Dietro gli attacchi martellanti di Donald Trump all’Unione Europea c’è molto più del suo repertorio incendiario. C’è un timore strategico, profondissimo, che negli Stati Uniti riaffiora ogni volta che qualcuno mette in discussione il primato del dollaro. L’euro, lavorando in silenzio, è diventato la seconda valuta del pianeta, rappresentando il 21,1% delle riserve mondiali secondo il FMI: un risultato costruito con stabilità e disciplina economica.
Trump, l’euro e la paura ossessiva del secondo posto
Il dollaro resta dominante con il 56,3% delle riserve globali, ma non è più intoccabile come quando superava il 70%. Questa lenta erosione alimenta a Washington la preoccupazione di un mondo meno dipendente dagli USA. E Trump, che concepisce il potere come supremazia, percepisce l’euro come una minaccia potenziale, non immediata ma credibile.
È in questo quadro che si comprendono i suoi assalti all’Europa: le lusinghe ai governi euroscettici, gli attacchi scomposti a Bruxelles, l’appoggio a chi sogna un’Europa frantumata in piccole patrie. Un’Europa divisa significa un euro indebolito. E un euro indebolito frena la diversificazione delle riserve mondiali, lasciando il dollaro unico dominatore. Per Washington questo è vitale: perdere anche pochi punti percentuali significa ridurre la capacità degli Stati Uniti di finanziare se stessi a costi irrisori e di usare la moneta come leva geopolitica. È il famoso “privilegio esorbitante” che gli USA difendono dal 1945.
L’euro è inoltre l’unica alternativa sistemica credibile, in un mondo in cui lo yuan resta poco convertibile e pesantemente controllato da Pechino. Non stupisce che Trump minacci sfracelli se i BRICS provano a creare strumenti di pagamento alternativi al dollaro. Per lui, la supremazia monetaria non è un dettaglio tecnico: è il cuore del potere americano.
A rendere il quadro più insidioso c’è anche Putin, che ha tutto l’interesse a indebolire l’Europa, favorendo divisioni interne e sentimenti anti-UE. Indebolire l’Europa significa indebolire la sua moneta, e dunque la sua autonomia strategica. È la stessa logica che accomuna gli interessi di Mosca e di Trump, pur da prospettive opposte: dividere per comandare.
L’euro non scalzerà il dollaro nel breve periodo. Ma è abbastanza forte da mettere in discussione un mondo regolato da un’unica potenza. Ed è proprio questa forza silenziosa a renderlo un bersaglio. Difenderlo non è solo un gesto economico: è un atto politico di lucidità e maturità europea. Significa proteggere la nostra autonomia, la nostra voce nel mondo e la possibilità di non farci dettare il futuro da chi considera la stabilità altrui una minaccia al proprio dominio.