Report mensile sulle Mid Small Cap italiane: il rimbalzo dovrebbe proseguire nel 2024

- di: Andrea Randone, Head of Mid Small Cap Research di Intermonte
 

·         Performance (+). Il mercato azionario italiano (prezzi al 15 dicembre 2023) è salito del 3,2% nell'ultimo mese ed è in rialzo del 26,1% su base annua. L'indice FTSE Italy Mid-Cap (+4,8%) ha sovraperformato l'indice principale dell'1,6% nell'ultimo mese (-14,8% su base annua), mentre l'indice FTSE Italy Small Caps (+4,5%) ha registrato una performance dell'1,3% superiore al mercato e del -28,4% su base relativa dall'inizio del 2023. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l'indice MSCI Europe Small Caps è salito del 5,6% nell'ultimo mese, registrando una performance leggermente migliore rispetto alle mid-cap italiane.

·         Stime (+/-). Dall'inizio del 2023, abbiamo attuato una revisione al rialzo del +19,0% delle nostre stime sugli EPS per il 2023, mentre la revisione è stata più contenuta (+10,6%) sugli EPS per il 2024; concentrandoci sulla nostra copertura mid/small cap, invece, dal 1° gennaio 2023 abbiamo aumentato gli EPS 2023 di appena il 5,9%. In particolare, nell'ultimo mese abbiamo ridotto le nostre stime per i titoli del FTSE MIB (-0,3% sugli EPS 2023) e in modo più marcato per i titoli del FTSE Small (-5,5%), mentre abbiamo marginalmente migliorato le nostre previsioni per le mid-cap (+1,2%).

·         Valutazioni (-). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime per l'esercizio ‘23 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un re-rating YtD del 7,9% (la stessa metrica era +3,2% un mese fa); le mid-cap si sono rivalutate dell'1,5%, mentre le small cap del 27,3%. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 35% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%) e del livello di un mese fa (31%).

·         Liquidità (+). Osservando l'andamento degli indici ufficiali italiani, notiamo che la liquidità delle large cap nell'ultimo mese (misurata moltiplicando i volumi medi per i prezzi medi in un determinato periodo) è superiore del 34,1% rispetto allo stesso periodo di un anno fa, ma è in crescita solo del 7,5% a livello annuale. Il quadro è più preoccupante per le mid/small cap: nello specifico, la liquidità per le mid cap è scesa del 9,1% YoY, mentre per le small cap è scesa del 13,0% YoY, nonostante il miglioramento dell'ultimo mese, dovuto soprattutto al più favorevole confronto su base annua.     

·         Strategia d’investimento. Nell’ultimo mese, le società italiane a media capitalizzazione hanno proseguito su un trend rialzista, sostenuto dall’anticipazione dei tagli dei tassi che si prevede la Federal Reserve effettuerà nel 2024. Tuttavia, la BCE ha fornito indicazioni più prudenti e le importanti emissioni pianificate per il primo trimestre 2024 suggeriscono la probabilità di alcuni alti e bassi per quanto riguarda la curva dei rendimenti. In Italia, il margine di manovra sulla Legge di Bilancio sembra limitato, il che implica presumibilmente un altrettanto limitato impatto del tema politico sui mercati azionari. Per quanto riguarda gli andamenti operativi, i risultati del 3Q23 hanno offerto indicazioni relativamente confortanti, sottolineando in molti casi l'attrattiva fondamentale di varie società, anche se con qualche delusione tra alcune aziende industriali e di consumo che soffrono del rallentamento economico in corso. In questo scenario, consigliamo di aumentare il peso dei titoli a media capitalizzazione, soprattutto quelli che offrono una buona generazione di cassa. Nonostante il rimbalzo, i titoli tecnologici sembrano ancora interessanti, insieme ad alcune utilities e ad alcune aziende che possono contare su un significativo portafoglio ordini. In termini di flussi PIR, nei primi 10 mesi dell’anno i riscatti hanno superato i 2,3 miliardi di euro e la visibilità su un'eventuale inversione di tendenza resta bassa. La recente modifica normativa che consente agli investitori di detenere più di un piano di risparmio personale (PIR) potrebbe favorire una ripresa di questo importante strumento.

I deflussi dai PIR sono proseguiti anche in ottobre

Nella sua revisione trimestrale del 22 novembre 2023, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del terzo trimestre ‘23. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 731 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato afflussi per 7,5 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 16,3 miliardi di euro, mentre 1,5 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi.

Secondo l'Osservatorio PIR del Sole 24 Ore, i dati sui deflussi in ottobre sono rimasti poco incoraggianti, pari a -172,1 milioni di euro, portando i deflussi dei primi dieci mesi dell’anno a un totale di 2,3 miliardi di euro.

Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell'indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l'eliminazione dell'imposta sulle plusvalenze a condizione che l'investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

Il PIR alternativo è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all'economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L'importo massimo investibile all'anno è di 300.000 euro per persona (contro i 40.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail).

Stime sui PIR ordinari (ancora) ridotte

I dati di Assogestioni relativi ai primi nove mesi del 2023 mostrano 2.156 milioni di euro di deflussi e i dati preliminari di mercato relativi ad ottobre (-172,1 milioni di euro) confermano questo trend negativo. Di conseguenza, abbiamo ulteriormente ridotto le nostre stime per l'anno in corso: al momento prevediamo deflussi pari a 2,5 miliardi di euro, rispetto all’1,9 miliardi delle stime precedenti.

Se si guarda alle ragioni dei riscatti dai fondi PIR, si può certamente ipotizzare che molti investitori, per via delle performance positive alla scadenza dei 5 anni (periodo di investimento minimo necessario per godere dei benefici fiscali sulle plusvalenze), abbiano deciso di incassare per poter indirizzare i propri risparmi verso altri fondi e mercati.

Una nota positiva è rappresentata dalla recente approvazione da parte del governo italiano di un nuovo emendamento che consente agli investitori di detenere più di un piano di risparmio personale (PIR). Il piano non comporterà alcun costo aggiuntivo per il governo, poiché il tetto di investimento di 40.000 euro all'anno per persona (o 200.000 euro in 5 anni) rimane invariato. Accogliamo con grande favore questa iniziativa, che ci auguriamo possa rilanciare gli afflussi verso i fondi PIR, in quanto il vantaggio di diversificare su più prodotti PIR potrebbe aumentare gli investimenti dei singoli.

Nel lungo termine, ci aspettiamo che l'interesse per questo prodotto rimanga piuttosto elevato grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell'investitore.

Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

·         Per il 2023, ipotizziamo una raccolta lorda di nuovi sottoscrittori di PIR pari a 50 milioni di euro;

·         Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno;

·         Infine, calcoliamo che l'ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo sarà pari al ~18% degli Assets under Management nel 2023.

Il Magazine
Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
Iscriviti alla Newsletter
 
Tutti gli Articoli
Cerca gli articoli nel sito:
 
 
Vedi tutti gli articoli