L’economia russa tra guerra e resistenza: la sfida di Elvira Nabiullina

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 

L’economia russa, da anni sotto la pressione delle sanzioni occidentali e ora appesantita dai costi della guerra in Ucraina, sembra camminare sul filo di un equilibrio sempre più precario. A fare da contrappeso, in una realtà segnata da inflazione galoppante e squilibri macroeconomici, c’è la figura di Elvira Nabiullina, governatore della Banca Centrale, un tecnico che ha provato a mantenere una rotta razionale nonostante il mare in tempesta. Ma il sistema, che finora ha retto sotto la sua guida, sembra iniziare a cedere sotto il peso delle pressioni politiche e degli interessi oligarchici.

L’economia russa tra guerra e resistenza: la sfida di Elvira Nabiullina

Nabiullina, nominata da Vladimir Putin nel 2013, ha costruito la sua reputazione di economista rigorosa e pragmatica grazie a una politica monetaria che, almeno fino a oggi, ha tentato di arginare l’iperinflazione. Con l’invasione dell’Ucraina e le sanzioni sempre più stringenti, la Banca Centrale ha adottato misure drastiche, come l’aumento progressivo dei tassi d’interesse fino al 21%, per frenare la svalutazione del rublo e contenere la corsa dei prezzi. Nonostante ciò, l’inflazione ha toccato il 10,9% tra ottobre e novembre, mentre la qualità della vita dei russi continua a deteriorarsi sotto il peso di un’economia sempre più orientata alla guerra.

Finora, Nabiullina è riuscita a mantenere una relativa autonomia grazie a un tacito accordo con il Cremlino, che ha visto nella sua competenza un’ancora di salvezza per un sistema economico al collasso. Putin, concentrato sull’obiettivo di una vittoria militare, ha tollerato le politiche restrittive della Banca Centrale, ritenendole un male necessario per garantire la stabilità interna. Ma questo fragile equilibrio sembra essere giunto al capolinea.

La recente decisione della Banca Centrale di non alzare ulteriormente i tassi d’interesse, nonostante le stime che indicavano la necessità di un ulteriore inasprimento, rappresenta un segnale preoccupante. Dietro questa scelta c’è la crescente pressione esercitata su Nabiullina dall’apparato di Putin e dagli oligarchi che continuano ad arricchirsi grazie all’economia di guerra. Il peso delle lobby legate ai settori strategici – acciaio, alluminio, armi – ha prevalso sulla razionalità economica, portando la Banca Centrale a piegarsi alle esigenze politiche del Cremlino.

Le recenti dichiarazioni di Putin, che durante la tradizionale conferenza di fine anno ha affermato che "la guerra fa bene all’economia" e che esistono "altre strade per contrastare l’inflazione" senza ricorrere all’aumento dei tassi, sanciscono di fatto la marginalizzazione del governatore. La figura di Nabiullina, simbolo di una residua professionalità tecnica all’interno delle istituzioni russe, rischia ora di essere relegata a un ruolo puramente formale, mentre l’economia si avvia verso una definitiva militarizzazione.

Le implicazioni di questo cambio di rotta vanno ben oltre i confini della Russia. Una transizione verso un modello economico basato esclusivamente sulla guerra riduce drasticamente le possibilità di una riconversione produttiva nel periodo post-bellico, lasciando il Paese intrappolato in un circolo vizioso di conflitti e dipendenza dagli introiti legati all’industria militare.

Nabiullina, che ha rappresentato finora un fragile argine contro il tracollo economico, è diventata il simbolo di una Russia che prova, faticosamente, a mantenere una parvenza di normalità. Ma in un sistema sempre più dominato dagli interessi bellici e dalla propaganda, il destino del governatore sembra intrecciarsi con quello di un Paese in bilico, diviso tra la sopravvivenza economica e l’ambizione politica del Cremlino. La sua sorte, oggi più che mai, appare legata alla possibilità – ormai sempre più remota – di un ritorno alla razionalità nella gestione della crisi russa.

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