Una strategia nazionale audace per mettere il Belpaese tra i protagonisti della rivoluzione quantistica: innovazione, formazione, industria e sicurezza entrano in prima linea.
(Foto: la ministra di Università e Ricerca, Anna Maria Bernini).
È arrivato il via libera alla Strategia italiana per le tecnologie quantistiche. L’obiettivo è mettere a sistema ricerca, industria e pubblica amministrazione puntando su un investimento di circa 1 miliardo in cinque anni, che dovrà trovare spazio nella Legge di bilancio. L’ambizione è chiara: non limitarsi a inseguire, ma giocare la partita tra i protagonisti europei.
Un piano a pilastri: che cosa prevede la strategia
La Strategia si articola in alcuni assi portanti. Il primo riguarda ricerca e innovazione: potenziamento della ricerca di base e applicata, nuove infrastrutture quantistiche, reti e laboratori pubblico-privati. Il secondo pilastro è il trasferimento tecnologico, per evitare che le scoperte restino chiuse nei laboratori: applicazioni concrete in sanità, telecomunicazioni, manifattura, sistemi critici, gestione dei dati. Terzo pilastro: formazione e competenze, con percorsi dedicati a profili oggi scarsi sul mercato, dal quantum software agli esperti di sensoristica. Infine, sicurezza e sovranità tecnologica: resilienza delle infrastrutture, protezione della proprietà intellettuale, riduzione delle dipendenze esterne.
Supercalcolo: dove l’Italia può sorprendere
La leva del calcolo ad alte prestazioni è centrale. Il Paese dispone di centri di supercalcolo di livello mondiale e di una comunità scientifica capace di integrare HPC, AI e quantum. È qui che si apre la prospettiva di piattaforme di nuova generazione per l’addestramento di modelli avanzati e per la simulazione di fenomeni complessi in farmaceutica, clima e materiali. La complementarità tra HPC e tecnologie quantistiche è il punto di forza su cui costruire un vantaggio competitivo.
Ambizioni vs limiti: le sfide da affrontare
L’entusiasmo non deve nascondere i nodi. Primo: tempistiche e risorse. Un miliardo su cinque anni è significativo, ma la rapidità nell’erogazione e la stabilità dei fondi faranno la differenza rispetto ai concorrenti europei. Secondo: governance. Serve coordinamento tra ministeri, enti di ricerca e imprese per evitare duplicazioni e dispersioni. Terzo: filiera industriale e domanda. Per trasformare i prototipi in prodotti servono appalti innovativi, incentivi mirati e la domanda pubblica come catalizzatore. Quarto: talenti. Senza formazione intensiva e attrazione di competenze dall’estero, il rischio è creare infrastrutture senza le persone per farle funzionare.
Perché questo momento è decisivo
Le ricadute potenziali sono tangibili. Sul piano economico, competitività e produttività per i settori a più alto valore aggiunto; su quello scientifico, salti di qualità in diagnostica, modellazione climatica, sensoristica; sul fronte geopolitico, maggiore autonomia strategica in un’area – il controllo e l’analisi dei dati – che definisce gli equilibri globali. Il messaggio alle imprese è netto: entrare ora nell’ecosistema, sperimentare casi d’uso, formare team, agganciarsi a bandi e partnership. Chi aspetta rischia di rimanere ai margini.
Ora la palla passa ai conti pubblici
La road-map c’è, il consenso è ampio, le opportunità sono chiare. Ma tutto dipende dalla traduzione in bilancio e dalla capacità di esecuzione: progettazione, gare, tempi di realizzazione, misurazione degli impatti. Se l’Italia riuscirà a dare continuità finanziaria e governance integrata al percorso, i prossimi cinque anni potranno segnare l’ingresso nella prima linea europea del quantum. Altrimenti resteranno ambizioni sulla carta.