Giusto lo sciopero, ma non calpestando i diritti dei cittadini

- di: Redazione
 
''Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano''.
 

La Costituzione, come (quasi) tutte quelle dei Paesi retti da un sistema istituzionale, è chiara, perché, per quanto possibile, coloro che, finita la follia del fascismo, furono chiamati a redigerla, vollero che il testo fosse inequivocabile, blindato da qualsiasi interpretazione che non fosse quello che loro intendevano.  
Per questo, anche troppo spesso, ci si appella alla Costituzione per questo o quell'argomento, dimenticando che la carta fondativa della Repubblica deve tutelare tutti e per questo non può soggiacere a strumentalizzazioni.

Giusto lo sciopero, ma non calpestando i diritti dei cittadini

A cominciare dallo sciopero e da chi lo può attuare o esercitare. L'articolo 40 della Costituzione è netto nel riconoscere il diritto di sciopero, specificando che esso può essere attuato (solo in forma collettiva) nell'ambito delle leggi. Ma, al di là delle leggi ''scritte'', ci sono anche quelle del buonsenso, della ragionevolezza, del rispetto per i diritti dei cittadini, anche di quelli che condividono i motivi che inducono a, come si diceva un tempo, incrociare le braccia. 
Lo sciopero che Cgil e Uil hanno indetto per il 17 novembre e che ha l'obiettivo di dimostrare l'opposizione del sindacato (anche se la Cisl si è da tempo defilata dalla linea dura degli altri) può essere compreso se intende portare il governo su posizioni diverse rispetto ad argomenti importanti, quali il lavoro, le pensioni, il costo della vita, i servizi e via discorrendo.
Chi non potrebbe essere d'accordo suo fatto che i sindacati perseguono un miglioramento della vita degli italiani?
Ma il nodo della discussione che sta infiammando il panorama non è sulla liceità dello sciopero, come forma di protesta, ma le modalità di attuazione che rischiano di colpire indiscriminatamente nel mucchio, contribuendo ad una quasi totale paralisi del Paese. 
Perché, pur se le fasce orarie di tutela della cittadinanza utente dei servizi devono essere garantite , va da sé che i disagi saranno enormi, facendone pagare il prezzo a milioni di persone alle quali  la protesta sindacale impedirà di fare cose essenziali per la loro esistenza quotidiana. A cominciare dal lavoro.
Che poi queste forme di protesta collettiva vengano fatte cadere (certo per purissima coincidenza) prima del week end o subito dopo, si presta a malevoli interpretazioni. Eppure è così e questo ingenera il sospetto che non c'entri affatto il caso. 
Non crediamo - ci imponiamo di non crederlo - che si tratta di una scelta consapevole, ma forse sarebbe il caso che, dallo sciopero prossimo venturo, la data venga scelta con maggiore oculatezza. E magari optando per forme di protesta altrettanto spettacolari, ma che non paralizzino il Paese. Perché - visti i dati recenti che certo non inducono ai trionfalismi - anche una sola giornata di lavoro persa va a impattare pesantemente sul Pil.
Se, come è giusto che sia, i sindacati (almeno Cgil e Ui) pensano che il governo della cambiare rotta o almeno correggerla scelgano modi diversi per gridarlo, senza gettare il Paese intero nel caos. 
E' di questo che stiamo parlando, non delle bordate di qualche ministro che improvvidamente attacca, sapendo di esporsi a critiche anche molto pungenti. Se si vogliono cambiare le cose si cerchino insieme modi e tempi. Cosa certo non facile quando non c'è più confronto, ma solo preconcetta contrapposizione.
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