Cronache dai Palazzi - La politica disquisisce di Giustizia, dimenticando i problemi della gente
- di: Redazione
Se si va a rileggere l'intervento che il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha fatto in Parlamento, in difesa della ''sua'' riforma, si notano tante conferme (come la volontà di ridisegnare il profilo dei reati contro la pubblica amministrazione, di fatto depotenziando, sino a cancellarlo, l'attuale quadro legislativo) e pochissime novità, forse addirittura nessuna se si guarda a quel che il Guardasigilli va dicendo da mesi.
Ma, come sosteniamo da tempo, da quando Nordio ha cominciato a disegnare come deve essere la Giustizia, intesa non come principio, ma come applicazione delle leggi, è questo un argomento che rischia di portare a livello altissimo lo scontro con l'opposizione, anche se in essa formalmente figurano partiti che alla ''madre di tutte le riforme'' fanno l'occhiolino, non tanto all'inquilino di via Arenula, quanto a chi ha in mano le chiavi del potere.
Ma questa è un'altra storia.
Quello che resta, del discorso di Nordio, è il timore delle conseguenze, concrete e immediate, degli interventi che si intendono fare.
La politica disquisisce di Giustizia, dimenticando i problemi della gente
Quali, ad esempio, l'azzeramento, come reato, dell'abuso d'ufficio e del traffico di influenze, in un momento in cui molte procure stanno tirando le fila di indagini che rischiano di fare saltare il tappo a situazioni imbarazzanti per la politica in generale - quindi non del singolo partito -. Però questo sembra non intaccare la volontà del Governo di riformare la Giustizia, parlando dei massimi sistemi, quando forse, invece, sono altri i problemi che la gente comune (quella, lo ricordiamo a noi stessi, poi si mette in fila davanti ad un seggio per votare) avverte nella galassia giudiziaria italiana, dove, quotidianamente, vanno in scena drammi e commedie, senza che di questo sembra restare traccia nell'attività di chi ci governa, ma anche di chi fa opposizione, o fa finta di farla.
Per il ministro Nordio, quindi: i pubblici ministeri hanno troppi poteri; il numero delle intercettazioni è spropositato e troppo costoso; le carriere dei magistrati devono essere separate; il sequestri dei telefoni cellulari ''è barbaro Medioevo'', perché consente l'accesso alla vita privata degli indagati; bisogna rivedere i parametri della corruzione. Tutti argomenti di grande interesse, ma che forse hanno poco appeal in chi assiste, quotidianamente, alle distorsioni di un sistema giudiziario che si basa troppo sulla soggettività di giudizio dei magistrati. Come accadrà, da ieri in avanti, quando qualcuno parteciperà a manifestazioni pubblico facendo il saluto romano, che il pm dovrà giudicare e capire se è un semplice gesto di partecipazione ad un evento pubblico o nasconda il progetto di ricostituire il partito fascista.
In base al pronunciamento della Cassazione a sezioni unite, il magistrato inquirente, quindi, deve dapprima ravvisare un evento (il saluto romano) e quindi interpretarlo, a secondo delle motivazioni ideologiche chi l'ha fatto, se cioè è il segnale di una deriva eversiva o un semplice gesto. Come se le procure non avessero già i loro problemi, tra migliaia di procedimenti e una carenza di organici che tutti denunciano, ma alla quale nessuno riesce a mettere rimedio.
Come un altro problema importante, quello delle carceri che, come si usa dire, ormai stanno implodendo senza che si mettano dei soldini per costruirne di nuove, magari non pensando a misure tampone quanto estemporanee, comunque bisognevoli di fondi che oggi non ci sono (e nemmeno domani).
Intanto nelle carceri si muore, per depressione, sovraffollamento, protesta, violenza (generica...).
Eppure la Giustizia, quella che dovrebbe essere eguale per tutti, quale sia il piatto della bilancia su cui si è finiti, sembra ormai essere strabica, con decisioni e comportamenti che dovrebbero indurre a riflessioni tutti, non solo chi è direttamente interessato.
Allora, mentre ci si sorprende che un ex volto noto della televisione (e che da tempo soffre di problemi comportamentali) sia stata condannata a 15 mesi di reclusione (la pena è stata sospesa) per avere estorto 15 - sì, appena 15 - euro alla sorella, per restituirle un mazzo di chiavi, pochi, se non chi politicamente ha interesse a rinfocolare la polemica, si meravigliano su come sia possibile che, a venti giorni dall'accaduto, ancora non si sappia nulla di ciò che sia accaduto la notte di Capodanno, quando, dalla pistola di un deputato è partito un colpo che ha ferito uno dei partecipanti ad una festa.
Forse, prima di parlare dei massimi sistemi, qualcuno - sempre pronto a fare interrogazioni e a minacciare commissioni d'inchiesta - si dovrebbe interrogare su quali siano le priorità della Giustizia. La prima delle quali - e non c'è bisogno di sorridere - è quella di essere giusta.