scenario italiano, come ha spiegato Lucio Poma.

“Il Paese arriva da un periodo di crescita straordinaria, nonostante sia, insieme alla Germania, quello più colpito dagli effetti della guerra. Cresce, ma si impoverisce, cioè calano il potere d’acquisto e il reddito pro capite perché il salario reale non segue più l’inflazione. Perché allora questa contraddizione, con un Paese più ricco che diventa più povero? Perché le imprese italiane, pressate dai costi energetici e dalle catene del valore, fanno fatica a riversare la marginalità sul prezzo finale e non riescono ad aumentare i salari”. Il Paese dunque va bene, ma le aspettative non sono affatto ottimistiche.

“Il clima di fiducia dei consumatori e delle imprese è in flessione, nonostante occupazione ed export siano in questo momento molto positivi. Chiudiamo con due domande: guardando la stretta monetaria prodotta in America e il fatto che non abbia prodotto ripercussioni sull’inflazione, siamo sicuri che gli strumenti utilizzati fino ad ora per l’economia possano funzionare ancora in un contesto così differenziato? Secondo: siamo sicuri che l’Italia nel 2023 andrà in recessione o in stagnazione? La mia sensazione è questa: se le materie prime, gli energetici e le catene di approvvigionamento resteranno in questa situazione, la forza della nostra economia e della nostra manifattura riuscirà a marcare un buon 2023. Se, invece, i prezzi dovessero nuovamente schizzare verso l’alto, l’Italia per forza di cose, nonostante un’economia brillante, ne risentirà ”, ha concluso Lucio Poma. Il secondo intervento realizzato da Luca Dondi, Ad Nomisma, ha fornito un overview di mercato e indicato gli scenari previsionali per il 2023 alla luce delle contraddizioni evidenziate nell’analisi sviluppata dal professor Poma.

“Dopo un primo semestre caratterizzato da un’accelerazione della dinamica espansiva, nella seconda parte dell’anno la tendenza rialzista è stata decisamente meno intensa e tutt’altro che generalizzata”, ha affermato Luca Dondi. Alla base del rallentamento vanno posti i cambiamenti di contesto intervenuti negli ultimi mesi, con l’accesso al mercato fattosi improvvisamente più problematico e con la prudenza che è tornata ad affacciarsi tra i portatori di interesse, siano essi famiglie o imprese.

“A produrre questo impatto negativo sono l’aumento dei costi energetici sulle imprese italiane e l’inflazione, che ormai si è trasferita all’interno del carrello della spesa, modificando le abitudini di consumo per 9 italiani su 10, con una perdita di potere d’acquisto stimata in 2300 euro nel 2022. Motivi per i quali c’è stato un peggioramento drastico del clima di fiducia. Atteggiamento che si ripercuote sul mercato immobiliare, con una drastica riduzione delle intenzioni di acquisto e di mutuo residenziale nei prossimi 12 mesi, che Istat definisce certe”, ha spiegato Luca Dondi. Il secondo elemento che influenza il mercato immobiliare è legato al credito.

“L’accresciuto costo del debito, associato al diverso orientamento del sistema bancario preoccupato da una nuova ondata di insolvenze, riduce drasticamente la portata del canale creditizio, divenuto un transito inevitabile per una quota significativa della domanda immobiliare. Il mercato immobiliare diverrà meno accessibile rispetto a quanto lo sia stato fino a qualche mese fa, anche in ragione della crescita dei valori di compravendita e locazione nel frattempo intervenuta. Il ridimensionamento del mercato sarà particolarmente significativo nel corso del 2023, quando sarà esaurito l’entusiasmo post pandemico e si saranno fatte reali le minacce di stagnazione economica”, ha osservato Luca Dondi. Analoga risulta la tendenza rilevata nel segmento degli immobili di impresa di piccole dimensioni, per il quale è proseguito il trend timidamente espansivo innescato dalla prospettiva di un ritorno dei fatturati sui livelli pre-Covid.

“Il deciso raffreddamento congiunturale rende, tuttavia, tale recupero più problematico. Diversa, invece, si conferma la situazione sul versante corporate, dove la ripresa è risultata vigorosa fino a tutto il terzo trimestre, alimentata dall’accresciuta attrattività dei settori alternativi (logistica e alberghiero), a cui si è aggiunto il ritorno di interesse per il segmento direzionale”
. Il deterioramento del quadro macroeconomico ha, anche in questo caso, raffreddato gli entusiasmi, spingendo gli investitori stranieri su posizioni attendiste. Il superamento dei livelli pre-Covid, che sembrava alla portata, appare ora piuttosto improbabile, nonostante i segnali di tenuta che l’economia continua a restituire. I dati rilevati dal Rapporto aiutano inoltre a decifrare la domanda: nel 2022 la priorità è rappresentata dall’individuazione di una soluzione abitativa con spazi adeguati, ove far convivere vita familiare e professionale, a differenza di quanto avvenuto nel 2021, quando il fattore di attivazione era invece rappresentato dalla ricerca di un contesto al di fuori dei grandi centri urbani.

“Le periferie sembrano un punto ideale di sintesi fra la ricerca di dotazioni e l’esigenza di gravitare intorno al comune capoluogo”, ha sottolineato Luca Dondi. Sul fronte dei prezzi, nella media dei 13 maggiori mercati nel secondo semestre del 2022 si è registrato un aumento dello 0,5% per le abitazioni, a fronte di una flessione dello 0,6% per gli uffici e di una sostanziale invarianza per i negozi (-0,1%). “Questo riflette gli effetti di una minore intensità della domanda che incomincia a manifestarsi per le condizioni del contesto macroeconomico sopra indicate”. Di tutt’altro segno, invece, le evidenze che restituisce il mercato della locazione di abitazioni, dove si sta trasferendo una quota della domanda abitativa. Si conferma il tasso di crescita dei canoni del primo semestre (attorno all’1% in media), a fronte della stasi registrata nel segmento degli uffici e della lieve flessione in quello dei negozi. Per Nomisma il +1,1% dei canoni di locazione delle abitazioni, preceduto da un +0,9% nella prima parte dell’anno “testimonia la pressione della componente di domanda che resta esclusa dal mercato dell’acquisto e di quella già robusta di chi cerca casa in affitto”.

Impatto del rallentamento economico, effetti dell’accelerazione digitale e repricing. Sono queste le ulteriori tre ulteriori incognite che si innestano nel debole quadro macroeconomico e rischiano di influenzare l’andamento del mercato immobiliare, in particolare il settore corporate. “Anche se le evidenze numeriche ancora non lo certificano, per l’immobiliare sembra prospettarsi, ancorché per ragioni prevalentemente esogene, la temporanea chiusura di una fase straordinaria che ha portato il settore a raggiungere livelli straordinari”, ha concluso Luca Dondi. L’intervento di Elena Molignoni, Responsabile Osservatorio Immobiliare Nomisma, ha invece preso in esame l’Indice di performance, l’indicatore che sintetizza l’andamento del mercato, per approfondire il tema della congiuntura immobiliare. “L’Indice di performance del mercato immobiliare italiano, relativamente al secondo semestre dell’anno 2022, non segna un’interruzione del trend, contrariamente alle attese, bensì un rallentamento della crescita - ha spiegato Elena Molignoni nell’introduzione -. Si è indebolita la spinta rialzista del mercato residenziale dell’acquisto dell’abitazione, complice la minore intensità della domanda, da una parte, e la favorevole inerzia dei prezzi, dall’altra. È, altresì, proseguito il lento recupero degli immobili d’impresa di piccole dimensioni, alimentato dalla prospettiva di ritorno del fatturato delle imprese sui livelli pre-Covid. Si conferma la buona performance del mercato residenziale della locazione, a fronte della pressione della domanda e della crescita dei canoni di mercato”. Sul mercato residenziale dell’acquisto in particolare, Nomisma individua in Milano e Padova per il Nord Italia e in Napoli e Bari per il Sud i mercati che anticipano le tendenze al rallentamento, con un Indice di performance che flette, invertendo il trend di crescita.

“Nei mercati citati del Nord sono la minore intensità della domanda e delle compravendite a guidare l’inversione, mentre in quelli del Sud il fattore che denota il raffreddamento è la minore intensità della domanda, che in parte si è già riflessa sui prezzi”. Le evidenze numeriche, frutto del monitoraggio del mercato e sintetizzate nell’Indice, non restituiscono ancora ciò che sembra prospettarsi per il mercato immobiliare italiano nel breve periodo, vale a dire la chiusura della fase di crescita post pandemica e l’avvio di una nuova fase di arretramento conseguente all’impennata dell’indice generale dei prezzi, che ha indebolito la capacità di spesa e investimento di famiglie e imprese, compromessa anche da una politica monetaria restrittiva. Nel dettaglio, sul piano delle compravendite di abitazioni, nel primo semestre del 2022 in Italia si è registrato un aumento tendenziale del 10,1%, leggermente inferiore al +11% rilevato in corrispondenza degli immobili per l’impresa. Il preconsuntivo elaborato da Nomisma, relativamente al solo segmento abitativo, evidenzia un calo delle transazioni nel secondo semestre rispetto al primo pari all’8,9%, riconducibile perlopiù alla performance del quarto trimestre dell’anno.

“È bene tener presente come a consuntivo del primo semestre 2022, le dimensioni del mercato residenziale eccedessero quelle raggiunte nel pre-Covid, con un incremento rispetto al primo semestre del 2019 del 34,2% a livello nazionale e del 22% per l’insieme dei 13 maggiori mercati monitorati”
. La risposta dei valori immobiliari alle mutate condizioni di contesto è ancora una volta improntata alla rigidità, con un’attenuazione della crescita, ma senza rischi di cali significativi, quantomeno nel breve periodo.

“Dopo un primo semestre caratterizzato da un’accelerazione della dinamica espansiva, nella seconda parte dell’anno la tendenza rialzista è stata decisamente meno intensa e tutt’altro che generalizzata. Alla base del rallentamento vanno posti i cambiamenti intervenuti negli ultimi mesi, con l’accesso al mercato fattosi improvvisamente più problematico e con la prudenza che è tornata a riaffacciarsi tra i portatori di interesse, siano essi famiglie o imprese. Il mercato immobiliare è divenuto meno accessibile rispetto a quanto non lo sia stato fino a qualche mese fa, anche in ragione della crescita dei valori di compravendita e locazione nel frattempo intervenuta”, ha affermato Elena Molignoni. Nella media dei 13 maggiori mercati, nel secondo semestre del 2022, i prezzi delle abitazioni sono aumentati dello 0,5% a fronte di una flessione dello 0,6% per gli uffici e di una sostanziale invarianza per i negozi (-0,1%). Diverso il trend dei canoni di locazione di abitazioni, che hanno confermato il tasso di crescita del primo semestre (attorno all’1% nella media), a fronte della stasi registrata nel segmento locativo degli uffici e della lieve flessione in quello dei negozi. Osservando i singoli mercati locali, le realtà ove è iniziata più tardi la crescita delle quotazioni sono quelle in cui le percentuali di crescita fatte segnare nel corso del secondo semestre dell’anno rispetto al primo sono state più elevate. A Milano, dove i valori delle case risultano in crescita da alcuni semestri, le variazioni sono risultate ancora positive, seppure con un’intensità decrescente, a differenza di quanto accaduto invece a Torino, dove il trend rialzista ha acquisito ulteriore forza. L’Osservatorio si è quindi soffermato sugli elementi che caratterizzano la domanda d’acquisto secondo gli operatori.

“Dal punto di vista dell’utilizzo, crescono le voci come prima casa, la sostituzione dell’abitazione e l’acquisto come investimento, mentre cala quello per la vacanza. Per quanto concerne la mobilità, diminuiscono gli spostamenti verso i comuni di provincia, mentre aumentano quelli dal comune al capoluogo e all’interno del capoluogo stesso. Infine, i driver d’acquisto: un ampio balcone, il giardino a uso esclusivo o condominiale, il doppio bagno, l’abitazione nuova o ristrutturata e la vicinanza ai servizi come scuole, sanità e uffici sono in cima alle preferenze che guidano la domanda di casa”
, ha spiegato Elena Molignoni.

In ultimo, il report ha mostrato le caratteristiche della domanda di locazione di casa, soffermandosi sul profilo del locatario, sulle preferenze e le criticità del mercato. “Aumenta la ricerca di chi si trova nelle condizioni di lavoratore in mobilità, degli studenti, delle giovani coppie, del monogenitore con figli e delle persone sole, mentre cala la domanda da parte delle famiglie che si trasferiscono da altro comune. La qualità dell’abitazione – ha aggiunto in conclusione Elena Molignoni - rappresenta il plus di chi cerca una locazione, seguito dalla vicinanza ai servizi e ai trasporti pubblici, mentre fra le maggiori criticità segnalate dagli agenti immobiliari si evidenzia un’offerta selettiva nei confronti della domanda, un’offerta di bassa qualità, un’offerta scarsa causata dalla conversione verso il mercato degli affitti brevi e una domanda che non trova affitti sostenibili”.

Daniele Pastore, Direttore Generale Intesa Sanpaolo Casa, che ha poi introdotto nel dibattito il tema ESG (Environmental, Social e Governance) tra i trend e le nuove sfide che attendono il mercato del Real Estate. “Il tema dell’incertezza, con le domande sollevate dagli interventi di Lucio Poma e Luca Dondi, coinvolge noi operatori quotidianamente. ESG e sostenibilità sono e saranno ancora nel 2023 parole chiave delle ricerche degli italiani. Parole come energia, consumi, inquinamento, ambiente, mobilità e perfino alimentazione sono oggi temi che un’azienda immobiliare deve necessariamente affrontare. In questo senso, Intesa San Paolo ha individuato nella sostenibilità sociale e ambientale il pilastro del proprio piano industriale 2022-2025, con operazioni volte a promuovere social housing, inclusione finanziaria e rigenerazione urbana”, ha ricordato Daniele Pastore.Il successivo approfondimento di Stefano Magnolfi, Executive Director Crif Real Estate Services, ha sottolineato il forte legame fra credito e sostenibilità nel mercato del Real Estate. “La correlazione è evidente se parliamo di efficienza energetica, perché la normativa sul credito immobiliare e le linee guida dell’Autorità Bancaria Europea oggi chiedono di tener conto dei fattori ESG che influenzano il valore della garanzia reale sugli immobili. Un altro aspetto interessante che ha sempre a che fare con la sostenibilità in generale riguarda invece i fattori di rischio climatici e ambientali che in futuro potrebbero essere associati alle garanzie e richiedere, da questo nuovo punto di vista ‘fisico’, una valutazione dell’immobile. Per tutti questi fattori, diventa indispensabile per un istituto di credito adeguarsi alla tassonomia UE che ha già individuato le definizioni di mutuo verde (ovvero rivolto a finanziare l’acquisto di un immobile di classe A o la riqualificazione con un miglioramento del 30% della performance energetica) e di investimento sostenibile”, ha ricordato Stefano Magnolfi.

L’intervento curato da Simone Roberti, Head of Research Italia Colliers, ha infine focalizzato l’attenzione sul mercato corporate, evidenziando i risultati positivi del recente passato e le prospettive. “Se osserviamo l’andamento del mercato corporate, l’ultimo anno e l’ultimo trimestre hanno dato risultati positivi. Ma oggi ci troviamo in una situazione molto delicata data dall’inflazione, dagli effetti della guerra, dal cambiamento climatico. Tanti elementi che stanno influenzando il mercato real estate. Date queste premesse, vediamo che fra le tipologie di asset class, il retail soffre, mentre gli investitori si stanno concentrando sui prodotti core, come uffici e logistica. Se guardiamo invece i principali mercati, Milano continua a performare molto bene. Se si guarda poi alla provenienza degli investitori il mercato italiano resta molto internazionale. Dal punto di vista degli investimenti, risalgono i rendimenti netti, ma più lentamente rispetto ad altre realtà europee. Infine, il tema ESG: per le società e gli investitori stranieri questa voce non è un più un optional, ma un must have”, ha rimarcato Simone Roberti. L’incontro si è concluso con l’intervento di Marco Marcatili, Responsabile Sviluppo Nomisma, che ha fornito gli ultimi aggiornamenti legati al Superbonus 110%, alla luce del recente provvedimento in materia varato dal Governo, in base al quale l’aliquota sarà abbassata al 90%. “C’è un ritorno di interesse, fortissimo, verso questa misura. Dopo una fase centrale di scoramento, registrata durante il nostro percorso di monitoraggio, nel novembre 2022 siamo a tornati a 10,3 milioni di famiglie italiane interessate al SuperBonus 110%. Un interesse forse illusorio, viste le condizioni attuali del mercato della cessione del credito, ma che si traduce in responsabilità pubblica. La seconda buona notizia descrive la misura dell’investimento: a fronte di un valore complessivo di 55 milioni di euro, il 44% riguarda il condominio. Stiamo parlando, secondo le stime Nomisma, di oltre 232 mila edifici con i cantieri conclusi”, ha osservato Marco Marcatili. Aspetti positivi che forse rischiano di sfumare nel prossimo futuro, alla luce del nuovo Decreto che riduce dal 110% al 90% l’aliquota del Superbonus. “Non è corretto cambiare le regole in corsa. Dal 2020 ad oggi abbiamo registrato una eccessiva azione normativa che di fatto ha portato al blocco della cessione dei crediti e reso inutilizzabile la misura del Superbonus. L’intervento inatteso e improvviso sull’aliquota rischia di vanificare i programmi e gli impegni presi dal sistema delle imprese così come le ricadute sul sistema economico e sociale che, come ha rilevato Nomisma, ha portato benefici ad oltre 500 mila famiglie”, ha aggiunto Leonardo Fornaciari, Presidente Ance Emilia Area Centro.

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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