I repubblicani abbandonano Trump: no al suo veto al bilancio della Difesa

- di: Brian Green
 
Ora è veramente finita, al di là delle frasi ad effetto, delle minacce, del ringhiare continuo contro chi non ne condivide le idee e le convinzioni, come quella di essere stato frodato della vittoria nelle elezioni presidenziali.
Donald Trump, politicamente, è finito. E non lo dicono i media, che lui odia, ma i suoi compagni di partito (ma lo sono mai stati? hanno mai veramente condiviso per intero il suo modo di interpretare il ruolo di presidente?) che, ieri, alla Camera dei Rappresentanti, gli si sono rivoltati votando, insieme ai democratici, per respingere il veto che lui aveva posto sulla legge relativa al bilancio della Difesa.

Il veto è stato bocciato da 212 democratici, ma anche da ben 109 repubblicani, segnando una bruciante sconfitta politica per un presidente che ha esercitato un suo peraltro legittimo diritto - quello del veto - per portare avanti una politica di terra bruciata inaugurata già poche ore dopo i primi risultati del voto delle presidenziali.
La legge sulla Difesa ha un budget di 740,5 miliardi di dollari, in cui è stato incluso un aumento della retribuzione pari al 3 per cento. Èstata approvata all'inizio di dicembre sia dalla Camera (dove i democratici hanno una netta maggioranza) che dal Senato (controllato dai repubblicani).

Ma il 23 dicembre spiazzando soprattutto i repubblicani ha annunciato di avere posto il veto.
Una linea motivata sia per i riflessi di politica internazionale (ad esempio nel rapporto con la Cina), ma anche interna, muovendo critiche al testo della legge che prevede la possibilità di cambiare il nome di basi militari intitolate ai generali confederati, che combatterono, durante la guerra di secessione, per difendere la schiavitù. Una presa di posizione abbastanza comprensibile considerando che Trump ha pescato a piene mani nell'elettorato costituito dai suprematisti bianchi e dai nostalgici della Confederazione, spesso alimentandone la rabbia anti-sistema.
Trump avrebbe, poi, voluto che nel testo fosse inclusa l'abolizione di una legge, nota come articolo 230 , a tutela dello status giuridico dei social network, contro i quali, sin dal suo insediamento, ha ingaggiato una durissima battaglia ritenendoli a lui avversi.

Questa è la prima volta, su nove, che il Congresso ha raccolto i voti necessari per bocciare un veto posto da Trump.
Non è stata ancora fissata la data per il passaggio in Senato della legge osteggiata da Trump. Nella camera alta, sarà necessaria una maggioranza di due terzi per superare il veto di Donald Trump.
Come raramente accaduto nel recente passato, poi, alla Camera 231 democratici hanno visto accanto a loro (e quindi contro Trump) 44 repubblicani nel voto che ha aumentato da 600 a 2.000 dollari l'importo degli assegni di sostegno agli americani in difficoltà economiche a causa della pandemia di Covid-19.
La presidente della Camera, la democratica Nancy Pelosi, prima del voto aveva dichiarato: "I repubblicani hanno una scelta: votare per questa legge o negare agli americani in difficoltà l'assegno di cui hanno bisogno".

Tuttavia, il futuro di questa misura al Senato resta molto incerto.
Continua intanto a fare rumore l'editoriale del New York Post, da sempre accanto a Trump, con cui il quotidiano della Grande Mela, domenica scorsa, si è rivolto al presidente chiedendogli di porre fine a "questa triste commedia" e "riconoscere la vittoria di Joe Biden".
"Capiamo, signor Presidente, che lei sia arrabbiato per aver perso. Ma continuare su questa strada è disastroso" - si legge nell'editoriale -  "Ti diamo questo consiglio come giornale che ti ha supportato: se vuoi rimanere influente, o anche preparare il terreno per un ritorno, devi trasformare la tua rabbia in qualcosa di più produttivo".
Ieri il presidente ha trascorso la mattinata in Florida, nel Trump International Golf Club, di Mar-a-Lago. Sin qui nessuna novità, se non che forse per la prima volta Trump s'è tenuto lontano da Twitter.
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