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Asia mista, Nikkei in calo e Mumbai corre dopo la RBI

- di: Matteo Borrelli
 
Asia mista, Nikkei in calo e Mumbai corre dopo la RBI
Asia in ordine sparso, Nikkei giù, Mumbai brinda al taglio RBI
Yen in recupero, oro oltre quota 4.200 dollari e futures europei in lieve rialzo: l’Asia chiude una seduta vivace, divisa tra il primo taglio dei tassi della RBI ( Reserve Bank of India) nel 2025 e la prospettiva di un rialzo in arrivo dalla Bank of Japan.

Tokyo frena, il resto dell’Asia tiene: il quadro di Borsa

Seduta a due velocità in Asia. Tokyo arretra con decisione, mentre buona parte delle altre piazze regionali chiude in territorio positivo o comunque stabile, sostenuta dall’idea che la Federal Reserve stia per firmare un nuovo taglio dei tassi già la prossima settimana e che in India la fase di allentamento monetario sia ormai avviata.

In Giappone l’indice Nikkei 225 (JP225) scivola di circa l’1,3%, cancellando i guadagni messi a segno nella prima parte della settimana. Il comparto è zavorrato dal rialzo dei rendimenti dei titoli di stato decennali giapponesi, saliti intorno all’1,94%, massimo da metà 2007, e soprattutto dalle scommesse sempre più decise su un rialzo dei tassi della Bank of Japan (BOJ) nella riunione del 18-19 dicembre.

Sul resto del continente il copione è opposto. L’indice MSCI Asia-Pacifico escluso il Giappone avanza di circa lo 0,4%, con la maggior parte delle piazze in lieve rialzo e Seoul in evidenza: il Kospi (KS11) guadagna attorno all’1,4%, sostenuto da tecnologia e semiconduttori. A Hong Kong l’Hang Seng (HK50) oscilla intorno alla parità, con un lieve calo nell’ordine dello 0,2%, frenato dal comparto immobiliare e da qualche presa di profitto sui big dell’high-tech cinese.

In Cina continentale i listini si muovono senza particolare direzione: lo Shanghai Composite (SSEC) e il più ampio CSI 300 restano sostanzialmente piatti, con movimenti nell’ordine di pochi decimi di punto. Il mercato continua a fare i conti con dati macro disomogenei e con un sentiment ancora fragile su real estate e domanda interna, nonostante i segnali di stabilizzazione dell’attività manifatturiera.

Nel Sud-Est asiatico, Singapore chiude in leggero calo: lo Straits Times cede circa lo 0,4%, appesantito dalle banche e da alcuni titoli ciclici. Più toniche le piazze dell’Asean come Bangkok, Manila e Jakarta, dove i movimenti restano comunque contenuti, segno di un atteggiamento prudente in vista del dato chiave sull’inflazione USA.

In Australia l’indice S&P/ASX 200 (AXJO) archivia una seduta sostanzialmente piatta, con un lieve rialzo di circa lo 0,2%. L’energia resta debole per effetto del petrolio poco mosso, mentre i finanziari difendono i livelli grazie alla prospettiva di una Fed meno aggressiva sui tassi.

India protagonista: la RBI taglia i tassi, Mumbai festeggia

Il vero colpo di scena della giornata arriva da Mumbai. La Reserve Bank of India (RBI) ha tagliato il tasso repo di 25 punti base, portandolo al 5,25% e confermando una impostazione “neutrale” di politica monetaria. Si tratta del quarto taglio dell’anno, per un totale di 125 punti base, reso possibile da un’inflazione scesa verso minimi storici e da una crescita che, al momento, resta robusta.

La banca centrale ha rivisto al ribasso le stime di inflazione per i prossimi trimestri e ha limato leggermente al rialzo la crescita prevista del Pil reale 2026, rivendicando uno scenario in cui la priorità torna esplicitamente alla crescita, senza però perdere di vista la stabilità dei prezzi. Il governatore Sanjay Malhotra ha spiegato che la finestra di opportunità creata dal calo dell’inflazione consente di alleggerire il costo del denaro e di dare ossigeno a credito, investimenti e consumi.

I mercati hanno applaudito: a metà seduta l’indice Nifty 50 (NSEI) sale di circa lo 0,2-0,3% sopra quota 26.000 punti, mentre il Sensex avanza di poco più dello 0,2%, spingendosi nell’area degli 85.000 punti. In forte evidenza i titoli più sensibili ai tassi: bancari e finanziari guadagnano intorno allo 0,5-0,6%, con le banche pubbliche che si portano ancora più in alto, mentre gli indici auto e real estate si muovono in rialzo, beneficiando della prospettiva di EMI più leggere per mutui e prestiti al consumo.

Dal lato corporate, i gestori sottolineano che il taglio RBI arriva dopo settimane di lateralità sui massimi storici degli indici indiani. Secondo diversi asset manager locali, fra cui case come Tata Asset Management, la combinazione di taglio RBI e atteso nuovo taglio Fed può riaccendere un mini-rally di fine anno, il classico “Santa rally”, con valutazioni considerate ancora gestibili grazie a utili in crescita.

Focus Giappone: BOJ verso il primo rialzo, yen più tonico

Se l’India spinge sull’acceleratore della politica monetaria, il Giappone continua a preparare il terreno in direzione opposta. Il governatore Kazuo Ueda ha ribadito che la riunione di dicembre della BOJ servirà a valutare in modo esplicito i “pro e contro” di un nuovo rialzo dei tassi, partendo dall’attuale livello dello 0,5% in area overnight. I mercati hanno tradotto queste parole in un’elevata probabilità – intorno al 70-80% – di un incremento al 0,75% già questo mese.

Sul fronte politico, il messaggio è altrettanto chiaro: il ministero delle Finanze ha fatto sapere che non vede divergenze significative fra la propria lettura dell’economia e quella della BOJ e che il governo è pronto a tollerare un rialzo dei tassi, pur continuando a monitorare con attenzione il mercato dei bond pubblici.

Il risultato si vede sui cambi: il dollaro arretra intorno a 154,5 yen, ben al di sotto del picco di quasi 158 toccato a novembre. Il cross USD/JPY registra così un calo di circa lo 0,3-0,4% nella seduta, segnalando che il mercato sta iniziando a incorporare un Giappone meno eccezionale sul fronte dei tassi, con rendimenti in salita e uno yen meno debole.

Sul piano macro, resta però qualche crepa: i dati di spesa delle famiglie di ottobre hanno mostrato un calo di circa il 3% su base annua, il peggior dato da quasi due anni. Gli analisti sottolineano che l’eventuale rialzo di dicembre dovrà essere calibrato con attenzione per non deprimere ulteriormente i consumi, già messi alla prova dall’inflazione ancora elevata.

Valute asiatiche: rupia vicina ai minimi, dollaro più debole

Sul mercato dei cambi, la seduta asiatica è dominata da due grandi storie: yen in recupero e rupia vicina ai minimi storici, sullo sfondo di un dollaro globale più debole.

L’indice del dollaro (DXY) scivola verso area 99, in calo di circa lo 0,1-0,2% nella seduta e di mezzo punto percentuale nell’ultima settimana, sulla scia di scommesse quasi unanimi su un taglio dei tassi Fed di 25 punti base nella riunione della prossima settimana e dopo il crollo delle richieste iniziali di sussidio di disoccupazione USA a 191.000, minimi da oltre tre anni.

In questo contesto, lo yen approfitta della combinazione fra Fed più duttile e BOJ più falco, mentre le altre valute asiatiche si muovono in modo più ordinato: won sudcoreano, dollaro australiano e valute del Sud-Est asiatico si rafforzano leggermente, cavalcando l’idea di un ciclo globalmente meno restrittivo.

Più complessa la situazione della rupia indiana: il cambio USD/INR oscilla in area 90 per dollaro, a ridosso dei minimi storici toccati nei giorni scorsi, pur senza nuovi strappi dopo l’annuncio della RBI. Gli operatori ricordano che il taglio dei tassi è accompagnato da operazioni di swap in dollari e da una gestione attiva della liquidità, proprio per evitare che la mossa sia letta come un via libera a una fuga di capitali o a un indebolimento incontrollato della valuta.

Oro sopra 4.200 dollari, argine contro l’incertezza

In parallelo, i metalli preziosi confermano il loro ruolo di cuscinetto in una fase in cui i mercati scommettono su tassi globali più bassi ma restano esposti al rischio di sorprese inflazionistiche. Lo spot sull’oro (XAU/USD) si muove intorno a 4.200-4.220 dollari l’oncia, con un lieve progresso giornaliero di circa lo 0,2% dopo una corsa che, negli ultimi mesi, ha spinto il metallo ai massimi storici.

I dati storici mostrano che nella seduta del 5 dicembre i prezzi si collocano poco sopra i 4.200 dollari, praticamente sugli stessi livelli della vigilia, dopo un rally di oltre 150 dollari nel corso di novembre. Il quadro tecnico resta quindi costruttivo: i gestori macro continuano a utilizzare l’oro come hedge contro eventuali ritardi o ripensamenti della Fed, ma anche come protezione nei confronti di tensioni geopolitiche.

Il movimento dell’oro avviene in parallelo al raffreddamento del dollaro e a una lieve discesa dei rendimenti dei Treasury USA sulla parte lunga della curva, elementi che rendono meno costoso detenere attività prive di cedola come i metalli preziosi.

Petrolio e gas: energia più a buon mercato per l’Asia

Sul fronte delle materie prime energetiche, la seduta vede un petrolio poco mosso e un gas europeo che resta vicino ai minimi degli ultimi 18 mesi, un mix che, nel complesso, è favorevole ai grandi paesi importatori asiatici.

I future sul Brent viaggiano intorno ai 63 dollari al barile, in leggerissimo calo su base settimanale (circa -0,2%), mentre il WTI si muove nell’area dei 59,5 dollari, in calo di circa lo 0,3% nella seduta ma in progresso di oltre l’1,5% rispetto a una settimana fa. Si tratta di livelli che testimoniano una fase di relativa calma dopo i forti movimenti visti nei mesi scorsi, con il mercato che bilancia da un lato i tagli Opec+ e dall’altro le preoccupazioni sulla domanda globale.

Per il gas naturale, il benchmark europeo TTF resta intorno ai 27 euro per megawattora, dopo aver toccato i minimi da un anno e mezzo. Scorte piene, flussi di LNG abbondanti e temperature finora miti mantengono sotto pressione le quotazioni, con riflessi positivi sulle prospettive di costo dell’energia per le economie asiatiche maggiormente legate alle importazioni, dalla Corea del Sud al Giappone, fino a India e Pakistan.

L’insieme di petrolio relativamente economico e gas in calo rappresenta un supporto importante per i paesi che stanno cercando di rilanciare la crescita proprio nel momento in cui le banche centrali, come la stessa RBI, iniziano a riaprire il rubinetto dei tassi.

Futures europei e Wall Street: fari puntati sul Pce USA

Mentre l’Asia chiude, lo sguardo degli operatori si sposta sull’Europa e soprattutto sugli Stati Uniti. I futures europei indicano un avvio moderatamente positivo: i contratti sull’Euro Stoxx 50 si muovono poco sopra la parità, con un rialzo nell’ordine dello 0,3-0,4%, mentre quelli sul FTSE 100 londinese e sul Dax tedesco mostrano guadagni più contenuti, intorno allo 0,1-0,2%. L’intonazione è di cauto ottimismo dopo le ultime sedute positive in Europa, alimentate dalle aspettative di un taglio Fed ormai molto probabile.

Sul fronte americano, i futures su S&P 500 e Nasdaq si muovono in rialzo rispettivamente di circa lo 0,2% e 0,4%, dopo che Wall Street ha chiuso la giornata precedente poco mossa, in equilibrio fra dati macro contrastanti e posizionamento prudente prima del verdetto Fed. Il dato sulle richieste settimanali di sussidio di disoccupazione USA, crollate a 191.000 unità, suggerisce un mercato del lavoro che si raffredda meno del previsto, ma la mancanza del consueto report mensile sui posti di lavoro – rinviato per via dello shutdown – rende il quadro più complesso da interpretare.

L’ago della bilancia sarà il deflatore Pce core, l’indicatore di inflazione preferito dalla Fed, atteso in crescita dello 0,2% mese su mese e 2,9% anno su anno. Gli strategist di diverse case di ricerca, tra cui ANZ, ritengono che il trend di disinflazione graduale resti intatto grazie a un mercato del lavoro sempre meno surriscaldato, salari più controllati e aspettative di inflazione di lungo termine ancora ben ancorate.

Proprio per questo, il prossimo taglio da 25 punti base dei Fed funds è ormai ampiamente scontato dai mercati, anche se all’interno del Fomc il voto si preannuncia insolitamente divisivo, con fino a cinque membri che hanno espresso dubbi sulla necessità di spingere ancora sull’allentamento.

Cosa significa per gli investitori: Asia tra due fuochi

La fotografia di oggi consegna un’Asia a metà del guado, stretta fra una Fed quasi pronta a tagliare di nuovo e una BOJ che si prepara a tirare il freno, con l’India che inaugura un ciclo di allentamento monetario tutto suo, forte di una crescita sopra la media mondiale.

Dal lato azionario, la combinazione di dollaro più debole, oro forte e energia più a buon mercato rappresenta una proposta interessante per gli investitori globali alla ricerca di esposizione ciclica ma non eccessivamente rischiosa: Seoul, Mumbai e, in parte, le Borse del Sud-Est asiatico appaiono oggi come i principali beneficiari di questo mix.

Tokyo, al contrario, torna sotto osservazione: il passaggio da un regime di yen permanentemente debole e tassi a zero a uno di tassi positivi e curva più ripida obbligherà a ricalibrare portafogli costruiti per anni su carry trade e leva a basso costo. Non a caso, gli strategist sottolineano che il movimento dei rendimenti giapponesi degli ultimi giorni – il più intenso da anni – non ha ancora prodotto tensioni sistemiche, proprio perché i mercati stanno iniziando a interiorizzare il nuovo scenario.

Infine, l’India si conferma uno dei pochi grandi mercati in grado di tagliare i tassi da una posizione di forza: crescita sostenuta, inflazione in raffreddamento e mercati azionari ancora vicini ai massimi storici. Se la Fed confermerà il copione del taglio e se la BOJ riuscirà a normalizzare la politica senza spegnere la crescita, lo spazio per una Asia brillante ma meno squilibrata nel 2026 resta aperto.

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