Roba da fricchettoni: così in Italia sono quasi sempre stati considerati i Doors. Perfino il buon Samuele Bersani cantava, anni fa e in tempi non sospetti, riferendosi alla sua Freak, “so già che metterai su i Doors..oh no”, complice una visione mutuata dalla visione italiana del fenomeno. Invece, i Doors sono ben lungi dall’essere un gruppetto di tossici che andrebbe anche trasposto nel giusto contesto storico, altro che woke e cancel culture.
Jim Morrison: gli 80 anni del Lizard King
Siamo nella California hippie anni Settanta, amici miei, quelli in cui ancora speravano di cambiare il mondo: come Jim, che, quando nessuno se ne occupava, piangeva sulla sorte della madre Terra, “Cosa hanno fatto alla nostra sorella fatata? Devastata, saccheggiata, strappata e morsa, accoltellata sul lato dell’alba, legata con delle staccionate e trascinata in basso” e gridava “svegliatevi, idioti, branco di schiavi” senza che nessuno capisse cosa volesse dire, perché fondamentalmente non era un cantante.
Era un poeta, e fra i migliori sfornati dagli USA, oscurato, in un certo senso addirittura silenziato dalla sua fama di rockstar, anche se nei concerti voleva ricreare il teatro greco e Dioniso, il mito di Edipo e la filosofia di Nietzsche, le leggende dei nativi americani e la trance delle danze rituali per invocare il ritorno del Grande Spirito sulle praterie sconfinate, a difesa della sua gente. E come ogni buon americano è morto a Parigi, per dirla alla Oscar Wilde, “mentre gli americani cattivi restano in America”.
Ray Manzarek, Robby Krieger, John Densmore e Jim Morrison erano quattro ragazzi di buona famiglia, studenti universitari dell’UCLA. Jim era nato l’8 dicembre 1943 in una base della Marina Militare americana in Florida. Suo padre era un militare, convinto, per i suoi figli, dell’importanza di un’educazione improntata alla disciplina: questo bastò per trasformare il primogenito in un ribelle che a 19 anni tagliò i ponti con la famiglia, si trasferì a Venice e comunicò al mondo di essere solo, e orfano, dandosi di fatto una nuova vita, rigenerata con musica, poesia, filosofia e spirito rivoluzionario. La musica dopo poco gli sta stretta, la gente vuole il sex symbol in pantaloni di pelle e riti orgiastici consumati sul palco, e mentre proprio il sex symbol rincorre il sogno della poesia, le sue poesie sono vendute come canzoni dei Doors.
Dopo pochi anni è già stanco del suo stesso mito che lo confina in un personaggio diventato stretto come una caricatura. È dura evocare arte, Dioniso e poesia con chi vuole ascoltare sempre e soltanto Light my Fire, che è stata scritta da Krieger, oltretutto. Il suo vero nome, la sua essenza più pura sono riservate alla scrittura: soltanto due libriccini di poesie, tirati tra le 100 e le 500 copie, The New Creatures e An American Prayer sono firmati con il suo nome completo, James Douglas Morrison. E come uno scrittore si rifugia a Parigi nell’estate del 1971, perché “la gioia di esibirmi è finita/ la gioia è il piacere di scrivere”, dopo aver lottato contro l’immagine del seducente, erotico Re Lucertola cui l’amore e l’esaltazione dei suoi fans non concedeva spazio per essere altro.
“Basta con la musica, io voglio fare le cose mie!” Si lamenta Jim/Val Kilmer sul crinale dell’addio ai membri del gruppo nel film di Oliver Stone The Doors, band simbolo dello scenario musicale della West Coast anni Settanta che gli deve anche il nome, tratto da ‘Le Porte della Percezione’ di Aldous Huxley: “Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all'uomo come in effetti è: infinito”.
Voleva essere questo: un mezzo per percepire quello che si nasconde dietro il velo di Maya, ma poi, dopo quattro anni di musica sfrenata, la disillusione cocente: “Dove sono le feste che ci sono state promesse?”, diventa la via per comprendere che la fine non è soltanto ispirata dall’Edipo Re di Sofocle, ma si scioglie in una lirica più delicata, più profonda, quasi intima: “Niente più soldi, niente più costumi/Quest'altro regno sembra di gran lunga il migliore/Fino a quando l'altra mascella non rivela l'incesto/E obbedienza dissoluta a una legge vegetale. Non andrò/Preferisco una festa tra amici/ a una famiglia gigante”. A oltre cinquant’anni dalla sua morte, il mondo esaudisce il suo desiderio e scopre Jim Morrison scrittore, quello che avrebbe sempre voluto essere. Ancora e per sempre The Lizard King, ma con un’altra pelle, nato dall’ultima, definitiva metamorfosi. Oggi avrebbe ottant’anni: il Re è morto, viva il Re.