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Ballottaggio in Turchia: i mercati finanziari non temono le elezioni

- di: Giorgio Broggi, Quantitative Analyst di Moneyfarm
 
Ballottaggio in Turchia: i mercati finanziari non temono le elezioni

Domenica 28 maggio ci sarà il ballottaggio tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, leader del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp), e lo sfidante alla presidenza Kemal Kılıçdaroğlu, del Partito Popolare Repubblicano (Chp). Erdogan, che ha guidato il Paese ininterrottamente per 20 anni, nelle elezioni del 14 maggio non ha superato la soglia del 50%, necessaria per proclamarsi vincitore assoluto, fermandosi al 49,9% contro il 45,28% del suo sfidante. Situazione che ha reso dunque necessario un secondo turno di votazioni in programma proprio questa domenica. Visto che per la prima volta dopo 20 anni il potere indiscusso di Erdogan inizia a vacillare, quali ripercussioni finanziarie ci dobbiamo aspettare?

I mercati finanziari non temono le elezioni

Dopo il primo turno di votazioni Erdogan ha ottenuto il supporto di Sinan Ogan, sfidante che si è posizionato al terzo posto il 14 maggio, ottenendo il 5% dei voti. Sostegno che per i mercati equivale alla vittoria del premier uscente: il caso base. In realtà, qualunque sia il risultato delle elezioni, non ci si aspetta nessun grande impatto sui mercati finanziari. Il Paese non rappresenta un driver fondamentale per la crescita globale (è la 19esima economia al mondo) e dunque il potere di muovere anche solo il sentimento dei mercati rimane molto limitato. La prima tornata di votazioni ha deluso gli investitori, che si aspettavano un cambiamento repentino nella politica nazionale in seguito alle recenti sfide che la Turchia ha dovuto affrontare in termini di crescita economica, inflazione e terremoti. Così non è stato. L’incertezza legata alla prima tornata di elezioni, e al fatto che ora Erdogan sia dato per favorito alla vittoria, ha avuto come conseguenza un deprezzamento della Lira turca. Nonostante la moneta locale stia soffrendo, l’impatto sugli indici di mercato più ampi, inclusi quelli relativi ai mercati emergenti, rimane poco significativo, in parte perché ormai è da anni che la Turchia viene considerata un’economia in difficoltà. Le sorprese al ribasso sono in qualche modo limitate.

Cosa succede se vince Kiliçdaroğlu

Una vittoria dell’opposizione potrebbe portare ad effetti positivi sulla Lira nel medio e lungo periodo, anche se alcuni elementi di incertezza permangono. Per prima cosa, infatti, se Kemal Kiliçdaroğlu dovesse vincere, instaurerebbe fin da subito una politica monetaria più austera rispetto a quella di Erdogan, il che potrebbe essere positivo per la valuta ma probabilmente non nell’immediato, poiché si assisterebbe alla fine dell’interventismo della banca centrale, che per anni ha venduto riserve e messo pressione sulle banche nazionali per supportare la moneta turca. In secondo luogo, a fronte delle elezioni locali del 2024, essenziali per la stabilità politica, il neo-leader potrebbe essere meno rigido delle attese, mantenendo il focus sulla crescita economica e, chiaramente, riducendo quello sulla lotta all’inflazione. Questo andrebbe a discapito del valore della valuta. Infine, c’è il rischio di instabilità politica collegato al fatto che dopo 20 anni di governo, Erdogan ha portato alleati e amici a ricoprire i principali ruoli istituzionali.

Cosa succede se vince Erdogan

Se invece Erdogan dovesse vincere, aumenterebbe la spinta verso le proprie politiche monetarie poco ortodosse, fra tutte il taglio dei tassi di interesse a dispetto di un’inflazione che rimane estremamente alta.

 

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Conclusioni

Nonostante la Lira continui a essere a rischio, l’economia sia debole e l’inflazione fuori controllo, i mercati non sono preoccupati dell’impatto delle elezioni turche sulla crescita globale e sulla più ampia area dei paesi emergenti, consapevoli che la Turchia ha poco peso sui mercati internazionali.

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