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L’intervento/ Default comunicativo a sinistra

- di: Bruno Chiavazzo, giornalista e scrittore
 
L’intervento/ Default comunicativo a sinistra
La sinistra perde il racconto, mentre Meloni vola alto accanto a Trump.

Dai commenti sui social e in televisione dei vari esponenti della sinistra italiana all’incontro dei capi di governo europei con Trump, si evince chiaramente che vedere Giorgia Meloni seduta a capotavola, alla sinistra di Trump, sia stato un travaso di bile. Si aspettavano che la premier italiana fosse confinata nelle retrovie e invece quel paraculo di Trump l’ha voluta accanto a sé, sperticandosi in lodi e smancerie.
Del merito dell’incontro non ho visto o letto un commento degno di nota. I vari Conte, Calenda, Schlein e i due dioscuri paracomunisti di Avs, Fratoianni e Bonelli, non sono riusciti ad andare oltre al fuori onda in cui Meloni perculava la stampa italiana dicendo che non la sopporta. Dell’Ucraina, di Putin, non gliene poteva fregare di meno.
Sono convinti che vinceranno le prossime elezioni attaccandola sul fascismo, sull’autoritarismo, sull’identità democratica, come se agli italiani – a cui non importa nulla della guerra alle porte dell’Europa – potessero interessare i fasci di combattimento e il duce. Gli elettori vedono in televisione Giorgia che parla con Trump, Macron, Merz, Zelensky, e tanto basta. Non a caso i sondaggi, per quello che valgono, danno stabilmente in testa Fratelli d’Italia.

Anche se circondata dai vari Lollobrigida, Santanchè, Donzelli e compagnia cantante, il perno su cui tutto gira è Giorgia, che traina il resto. La vediamo sempre in pose ufficiali, che riceve capi di Stato, che parla da tribune nazionali o internazionali: insomma uno standing da leader, che non si cura delle pochezze e meschinità italiane, ma vola alto.

Diversa la sorte di Schlein, inquadrata sempre a qualche festa dell’Unità, in qualche protesta di strada o mentre entra ed esce dalla sede del suo partito. Quando va bene, quando va male, su qualche carro dell’orgoglio gay o agitandosi a un concerto rock.

Si dirà che la televisione pubblica e, in parte, quella privata (tranne La7, che sembra una parodia della Rete Tre di Guglielmi e Curzi della fine degli anni ‘80), sia filomeloniana. È vero. Ciò non toglie che per decenni la sinistra ha gestito la Rai come la cucina di casa, senza però scalfire la maggioranza conservatrice dell’elettorato italiano. L’avvento di Berlusconi con i suoi show, i suoi quiz e l’intrattenimento pubblicitario ha fatto il resto.

Oggi la Rai è come la vecchia zia un po’ rincoglionita, che vive di ricordi e nostalgia, e che evita accuratamente di offrire qualcosa che vada oltre il déjà vu. La regola resta quella del conte zio nei Promessi Sposi: “Sopire, troncare, troncare, sopire…”.

Per finire, una curiosità: mi piacerebbe sapere chi è l’amico del capogruppo al Senato di Fratelli d’Italia, Lucio Malan, al Tg3. Non passa edizione che non venga ripreso mentre cammina a passo svelto, come se avesse qualcosa di fondamentale da fare. Lo so, è ridicolo, ma la cosa m’intriga.

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