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Piazza Affari a razzo: l’anno da record tra Opa e boom scambi

- di: Marta Giannoni
 
Piazza Affari a razzo: l’anno da record tra Opa e boom scambi
Piazza Affari record 2025: Ftse Mib +30%, Opa e scambi al top
Ftse Mib in volata, capitalizzazione sopra i mille miliardi e finanza Esg in versione “certificata”.

Nel 2025 Piazza Affari ha fatto una cosa che a Milano non dispiace mai: ha allargato la giacca. Non solo in termini di performance (un +30% che riporta alla memoria i grandi rally del passato), ma anche come peso “di sistema”: il valore complessivo delle società quotate ha oltrepassato la soglia psicologica dei mille miliardi, tornando a far parlare la Borsa come una infrastruttura centrale dell’economia e non come un grafico in coda ai telegiornali.

Il dato simbolo è questo: 1.042 miliardi di euro di capitalizzazione complessiva a fine anno, pari al 47,2% del Pil. Tradotto: il listino italiano, nel giro di dodici mesi, ha guadagnato massa e visibilità, risalendo dal 38% circa registrato l’anno precedente.

Il 2025 dei mercati: non solo rally, anche “cambio di passo”

Il Ftse Mib ha chiuso l’anno con un progresso intorno al 30%, e in scia si è mosso anche il paniere più ampio: il Ftse All Share ha mostrato una dinamica simile, mentre il segmento delle Pmi di crescita ha corso meno, segnalando una forbice che inizia a pesare tra grandi nomi e mercato “junior”.

Ma la vera fotografia del 2025 è un’altra: la Borsa è tornata ad essere un luogo di scambio “serio”. Il controvalore complessivo degli scambi azionari ha superato 868 miliardi di euro, con oltre 93 milioni di contratti. In media, circa 3,5 miliardi di euro al giorno hanno cambiato mano: livelli che riportano alla memoria la stagione pre-crisi finanziaria.

Due giornate, da sole, raccontano l’intensità del mercato: una ha segnato il massimo storico per numero di contratti (oltre 1,4 milioni), un’altra ha superato i 9 miliardi di euro di controvalore. Quando succede, non è solo rumore: è liquidità che chiama liquidità.

L’anno delle Opa: 23 offerte e una Borsa “contendibile”

Se il 2025 fosse una sceneggiatura, il colpo di scena ricorrente sarebbe sempre lo stesso: “arriva un’Opa”. In dodici mesi se ne contano 23, per un controvalore complessivo attorno a 2,2 miliardi di euro. Non sono numeri da “grande privatizzazione” e nemmeno un’onda stile anni Novanta: è, piuttosto, un segnale strutturale.

Perché quando aumentano le offerte pubbliche, di solito significa tre cose: valutazioni percepite come interessanti, azionariati che si muovono e un mercato che, tra delisting e consolidamenti, diventa più dinamico. E non è un dettaglio che il numero complessivo di società quotate sia sceso: 411 a fine anno, rispetto alle 421 dell’anno precedente.

Unicredit regina degli scambi, ma il punto è la “profondità”

A guidare la classifica dei titoli più trattati c’è Unicredit, sia per numero di contratti sia per controvalore: oltre 91 miliardi di euro scambiati sul solo titolo nell’arco dell’anno. È un primato che conta, ma conta ancora di più ciò che suggerisce: quando la liquidità si concentra su nomi “core”, il mercato diventa più efficiente, però rischia di lasciare indietro i segmenti più piccoli.

Il 2025, infatti, mostra un’Italia finanziaria in due velocità: grandi capitalizzazioni con scambi robusti, e un universo di Pmi dove la raccolta in Ipo è più faticosa e il flottante spesso ridotto.

Quotazioni Pmi: 21 debutti su Euronext Growth Milan, ma raccolta in calo

Sul fronte del mercato primario, l’anno ha registrato 21 nuove ammissioni, concentrate su Euronext Growth Milan (con un caso sul segmento professionale). La raccolta complessiva in Ipo è stata di circa 124 milioni di euro, un valore inferiore rispetto all’anno precedente.

Non è un collasso, ma è un messaggio chiaro: in un contesto dove il “capitale paziente” costa e la selettività degli investitori aumenta, le Pmi devono lavorare di più su governance, equity story e dimensione dell’offerta. E sì: anche sul pricing.

Obbligazioni e titoli di Stato: quando il retail fa numero (e mercato)

L’altra gamba del 2025 è il reddito fisso. Sul mercato obbligazionario italiano sono quotati 1.727 strumenti (tra titoli di Stato, obbligazioni, eurobond e Abs), con una media giornaliera di circa 27 mila contratti.

Ma la cifra che colpisce di più arriva dalle emissioni dedicate al risparmio delle famiglie: la distribuzione del Btp Più e delle principali emissioni retail del Tesoro ha portato, nelle fasi di collocamento, una raccolta di decine di miliardi e un volume di contratti molto elevato.

Un esempio concreto: la prima emissione del Btp Più (febbraio 2025) ha raccolto circa 14,9 miliardi di euro con 451.831 contratti. Numeri che spiegano perché il mercato italiano, quando “parla” con il risparmiatore, riesce ancora ad avere una potenza di fuoco notevole.

Finanza Esg: dal “verde di marketing” al verde con regole

Nel 2025 la finanza sostenibile ha fatto un salto di qualità: meno storytelling, più standard. Il passaggio chiave è l’entrata in applicazione dello European Green Bond Standard, che rende più stringenti trasparenza, uso dei proventi e verifiche esterne per chi vuole usare l’etichetta EuGB.

In questo contesto, un’operazione ha fatto da apripista: A2A ha collocato un bond “EuGB” da 500 milioni a inizio anno, segnalando che anche gli emittenti corporate possono giocare con regole europee più severe. "Il primo sul mercato per questo nuovo strumento da parte di un emittente corporate europeo".

La scia non si è fermata: anche grandi infrastrutture energetiche hanno pubblicato documentazione dedicata e avviato emissioni in linea con lo standard, contribuendo a costruire un mercato in cui “Esg” non è un adesivo, ma un set di vincoli verificabili.

Il rimpatrio dei bond: la partita invisibile (ma enorme) dell’infrastruttura

C’è poi un tema meno “da prima pagina” ma decisivo per la competitività: riportare in Italia una parte delle emissioni obbligazionarie che storicamente finivano quotate o accentrate altrove. Nel percorso avviato con il Debt White Paper, tra fine 2024 e dicembre 2025 risultano rientrati 24 programmi di emissione di 20 emittenti, per un ammontare complessivo indicato in oltre 180 miliardi di euro.

Perché conta? Perché quando l’infrastruttura “sta in casa”, non è solo orgoglio nazionale: è efficienza operativa, maggiore integrazione con il mercato domestico e un ecosistema che può attirare nuove emissioni.

Cosa racconta davvero questo record: tre idee per il 2026

Primo: il 2025 certifica che Piazza Affari può essere liquida e attrattiva, ma la sfida è allargare la partecipazione oltre i soliti grandi nomi. Secondo: l’ondata di Opa segnala un mercato “contendibile”, con opportunità ma anche rischio di impoverimento del listino se i delisting superano i nuovi ingressi. Terzo: su obbligazioni e finanza sostenibile, l’Italia ha spazio per crescere se riesce a tenere insieme regole europee, trasparenza e capacità di distribuzione.

In sintesi: il 2025 è stato un anno da applausi, ma non è un punto d’arrivo. È una soglia. E ora viene la parte difficile: trasformare il record in abitudine.

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