I dati che hanno mostrato che, tra luglio e settembre, l'economia britannica si è contratta stanno facendo nuovamente aleggiare lo spettro della recessione sul Regno Unito.
Regno Unito: cala l'inflazione, ma torna lo spettro della recessione
Mentre le precedenti previsioni anticipavano che la crescita sarebbe stata piatta, i dati relativi al prodotto interno lordo riferiscono di un arretramento dello 0,1%. Questo mentre, tra aprile e giugno, la crescita è stata pari a zero, a fronte di una stima che accreditava una crescita pari allo 0,2%. Qualche economista, dando prova di un pizzico di ottimismo, ha commentato che i dati potrebbero significare che è iniziata la più lieve tra le recessioni possibili. Che comunque resta una prospettiva poco piacevole per un'economia che da troppo tempo è in affanno. Continuano a pesare i ripetuti aumenti dei tassi di interesse che, decisi dalla Banca d'Inghilterra per contrastare la corsa dell'inflazione, condizionano la spesa dei consumatori.
Né, a rasserenare gli animi e le prospettive, sono le rilevazioni dell'Ufficio per le statistiche nazionali, che ha rivisto al ribasso le sue previsioni, dopo avere constatato che le imprese nella produzione cinematografica, nell'ingegneria e nel design, nonché nelle telecomunicazioni, "stavano tutte andando un po' peggio di quanto pensassimo". Una frase che, visto il rigore degli analisti e i numeri sui quali essi lavorano, sa tanto di un elegante tentativo di edulcorare il senso del messaggio. Soprattutto perché, secondo l'Ufficio statistico, non è che dalle imprese più piccole - legate soprattutto all'industria dell'ospitalità e della tecnologia - siano arrivate buone notizie, mostrando invece "performance più deboli".
Eppure il sorprendente calo dell’inflazione a novembre (determinato soprattutto dalla forte contrazione dei prezzi dei carburanti) ha alimentato le speranze che la Banca d’Inghilterra inizi a tagliare i tassi di interesse prima del previsto. Il taglio sarebbe giustificato dai risultati conseguiti nella lotta all'inflazione, che, il mese scorso, è scesa dal 4,6% al 3,9%, raggiungendo la soglia più bassa da oltre due anni.
Ora le speranze di molti è che, alla luce degli evidenti risultati conseguiti nella lotta all'inflazione, la Banca d'Inghilterra possa decidere di tagliare i tassi. Cosa che, a detta degli economisti, potrebbe accadere nei primi sei mesi del prossimo anno, cioè prima del previsto.
Oltre al calo dei prezzi dei carburanti, a trascinare verso il basso la curva dell'inflazione sono stati anche quelli dei prodotti alimentari e dei beni per la casa.
Ma, pur se oramai lontana dal picco dell'estate dello scorso anno, l'inflazione è ancora quasi doppia rispetto all'obiettivo del 2 per cento annuo che si è posta la Banca d'Inghilterra. Quindi le famiglie no percepiranno le migliorate condizioni dell'economia, perché il costo delle bollette energetiche resterà alto, così come alti continueranno ad essere gli oneri finanziari rimangono elevati.
E' il concetto che ripetono gli economisti quando affermano che è fondamentale che nessuno dimentichi che, anche se l'inflazione sta diminuendo, non significa che i prezzi stanno calando. E nemmeno si deve dimenticare che non tutti hanno ottenuto negli ultimi due anni gli aumenti salariali in grado di contrastare un'inflazione che ha galoppato.
Poi ci sono gli effetti emotivi che le condizioni di oggettiva difficoltà economica comportano soprattutto in questo periodo, quando le spese per le festività incideranno in bilanci domestici che forse non potevano permettersele.
Il paradosso è che i consumatore medio, quello che va a comprare quotidianamente soprattutto i generi alimentari, sebbene i prezzi di alcuni sono scesi, non percepisce questo come un fenomeno generalizzato, perché altri sono saliti. Quindi, se l’aumento dei prezzi del latte, del formaggio e delle uova è rallentato, i costi dell’olio d’oliva, dello zucchero e della cipolla rimangono molto più alti.