Il secondo Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2024 di Nomisma delinea un quadro di stabilizzazione per quanto riguarda le compravendite immobiliari, che si mantengono intorno alle 700.000 unità. Al momento non si rilevano segnali di forte ripresa del mercato a causa di diversi fattori, tra cui la debolezza reddituale e l’atteggiamento prudente delle banche, anche se il miglioramento tendenziale del quadro economico e la riduzione del costo del credito dovrebbero favorire un progressivo recupero già a partire dai prossimi mesi.
Luca Dondi Dall’Orologio (Nomisma): "Mercato immobiliare ancora in difficoltà"
Dottor Dondi, quali sono, sinteticamente, gli elementi chiave che emergono dal 2° Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2024 di Nomisma?
Negli ultimi 18 mesi il mercato immobiliare italiano ha mostrato un rallentamento significativo, con una diminuzione delle compravendite di circa l’8%. Questo calo era tendenziale, alla luce dell’esaurirsi della spinta post-pandemica e delle mutate condizioni economiche. Tuttavia, la riduzione delle compravendite non è riconducibile ad un mutato orientamento delle famiglie, quanto piuttosto a una diminuzione del loro potere d’acquisto e alla riduzione dei finanziamenti per i mutui da parte delle banche. L’inadeguatezza degli adeguamenti salariali di fronte alla fiammata inflattiva è un fenomeno ben documentato, evidenziato dal divario apertosi negli ultimi 24 mesi e solo parzialmente ridottosi recentemente. La mancata indicizzazione dei salari ha determinato un notevole gap in termini di potere di acquisto, che le difficoltà di accesso al credito hanno finito per acuire. Le banche hanno tagliato drasticamente i budget per i mutui, ridotto le campagne pubblicitarie e assecondato l’allocazione verso investimenti percepiti come meno rischiosi, quali obbligazioni e titoli di Stato. Tale approccio ha portato ad una contrazione delle compravendite sostenute da mutui, che sono diminuite del 26%, mentre gli acquisti di immobili realizzati mediante l’utilizzo esclusivamente di risorse proprie sono aumentati in media nell’ordine del 4,8% nel 2023 e diminuiti in misura modesta nel primo trimestre di quest’anno. A complicare il quadro ha concorso anche la leggera risalita dei prezzi degli immobili, dopo che nella seconda metà del 2023, si era assistito ad una sostanziale stabilizzazione. Nonostante una domanda ancora lontana dai livelli massimi, nel primo semestre del 2024 l’aumento dei prezzi è stato più marcato. Questo fenomeno è in parte dovuto alla presenza sul mercato di acquirenti con maggiori disponibilità economiche, che hanno contribuito ad alimentare dinamiche di crescita dei valori soprattutto nella fascia medio-alta di mercato. I prezzi delle abitazioni in ottimo e buono stato sono infatti cresciuti nel semestre rispettivamente del +1,6% e del +1,4%.
Quali sono i motivi principali per cui le banche manterranno un atteggiamento prudente e non invertiranno la loro politica, nonostante la prevista riduzione dei tassi di interesse?
Al riguardo occorre considerare due aspetti fondamentali. In primo luogo, la riduzione dei tassi d’interesse, già in ritardo rispetto alle previsioni di inizio anno, avverrà in modo molto più graduale rispetto a quanto auspicato. Ci vorrà pertanto tempo prima che i tassi raggiungano livelli più contenuti e con essi un ampliamento della quota potenzialmente mutuabile. In secondo luogo, l’atteggiamento delle banche si confermerà maggiormente prudente e selettivo rispetto al passato. Si temono infatti possibili ripercussioni sul mercato del lavoro del rallentamento economico in atto e una conseguente crescita delle insolvenze. Non è, allo stato attuale, possibile ipotizzare un’inversione di tendenza nemmeno in uno scenario di riduzione dei tassi di interesse, che - come detto - risulterà comunque più lenta e graduale di quanto inizialmente previsto.
Fa impressione che, secondo le stime di Nomisma, 300mila famiglie, nonostante nel 2023 fossero intenzionate ad acquistare casa con mutuo, non siano riuscite a concretizzare il proposito. In pratica, acquistare casa oggi è alla portata solo delle famiglie benestanti, in grado di pagare senza ricorrere al mutuo. C’è qualcosa che il Governo potrebbe fare in proposito, visto la portata sociale di questa situazione?
Non si tratta tanto di una questione di governo, quanto di un tema di incrementi salariali, che chiama in causa principalmente le imprese, il cui orientamento si conferma prudente a causa del timore che aumenti salariali strutturali nel nostro Paese determinino un surriscaldamento del costo del lavoro e, di conseguenza, della produzione, comprimendo la redditività. Il decisore pubblico può promuovere iniziative di sensibilizzazione all’indicizzazione, ma è la contrattazione collettiva a dover colmare il divario. Allo stesso modo è possibile immaginare un’azione di moral suasion sulle banche riguardo la concessione del credito, anche se poi la decisione sulle erogazioni spetterà alle banche stesse. A tale proposito, è possibile ipotizzare l’ampliamento di programmi di garanzia che favoriscano l’accesso al credito ad una fascia di popolazione più ampia rispetto a quella attualmente considerata affidabile dalle banche. In questo contesto, si potrebbero implementare misure di garanzia rispetto alle insolvenze sui mutui per target specifici. L’azione principale dipende comunque dagli operatori economici a cui spetta il compito di attenuare meccanismi di salvaguardia che si sono rivelati eccessivamente penalizzanti per le famiglie.
Nel rapporto Nomisma si afferma che, “se sul versante delle compravendite il rallentamento è risultato comunque evidente, su quello delle locazioni l’esuberanza continua ad essere il tratto caratterizzante del mercato, soprattutto in relazione ai valori”. C’è una correlazione diretta tra meno case in compravendita e più richiesta di locazioni, spingendo al rialzo i prezzi di queste ultime?
Esiste una forte correlazione tra la domanda insoddisfatta di acquisto e lo spostamento temporaneo verso il mercato della locazione. Questo fenomeno è accentuato dalla presenza di una domanda crescente nel segmento della locazione, nonché da un significativo afflusso di turisti che influisce sul mercato degli affitti brevi. Inoltre, si osserva un ritorno consolidato della componente studentesca, che contribuisce ad alimentare la domanda di locazione. Le difficoltà di accesso alla proprietà, dovute all’erosione del potere d’acquisto o all’impossibilità di accesso al credito, rafforzano ulteriormente la domanda di locazione, spingendo al rialzo i canoni: lo scorso anno si è verificato un aumento pari al 2.5%, su base semestrale. Questo scenario rende più difficile l’accesso al mercato per le fasce di popolazione meno abbienti, che devono fronteggiare non solo un’offerta ridotta, ma anche canoni elevati e in ulteriore crescita.
Il Rapporto afferma che, “dopo il ridimensionamento degli ultimi 18 mesi, il mercato immobiliare italiano sembra destinato a riprendere una traiettoria ascendente”. Deriva solo dalle previsioni di un ridimensionamento dei tassi d’interesse o anche da altri fattori?
Il Rapporto delinea un quadro di stabilizzazione sia per quanto riguarda l’erogazione del credito, sia per le compravendite immobiliari, che si mantengono intorno alle 700mila unità, livello in linea con quello registrato lo scorso anno. Non vi sono segnali di forte ripresa a causa di diversi fattori, tra cui la debolezza reddituale e l’atteggiamento prudente delle banche. Sebbene una riduzione dei tassi di interesse possa avere un effetto positivo, questo contributo sarà piuttosto limitato. In sintesi, dal Rapporto emerge uno scenario di stabilizzazione prima e di modesta risalita poi, coerentemente con il miglioramento tendenziale del quadro economico.
Come è cambiato, negli ultimi due decenni, il rapporto tra gli italiani e il “mattone”?
La propensione degli italiani all’acquisto di immobili non è cambiata. Tuttavia, le giovani generazioni mostrano un crescente interesse per la locazione, a causa della maggiore mobilità territoriale e delle minori disponibilità reddituali e patrimoniali. Nonostante ciò, quando le condizioni economiche lo consentono, la proprietà continua a essere la scelta predominante per l’accesso alla casa. È tuttavia evidente che, in prospettiva, l’espansione del segmento della locazione sarà cruciale per soddisfare una domanda che attualmente è in cerca di soluzioni o presenta caratteristiche che non trovano corrispondenza nei valori di mercato. La tendenza generale e l’attitudine degli italiani non sono cambiate, ma per una fascia di popolazione è diventato più difficile accedere al mercato della proprietà, favorendo così uno spostamento di interesse verso la locazione.