Addio a Sinéad O’Connor, anima fragile dalla voce d’usignolo

- di: Barbara Leone
 
Tormentata, penetrante, originale, talentuosa e bellissima. Con quella voce armoniosa e limpida, dal timbro tagliente e inconfondibile, la testa provocatoriamente rasata e gli occhi enormi spalancati sul mondo. Un mondo ancora dolcemente lento e rarefatto, che con trepidante curiosità attendeva l’alba del nuovo Millennio. E’ il 1990: l’anno dell’inizio della Guerra del Golfo, del Nobel per la pace a Gorbačëv e dei Mondiali in Italia. In sottofondo, oltre alle memorabili “Notti magiche” intonate da Bennato e Nannini, a far da colonna sonora ai nostri spensierati giorni di liceali pieni di sogni e belle speranze c’era lei: Sinéad O’Connor, che con la suua “Nothing Compares 2 U” scalò in breve tempo le classifiche di tutto il mondo.

Addio a Sinéad O’Connor, anima fragile dalla voce d’usignolo

Una ballata struggente e romantica, scritta qualche anno da Prince per i Family, uno dei suoi progetti paralleli. Il brano non ebbe grande successo fin quando Sinéad non decise di inciderlo nel suo album “I do not want what I haven’t got”. Una versione, quella della giovane artista irlandese, che era molto diversa dall’originale: più orchestrata, intensa e carica di sentimento. Impreziosita da un emozionante videoclip, in cui nel finale la cantante si lascia andare ad un pianto molto commovente.

E che venne proclamata il singolo numero uno al mondo nel 1990 dai Billboard Music Awards. Contrariamente alla versione originale, che raccontava la tristezza di un rapporto sentimentale andato in pezzi, quello di Sinéad era un omaggio a sua madre, con la quale aveva sempre avuto un rapporto tormentato e che, presumibilmente, aveva contribuito in larga parte ad accentuarle una latente depressione. Il famoso “male di vivere”, male dell’anima che sgretola lentamente ogni nostra certezza. Un dolore che nessuna acqua può spegnere, se non (forse) la forza dell’amore di chi, anche in silenzio, riesce ad accarezzare il buio. Un buio nel quale Sinéad O’Connor, anima tormentata e fragile, era sprofondata da anni. Complice una vita, e soprattutto un’infanzia, dolorosa. Dopo che, a seguito della separazione dei genitori, era stata affidata alla madre alcolizzata ed a sua volta depressa. E poi droghe, depressioni, bipolarismi, manie suicide, sparizioni, richieste disperate d’aiuto.

Fino alla conversione all’islamismo ed alla perdita del figlio diciassettenne, impiccatosi un anno e mezzo fa. “Sono completamente sola, non c’è nessuno nella mia vita”, aveva detto tempo fa in un lungo video pubblicato sui social. “Se fosse per me, me ne sarei già andata”. Una fine annunciata, quella di Sinéad O’Connor morta ieri a soli 56 anni. Ma che nonostante tutto lascia l’amaro in bocca ed una timida lacrima che ci riga il viso. Perché, proprio come recita la canzone che l’ha resa leggenda, “niente può fermare la caduta di queste lacrime di solitudine”.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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