Dalle sneaker di lusso alla moka più famosa del mondo: perché Pechino punta sul Made in Italy
Dopo anni di prudenza e rallentamenti, il 2025 segna il ritorno deciso dei capitali cinesi in Italia. Non è una corsa cieca come nel passato, ma una strategia chirurgica, costruita attorno a marchi iconici, storie riconoscibili e un valore simbolico che, nel mercato asiatico, vale oro.
Moda, design, caffè, cosmetica: il Made in Italy torna al centro della mappa degli investimenti internazionali. Con una differenza sostanziale rispetto al passato: oggi non si compra per produrre di più, ma per raccontare meglio.
Perché la Cina investe ancora in Italia
Il cuore dell’interesse cinese è uno solo: la brand equity. I marchi italiani incarnano qualità, autenticità, stile e tradizione. Valori che, nel mercato cinese, consentono di posizionarsi nella fascia alta dei consumi, quella più resistente alle crisi e più attrattiva per la nuova classe media urbana.
Non si tratta semplicemente di acquisire aziende, ma di mettere le mani su identità narrative forti, capaci di sostenere strategie globali e rafforzare il prestigio dei gruppi acquirenti.
Come osservano diversi analisti finanziari, “il consumatore asiatico cerca simboli, non solo prodotti”. E l’Italia, in questo senso, resta un bacino difficilmente replicabile.
Golden Goose, la sneaker che racconta un mondo
L’operazione simbolo del 2025 è senza dubbio quella che ha coinvolto Golden Goose. Il marchio veneziano delle sneaker di lusso è entrato in una nuova fase della sua storia con l’ingresso di capitali cinesi attraverso un grande fondo internazionale.
La valutazione complessiva ha superato i 2,5 miliardi di euro, rendendo l’operazione una delle più rilevanti dell’anno nel settore fashion europeo.
Golden Goose non è solo una scarpa: è un racconto di artigianalità imperfetta, lifestyle urbano e desiderabilità globale. Nata a Marghera come progetto creativo, oggi conta centinaia di boutique monomarca in oltre venti Paesi.
Un investitore coinvolto nell’operazione avrebbe sintetizzato così la scelta: “Non compriamo volumi, compriamo desiderio”.
Bialetti, quando la moka diventa un asset strategico
Dal lusso al rito quotidiano del caffè. Anche Bialetti, uno dei simboli industriali più riconoscibili d’Italia, è entrata nel radar dei capitali asiatici.
L’operazione ha coinvolto un fondo legato a una grande famiglia imprenditoriale di Hong Kong, segnando una svolta per un’azienda che negli ultimi anni aveva affrontato ristrutturazioni complesse e tensioni finanziarie.
La moka italiana è oggi un oggetto aspirazionale per milioni di consumatori asiatici. Il caffè domestico, in Cina, non è solo una bevanda: è uno status symbol, un gesto culturale, un segnale di modernità.
Il piano industriale prevede il rafforzamento patrimoniale, la riduzione del debito e una nuova spinta sui mercati internazionali, con un focus particolare sull’Asia.
Beauty e salute, il caso Foltène
Non solo moda e food. Il settore beauty si conferma terreno fertile per gli investitori cinesi. L’acquisizione di Foltène, storico marchio italiano specializzato nella salute dei capelli, rientra in una strategia di lungo periodo.
Fondato a Milano negli anni Quaranta, il brand è noto per l’approccio scientifico e per la ricerca applicata. Un posizionamento che incontra perfettamente la domanda asiatica di prodotti ad alta credibilità clinica.
L’operazione ha incluso l’intero perimetro globale: marchio, impianti produttivi e centro di ricerca in Italia. Un segnale chiaro: non delocalizzare, ma valorizzare competenze e reputazione.
Secondo fonti vicine al dossier, “la scienza italiana applicata al beauty ha un potenziale enorme nei mercati asiatici”.
Un nuovo ciclo di investimenti, più selettivo e strategico
Il 2025 mostra una Cina diversa da quella del passato. Meno acquisizioni compulsive, più scelte mirate. L’Italia resta un partner privilegiato perché offre ciò che altrove manca: storie autentiche, marchi con un’anima, prodotti che parlano da soli.
Per il sistema industriale italiano, la sfida sarà una sola: crescere senza perdere identità. Perché il vero valore, oggi più che mai, sta proprio lì.