Meno sussidi e più servizi reali per rilanciare l'economia italiana

- di: Roberto Pertile
 
Già da tempo, ancora prima della pandemia da Covid 19, l’Europa era attraversata da una serie di fibrillazioni economiche e sociali, in un clima che la rendeva poco propensa ad esprimere una forza propulsiva verso l’ideale di un’Europa unita.

L'economia italiana ha bisogno di meno sussidi e più servizi per ripartire

Questa realtà remissiva rendeva ancora più evidente il ruolo modesto della UE nello scenario globale degli ultimi anni, proprio mentre gli eventi internazionali avrebbero indicato, con forza, l’opportunità di una linea strategica unitaria tra gli Stati europei.
Negli stessi anni, infatti, la Cina emergeva con una posizione da primo attore mondiale, tale da avviare un percorso di nuovi assetti internazionali. Dall’altra parte del Globo, gli Usa, dopo il crollo di Berlino, avevano espresso una supremazia, a livello internazionale, di indiscusso numero uno. Recentemente, però, a seguito delle vicende geopolitiche degli anni duemila, sembrano accusare delle serie difficoltà, e alcuni osservatori parlano di declino.

Con un‘Europa distratta e silenziosa, la Russia ha messo in atto una politica di espansione della propria influenza, consolidando i propri rapporti con la Cina, annettendo nel 2014 la Crimea, occupando la Georgia, espandendo la propria presenza militare e politica in Medio Oriente e nel Mediterraneo meridionale. In questi giorni, ha invaso l’Ucraina.
Nel frattempo, Usa e Cina, messa al bando la cooperazione internazionale, si sfidano in una competizione mondiale a colpi di crescita tecnologica, chiave di volta di un’economia sempre più selettiva, inasprendo anche la lotta sulla concorrenzialità delle merci, già stressata dalla guerra in Ucraina.

Si può sostenere che, di fatto, gli Usa hanno abbandonato i sogni imperiali di prima e unica potenza mondiale, mentre la Cina, nel lungo periodo, ha i numeri per agganciare gli Stati Uniti. Sul fronte europeo, la Russia di Putin vuole tornare ai rapporti di forza militare esistenti prima del crollo del muro di Berlino. Contemporaneamente, l’Alleanza Atlantica ha ampliato la sua sfera di influenza.
La geopolitica è fatta di rapporti di forza. Per cui sono in atto attacchi alla supremazia occidentale e al suo modello di società. Pechino mira ad intaccare la supremazia del dollaro e dei sistemi di pagamento dollarocentrici.

In questo contesto, la Russia, con l’aggressione all’Ucraina, ha dato un colpo di accelerazione alle sue velleità di politica estera zarista, proponendo un vetusto quanto ottuso modello imperiale tipo secolo scorso, non sostenuto, tra l’altro, dalle proprie inadeguate risorse economiche, (è risaputo che ha un pil inferiore a quello italiano).
A livello economico, la mossa russa (non affrontando in questa sede il disastro umanitario e la violazione del diritto internazionale alla tutela della vita dei civili) ha provocato l’impennata dei costi di produzione e di distribuzione, in particolare quelli della logistica, innescando azioni e reazioni nei sistemi produttivi tali da configurare una nuova geografia dei mercati.

Questi incrementi dei costi colpiscono tutti i players, occidentali e orientali, con gravi effetti economici. Anche la Cina, che è la più grande consumatrice di energia, non potrà sopportarne a lungo un costo così elevato, che sta provocando aumenti nei prezzi dei prodotti finali, con la perdita di competitività del sistema cinese. Per altre economie, aumentano le materie prime oppure i semilavorati; i prodotti alimentari, e così via. Tutto il sistema è messo in tensione; il fattore Russia, causa prima degli aumenti dei costi dell’energia e dei prodotti agroalimentari, sta destabilizzando la divisione internazionale del lavoro, perché tutti i players sono alla ricerca di nuovi livelli di produttività, attuando una concorrenza il più aggressiva possibile.

Per frenare questo disastro occorrono più fondi all’innovazione, più dinamismo tecnologico, nuova vivacità imprenditoriale.
Questa politica industriale vale ancor di più per l’economia italiana, che presenta gravi ritardi in materia di tecnologie avanzate, di transizione digitale e di intelligenza artificiale. Il nostro mondo del lavoro è debole, e i lavoratori si sono impoveriti in questi anni. Le politiche attive del lavoro, elaborate dai governi che si sono succeduti negli ultimi decenni, si sono dimostrate poco efficaci. L’indirizzo da seguire è quello di creare produzione per un lavoro sostenibile. Questo significa il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione dell’impresa, perché ciò assicura una loro autentica dignità e consente di esprimere pienamente l’intelligenza di chi lavora. Significa rafforzare la stessa impresa, perché tutte le sue componenti trovino le ragioni per un pieno coinvolgimento nel partecipare al confronto competitivo imposto dalle dinamiche dei mercati e dell’innovazione.

E le risorse del Pnrr? È assolutamente necessario avviare e sostenere un piano di transizione tecnologica e gestionale con l’obiettivo di far crescere la competitività globale delle imprese italiane. In primo piano, non può che emergere un grande impegno finalizzato alla realizzazione di progetti di formazione-educazione dei lavoratori, con il pieno coinvolgimento dei grandi soggetti elaboratori di cultura e d’innovazione, come sono le università, i centri di ricerca e i laboratori tecnologici più avanzati, in collegamento con i territori e, quindi, in primo luogo, con i Comuni che possono diventare i principali attori dell’attuazione dei progetti formativi.
Tutto ciò presuppone, per la politica governativa, il superamento della logica dei sussidi monetari e fiscali seguita finora e degli interventi a pioggia, che non entrano nel merito della qualità e della sostenibilità dei piani di produzione e dei progetti, oltre che della loro valenza formativa e innovativa. Presuppone, quindi, che vengano forniti, secondo una logica selettiva, servizi reali: alle imprese, ai lavoratori, e agli enti territoriali, partecipi di un ampio progetto di trasformazione del sistema economico del Paese.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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