La nuova sanatoria cambia passo: più tempo, meno decadenze e regole più rigide.
La rottamazione delle cartelle 2026 è già uno dei capitoli più discussi della prossima
legge di Bilancio. Non tanto per entusiasmo, quanto perché racconta una realtà difficile:
milioni di contribuenti continuano a fare i conti con debiti fiscali stratificati nel tempo.
Questa sarà la quinta sanatoria in poco più di dieci anni, motivo per cui nei documenti tecnici
circola ormai il nome di rottamazione quinquies.
Secondo le anticipazioni raccolte dalla stampa economica e dai lanci
Ansa di fine novembre 2025, l’obiettivo dichiarato del Governo è duplice:
chiudere una parte consistente dell’arretrato e impedire che la rottamazione venga usata
solo come strumento per rinviare pignoramenti e fermi.
Cosa si può rottamare nel 2026
Il perimetro temporale è uno dei punti chiave. La nuova sanatoria dovrebbe riguardare
tutti i carichi affidati alla riscossione entro il 31 dicembre 2023.
In concreto significa che potranno rientrare:
debiti Irpef, Iva e Ires, contributi previdenziali, multe e sanzioni amministrative,
avvisi bonari non pagati e, salvo scelte autonome di Comuni e Regioni,
anche molti tributi locali.
Restano esclusi i carichi più recenti e alcune tipologie particolari di debiti,
come già avvenuto nelle precedenti edizioni. Su questo punto il
Ministero dell’Economia, in una nota tecnica circolata a dicembre 2025,
ha parlato di “necessaria selezione per evitare nuove sacche di insolvenza”.
Quanto si paga davvero
Il principio di base non cambia: chi aderisce alla rottamazione
paga solo il debito originario.
Vengono cancellati:
sanzioni, interessi di mora e aggio della riscossione.
Restano dovuti invece il capitale e le spese vive di notifica.
È proprio questo sconto a rendere la misura così appetibile.
Secondo le simulazioni pubblicate da diversi quotidiani economici
a gennaio 2026, il risparmio medio può superare il 30-40%
rispetto al carico complessivo iscritto a ruolo.
Rate più leggere e tempi più lunghi
La vera novità è nella struttura dei pagamenti.
La bozza attuale prevede:
rate bimestrali, fino a un massimo di 54 rate,
per un arco temporale di circa nove anni.
La rata minima non potrà scendere sotto i 100 euro.
Salta anche il meccanismo delle maxi-rate iniziali, giudicato uno dei principali
fattori di fallimento delle rottamazioni precedenti.
Inoltre la decadenza scatterà solo dopo il mancato pagamento di due rate,
e non più alla prima.
Chi ha già una rateizzazione in corso
Potranno aderire anche i contribuenti che stanno pagando
un piano di dilazione ordinario.
Inserendo quelle cartelle nella rottamazione,
si beneficia dell’abbattimento di sanzioni e interessi.
Attenzione però: in caso di decadenza dalla rottamazione 2026,
non sarà più possibile chiedere una nuova rateizzazione ordinaria
per gli stessi debiti. È il motivo per cui la misura viene definita,
anche nei dossier parlamentari,
una vera e propria ultima chance.
Fermi, ipoteche e pignoramenti: cosa succede
Con la presentazione della domanda, come confermato da fonti
dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione in un’intervista rilasciata
a metà dicembre 2025, le procedure esecutive vengono sospese.
Questo significa stop a nuovi pignoramenti e congelamento di quelli in corso.
I fermi amministrativi e le ipoteche già iscritti restano formalmente,
ma non producono nuovi effetti fino a quando il contribuente
rispetta il piano di pagamento.
Perché questa rottamazione è diversa
Il messaggio politico è chiaro: meno scorciatoie, più responsabilità.
La maggiore elasticità sulle rate serve a ridurre le decadenze,
ma il divieto di tornare alle dilazioni ordinarie
chiude la porta agli abusi.
Come ha spiegato un commento pubblicato dal
Corriere della Sera il 10 gennaio 2026,
la rottamazione quinquies segna il passaggio
da una sanatoria “difensiva” a una sanatoria “selettiva”.
Per chi ha debiti fiscali rilevanti, il 2026 potrebbe davvero essere
l’ultimo treno. E questa volta, scendere prima del capolinea
potrebbe non essere più possibile.